“La diversità è una promessa per il futuro, l’unico metodo seriamente ecologico di affrontare l’esistenza”. “Un sistema con un alto tasso di biodiversità ha più probabilità di sopravvivere, evolversi, propagarsi”. E ancora: “liberiamo il cibo dal libero mercato”. “Pensai alla famosa frase di Mao Zedong: la rivoluzione non è un pranzo di gala”. Forse Mao si sbagliava, la rivoluzione può essere anche una tavola imbandita, vera o metaforica che sia”. E per finire: “Non ho paura di arrivare un giorno a dire: “Slow Food è morto, via Slow Food””. Sono solo alcune delle frasi, degli spunti di “Cibo e Libertà” di Carlo Petrini, che il fondatore della “chiocciolina” presenterà il 24 novembre a Petra, la cantina toscana del gruppo, a Suvereto, dove sarà anche inaugurata anche la mostra fotografica di Oliviero Toscani, un percorso tra volti e cibi provenienti dai luoghi più lontani del mondo. Due linguaggi diversi per affrontare un tema, quello del diritto al cibo (ma anche al gusto), di portata sempre più ampia. E WineNews, insieme a Terra Moretti, vi dà la possibilità di rivolgere domande, su questi e altri temi, proprio a Petrini. Fino a venerdì, potrete inviarci le vostre domande, via mail o sul nostro profilo Twitter @WineNewsIt. Noi le gireremo alla cantina che le riformulerà per voi al fondatore di Slow Food e di Terra Madre nella presentazione ...
Focus - La presentazione di “Cibo e Libertà” a Petra
Un libro e una mostra fotografica per mettere in primo piano il lavoro della terra. Per dire a gran voce che l’agricoltura non produce solo cibo o vino, ma cultura, ambiente, occupazione e, se lo vogliamo, un futuro per le nuove generazioni. Il fondatore di Slow Food e Terra Madre Carlo Petrini raggiungerà la cantina Petra domenica 24 novembre, alle ore 11.00, per presentare il suo nuovo libro-manifesto che ha per titolo Cibo e Libertà. Storie di gastronomia per la liberazione. “Il cibo potrà renderci liberi se tornerà ad essere il ‘nostro’ cibo, in tutti i modi esistenti e immaginabili, secondo le diverse culture e inclinazioni.”: questo il cuore della riflessione che, ripercorrendo la straordinaria avventura di Slow Food e di Terra Madre, svela l’ambizioso progetto di strappare il comparto agroalimentare alle regole del libero mercato e di influenzare in questo modo anche le grandi agenzie della Governance mondiale per costruire un nuovo modello di sviluppo che non sia avido e autodistruttivo come quello attuale. In tal senso il “cibo è libertà” e la cultura del cibo può diventare “gastronomia per la liberazione”.
Il manifesto Cibo e Libertà di Carlìn Petrini ha trovato una declinazione visiva nella mostra fotografica che Petra inaugura domenica, al termine della presentazione del libro. Pensata da Oliviero Toscani, essa intercetta il tema della diversità come ingrediente fondamentale dell’identità. Un racconto per immagini che esalta la bellezza dei cibi dell’Arca del Gusto di Slow Food provenienti da tutto il mondo e quelli dei volti dell’Atlante antropologico “Razza Umana”. Un lavoro di documentazione che Toscani definisce “neverending” e Achille Bonito Oliva segnala con queste parole: “Razza Umana è frutto di un soggetto collettivo, lo studio di Oliviero Toscani quale inviato speciale nella realtà dell’omologazione e della globalizzazione. Con la sua ottica frontale ci consegna un’infinita galleria di ritratti che confermano il ruolo dell’arte e della fotografia: rappresentare un valore che è quello della coesistenza delle differenze”.
Una mostra fotografica che inaugura un nuovo modo di incontrare i luoghi del vino suggerendo che dietro ad ogni prodotto della terra ci sono i volti e le storie di tanti uomini. L’incontro che Petra ha dedicato a Carlìn e al suo nuovo manifesto avviene a dieci anni dall’inaugurazione della cantina, che il fondatore di Slow Food ha tenuto a battesimo insieme all’architetto Mario Botta, artefice del progetto architettonico. “Sapevamo di essere nuovi in un territorio nuovo - dichiara Francesca Moretti, enologa che ha cresciuto il progetto Petra cercandolo insieme al padre tra tante terre più note e forse anche più blasonate - “ed eravamo anche molto consapevoli che la strada non sarebbe stata certo facile perché eravamo nel bel mezzo di una terra di frontiera che nessuno aveva mai veramente sperimentato a livello vitivinicolo. Eppure proprio questa sfida è stata, e lo è ancora, la più forte motivazione al nostro lavoro, quella che ci fa sorprendere allora come oggi per la varietà dell’ecosistema e per la sua capacità di rispondere in modo sempre nuovo alle sollecitazioni che, in vigna e cantina, stiamo imparando a mettere in atto, con l’unico obiettivo di intercettare il famoso “genius loci”. Così, ci ritroviamo perfettamente nel pensiero di Carlìn, nel suo insistere sulla biodiversità come ricchezza culturale, economica ed evolutiva. E non è molto diverso il nostro insistere sui monovitigni, a partire dal Merlot sino al Sangiovese, perché dal lavoro di approfondimento che stiamo facendo su di essi riusciamo anche a progettare il nostro blend Petra pensandolo non in virtù del mercato, bensì in funzione della migliore espressione che questo territorio, noto per essere terra di primizie, è sicuramente in grado di dare”.
Nel frattempo, il lavoro di ricerca di Petra non si ferma e Francesca Moretti dà un’immediata risposta all’appello di Carlìn Petrini che si prefigge di raggiungere entro il 2016 “10.000 orti in Africa, 10.000 prodotti a rischio di scomparsa da caricare sull’Arca del Gusto, 10.000 nodi nella rete tessuta in tutto il mondo da Slow Food e da Terra Madre”. Ed ecco la risposta di Petra: un orto in Africa, un nodo nella rete con la mostra fotografica di Oliviero Toscani che raggiungerà in un anno il network dei molti visitatori della cantina e, attraverso un progetto digitale, nuovi appassionati chiamati a diffondere nella “rete” il modello virtuoso indicato da Carlìn.
Infine, un prodotto da far salire sull’Arca del Gusto e da coltivare a Petra in collaborazione con gli anziani che ne detengono semi e saperi. Si aggiunge il “buono, pulito e giusto” dell’impianto fotovoltaico di Petra che ha reso completamente autonoma la cantina energeticamente trovando nel sole e nell’acqua l’energia pulita dalla quale trarre tutto il fabbisogno energetico per la trasformazione delle uve in vino. Con un segno distintivo in più, perché questo impianto non sottrae terra all’agricoltura in quanto costruito su una piattaforma galleggiante posta sopra un bacino d’acqua di raccolta e non ha soprattutto dispersione perché segue il tragitto del sole ruotando intorno al proprio asse. Una piccola rivoluzione copernicana che rende questa azienda un perfetto modello di architettura responsabile.
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