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IL TREND

Non solo “zero”: c’è chi scommette sul vino “low alcol”, come il Consorzio del Prosecco Doc

Promettono bene i primi risultati di uno spumante a base Glera tra 8-9 gradi alcolici, gestiti non per dealcolazione, ma in vigna e in vinificazione

Se il dibattito sui vini “no-low”, spesso e volentieri, si concentra quasi esclusivamente sulla tipologia dello zero alcol, che a detta di molti ha grande spazio di crescita, ma con una qualità media dei prodotti ancora lontana dall’essere soddisfacente, i vini a bassa gradazione alcolica, di cui si parla di meno, sono quelli che forse, ad ora, danno risultati qualitativi migliori e più “vendibili”. Ed è la strada che sta battendo anche una delle corazzate del vino italiano, ovvero il Prosecco Doc, che di recente ha presentato i risultati del progetto “Prosecco Low-Alcohol”, avviato nel 2024 dal Consorzio della Doc Prosecco in collaborazione con l’Università di Padova per indagare gli elementi caratterizzanti di una produzione spumantistica avente un titolo alcolometrico effettivo compreso tra gli 8 e i 9 gradi e un basso residuo zuccherino. Con un risultato, peraltro ottenuto non tramite dealcolazione, ma con una gestione ad hoc sia in vigna che in vinificazione per contenere lo sviluppo del grado alcolico, che WineNews ha potuto assaggiare e che, se dal punto di vista olfattivo e visivo si avvicina moltissimo, se non del tutto, al Prosecco “tradizionale”, perché, anche dal punto di vista gustativo, presenta le caratteristiche di freschezza e bevibilità tipiche del Prosecco Doc, senza gli eccessi di acidità o di residuo zuccherino che si trovano in tanti vini “no alcol” recentemente assaggiati.
“Ad oggi - commenta il presidente del Consorzio Giancarlo Guidolin - nel nostro disciplinare, sono ammessi spumanti a basso tenore alcolico (circa 8,5% vol.), ma, obbligatoriamente, con un residuo zuccherino elevato (versione Demi-Sec). L’obiettivo della sperimentazione, quindi, è quello di valutare uno spumante, a base Glera, con un titolo alcolometrico di 8-9% vol. e un residuo zuccherino in linea con le preferenze del mercato, ovvero Brut ed Extra Dry”.
“I primi risultati ottenuti in sede di sperimentazione sono stati positivi, in linea con le aspettative - dichiara Simone Vincenzi, professore al Dipartimento di Agronomia dell’Università degli Studi di Padova - è importante sottolineare che non si tratta di un processo di dealcolazione, ma di una diversa gestione delle fermentazioni, sia in fase di vinificazione che di spumantizzazione”.
“Il Consorzio - conclude Guidolin - da sempre è attento all’evoluzione del mercato e alle nuove tendenze di consumo. Con questa sperimentazione vogliamo valutare attentamente, prima in sede di Consiglio, poi di Assemblea, l’opportunità di poter rispondere alle richieste delle nuove generazioni e di un pubblico sempre più attento ai temi nutrizionali e del consumo di vino consapevole, senza però far venir meno l’identità e le peculiarità della nostra denominazione”.

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