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NEL TRIONFO MONDIALE DEGLI AZZURRI BEN AUGURANTI ANALOGIE CON L’ETERNA BATTAGLIA FRA I VINI ITALIANI E I VINI FRANCESI: OGGI CAMPIONI DEL MONDO (DI CALCIO), DOMANI CAMPIONI DEL MONDO (DEL VINO)

Italia
L'Italia è Campione del Vino di Calcio

Il calcio come il vino: la Francia ci fa soffrire, ma finisce per soccombere alla voglia e alla determinazione dell’Italia, e gli azzurri vincono il campionato del mondo di calcio. A Berlino la nazionale italiana batte quella francese e, per la quarta volta, è al vertice nel mondo del calcio: il football “champagne” ci fa soffrire, ma finisce per soccombere alla forza, alla voglia e alla determinazione dei “grandi rossi” d’Italia. Sarebbe come dire, e qui iniziano le analogie, il vino francese è ancora un modello, ma quello italiano ha più voglia di affermarsi. Del resto, nei mercati internazionali più importanti, come negli Stati Uniti, il vino italiano ha già superato sia in volume che in valore il vino francese, anche se quest’ultimo resta al primo posto nel “valore aggiunto” in bottiglia (ovvero per i prezzi più alti che riescono a spuntare). Così commenta www.winenews.it , uno dei siti di riferimento nel mondo del vino d’Italia, che aggiunge che “i rapporti di forza, in campo come in vigna, finiscono quasi per annullarsi, e, come la nazionale di calcio insegna, è la determinazione che fa e può fare sempre di più la differenza”.
Ha chiuso sistematicamente la porta, anzi la “saracinesca”, in faccia ai francesi Gianluigi Buffon, vivace come le “bollicine” di Franciacorta o di un Trento Brut. La difesa granitica di Fabio Cannavaro, una vera e propria sicurezza come quella rappresentata da una buona bottiglia del campano Taurasi, ha arginato un Thierry Henry ispirato, come un grande Champagne millesimé. La classe di Zinedine Zidane è immensa (testata a Materazzi a parte), paragonabile solo ai grandi di Bordeaux, ma è il “ringhio” di Rino Gattuso che ha vinto, autentico e schietto, come lo è un bicchiere di un grande Sangiovese chiantigiano. Le rigorose geometrie di Andrea Pirlo hanno il sapore di una vecchia annata di Barolo, finendo per contrastare con successo l’austera onnipresenza di Patrick Vieira, da giocatore d’altri tempi, come sa essere un vino d’altri tempi un grande Borgogna. Non sono bastati i lampi di Franck Ribéry, in questo molto simile ad un grande Chateauneuf du Pape, contro l’entusiasmo e la freschezza di Fabio Grosso, un vero e proprio Nero d’Avola, capace, come quel vino, di conquistare il successo internazionale a tappe forzate. Da ultimo, Marcello Lippi, sapiente condottiero e demiurgo di un gruppo a cui ha saputo trasmettere quella rabbia e quella determinazione, decisive per la vittoria finale. Lo conosciamo come un appassionato estimatore di Brunello di Montalcino, un vino che finisce per assomigliargli in quanto a carattere deciso e per quel tanto di spigolosità che lo fanno uno dei migliori vini al mondo.
La vittoria dell’Italia del pallone è stata la vittoria di chi aveva “piu fame”, come ha ricordato lo stesso Lippi, e questa voglia potrebbe essere l’arma “segreta” anche del mondo del vino italiano, più dinamico e intraprendente di quello francese, spesso troppo arroccato sulle vestigia del proprio glorioso passato. Ma il successo del calcio azzurro può avere anche una ricaduta diretta su tutto il “made in Italy” a partire dallo stesso “wine & food”: non è un ipotesi assurda ipotizzare un incremento d’immagine, ma anche di vendita, dei prodotti enogastronomici italiani, sullo slancio della conquista della coppa del mondo.

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