Negramaro, una parola piena e rotonda, dal tono caldo e duro, ma al tempo stesso musicale e sensuale … Negramaro piace. E’ il nome di un vitigno, ma anche quello di un gruppo rock, i Negramaro appunto, ed è stato scelto per il Festival Salento Negramaro, rassegna delle culture migranti, contribuendone a decretarne il successo. WineNews ne ha parlato con Edoardo Winspeare, cresciuto nel Salento tra la passione per il cinema e le vigne di famiglia della cantina Castel Di Salve nel paese di Depressa, regista famoso per i suoi film “Pizzicata”, “Sangue Vivo” e “Il miracolo”. “Il Negramaro ha un caratteristico finale amaro, diverso - spiega Winspeare - oggi invece si tende sempre ad addolcire tutto. Proprio per questo piace sia il vino che la parola Negramaro, sa di diverso e autentico”.
Perché il nome del vitigno autoctono a bacca rossa più diffuso nel Salento piace tanto agli artisti?
“Negramaro piace perché sintetizza lo spirito salentino. E’ simile all’allegritudine del presidente poeta del Senegal Senghor che è sempre un po’ amara alla fine. Un finale amaro che è proprio quello che da senso al tutto. E’ contro l’omologazione, contro la tendenza sempre ad addolcire, è invece bello tosto”.
Eppure quella nota amara finale è da qualche produttore giudicata un difetto e oggi eliminata facilmente.
“Faccio un paragone. Nei miei film preferisco utilizzare persone con la pronuncia non perfetta, anche che balbettano, ma che siano autentici, piuttosto che attori che parlano un italiano televisivo. Il mio cinema in questo senso è una forma di protesta contro chi ci vuole tutti uguali. Come la pizzica è la musica del Salento, così il Negramaro è il suo vino. Bisogna farlo conoscere nella sua autenticità”.
Nei suoi film le tradizioni popolari trasudano profonda cultura. Anche il Negramaro?
“Nel Salento ci sono figli che si vergognano dei padri e dei nonni, ma alcuni di quei vecchi parlano ancora greco. C’è molta più civiltà che altrove, la terra del Salento è ricca di cultura alta. Usiamo la parola Negramaro, dalla musica al vino, con orgoglio e anche compiacimento della nostra identità e del nostro gusto”.
L’evento - Festival Salento Negramaro 2007
Il Festival Salento Negramaro, da maggio ad agosto, avrà quest’anno ancora un occhio di riguardo verso il vino a cui a “rubato” il nome: la rassegna sarà dedicata ai rapporti tra l’Occidente e l’Oriente arabo. Si parlerà di vino, sia per il premio giornalistico collegato, sia perché i più grandi poeti arabi preislamici ne hanno scritto e sarà presentata una raccolta di versi arabi sul vino. La rassegna, sotto l’egida dell’Unesco, avrà sezioni dedicate alla musica, al teatro, alla fotografia, al cinema “del reale” (documentaristico) e ai libri. Si parlerà in particolare, quasi un omaggio al vitigno amaro, di “infelicità araba” nei diversi linguaggi espressivi approfonditi dal festival. Ad agosto, per “Calici di Stelle”, consegna del Premio giornalistico “Salento Negramaro” sulla vitivinicoltura salentina, promosso dalla Provincia di Lecce, Regione Puglia e Movimento del Turismo del Vino Puglia.
Il Negramaro oggi
Da vino da taglio a fuoriclasse. Un giro per le cantine del Salento è ripercorrere la storia del Negramaro e della viticoltura salentina. Al solo sfuso da vendere al nord si sono affiancate sempre più bottiglie amate all’estero ma anche, finalmente, con l’orgoglio e il piacere di cui parlava Edoardo Winspeare, nella natia Puglia e in Italia.
Tra i primi a credere nelle potenzialità del Negramaro, la cantina Taurino di Guagnano. Cosimo, il fondatore che oggi non c’è più, era un farmacista innamorato della sua terra. Con il “Patriglione”, Negramaro in purezza, stile Amarone ma con appassimento sulla pianta, ha creato un mito dimostrando che nel Salento potevano nascere vini campioni del mondo. La prima annata è del 1975.
Ma se si va a Salice Salentino e si visitano le cantine di Leone de Castris si va indietro nella storia sino al 1943 quando è nato il “Five Roses”, il primo rosato imbottigliato in Italia dietro sollecitazione degli americani che se ne erano innamorati perché fresco ma con corposità. Il Five Roses è per l’80% Negramaro e per il restante 20% malvasia nera di Lecce.
Anche le cantine sociali tuttora esportano soprattutto al Nord e all’estero, ma sempre più imbottigliato, come la Vecchia Torre di Leverano, comune dove si trova però pure la Conti Zecca che produce due milioni di bottiglie con un mercato per il 70% nazionale. A macchia di leopardo, con diverse combinazioni di vecchio e nuovo, anche i sistemi di coltivazione. Nell’azienda Valle Dell’Asso a Galatina i tradizionali alberelli di Negramaro, ancora molto diffusi nel Salento, sono stati sostituiti dal cordone speronato perché ritenuto “più razionale”, ma si pratica ancora la tipica aridocultura con sapienti sarchiature del terreno.
Per fare un tuffo nella storia del latifondo basta una visita alla Duca Carlo Guarini, azienda agricola modernissima di 700 ettari dove il Negramaro è in compagnia di tutte le altre più pregiate coltivazioni salentine, a cominciare dagli ulivi secolari che circondano i vigneti.
Il giro (che può prevedere anche una visita alla Tenuta Alte Mura di Gianni Zonin e Masseria Maime di Piero Antinori) si può chiudere tornando a Guagnano, dove c’è un’azienda, la Càntele, famiglia del nord di commercianti di vino, che alla fine degli anni ’50 ha deciso infine che il suo futuro è nella viticoltura del Salento.
Alma Torretta
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