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ANALISI

Ocm Promozione, una leva che funziona per le esportazioni di Italia, Francia e Spagna

I risultati del report firmato dalla Rete Rurale Nazionale: dal 2009 i prezzi medi corrono sui mercati dei Paesi Terzi
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Gli effetti dell’Ocm Promozione sulle esportazioni

Tra le diverse misure incluse nei programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo nei Paesi Ue, la promozione rappresenta il 15% della spesa totale, con un importo pari a 2,55 miliardi di euro per il periodo 2009/2023. Di questo importo totale speso - per il periodo 2003/2018, o programmato per il periodo 2019/2023 - Francia, Spagna e Italia rappresentano poco meno del 90%, corrispondenti a 2,28 miliardi di euro. La promozione è, quindi, un grande investimento supportato dalle istituzioni europee per migliorare le vendite di vino europeo nei Paesi terzi, e Francia, Italia e Spagna sono i grandi utilizzatori di questa misura. Ma qual è stata, in questi anni, la sua effettiva efficacia? È la domanda che ha ispirato l’“Indagine sulla misura di promozione sui mercati dei Paesi terzi dell’Ocm Vino”, il report firmato dalla Rete Rurale Nazionale https://www.reterurale.it/, che ha messo insieme dati e informazioni relativi all’applicazione della misura nata come strumento di supporto alla competitività internazionale delle imprese vitivinicole dell’Unione Europea, e dell’Italia, arrivando a valutare i risultati ottenuti, tra successi e criticità da superare.

L’analisi ha raccolto gli elementi per dare risposta a tre domande principali sull’utilità della misura promozionale, le quali possono essere considerate come indicatori chiave di performance (ICP) per valutare l’efficacia del programma promozionale dell’Unione Europea per i vini nei Paesi terzi nell’ambito dell’Ocm: i vini “ammissibili” si sono evoluti dal 2010 meglio degli altri? Si sono evoluti più velocemente dopo il 2010 rispetto a prima? Si sono evoluti meglio in termini di valore che di volume? In tutti i casi, indipendentemente dal fatto che sia stata dovuta a un’attività promozionale più intensa, l’evoluzione delle esportazioni di vini idonei dal 2010 è stata più forte in termini di valore che di volume. Quindi, se si potesse fare un collegamento diretto, si potrebbe sostenere che l’attuazione del programma ha favorito una rivalutazione dei vini direttamente interessati rispetto a quelli non inclusi. 

In tutti e tre i casi, inoltre, i vini eleggibili si sono evoluti meglio degli altri sia in valore che in volume, con un’evoluzione migliore dopo l’attuazione del programma rispetto a prima, in euro. Solo nel caso della Francia le esportazioni di vini idonei hanno avuto un’evoluzione migliore dal 2010 anche in volume, mentre per l’Italia e la Spagna i tassi di crescita in volume si sono ridotti dopo il 2010 rispetto a prima. Dunque, anche per questi due Paesi, dopo il 2010 la strategia sembra essere chiaramente cambiata, orientandosi al miglioramento del valore più che all’aumento delle quantità esportate. Dopo il 2010 la premialità, la rivalorizzazione e il miglioramento dell’immagine e del posizionamento dei vini dell’Ue sembrano, dunque, i grandi vantaggi ottenuti per i vini ammissibili al programma promozionale dell’Unione Europea. E questo è anche il caso della maggior parte dei mercati specifici per i tre principali produttori.

Non è comunque possibile stabilire un legame diretto tra qualsiasi attività promozionale - sovvenzionata o meno da qualsiasi istituzione - e l’aumento delle vendite. Il miglioramento, infatti, può richiedere molto tempo e può essere dovuto a più di un’azione particolare della strategia. Può anche accadere per caso. Tuttavia, i numeri dimostrano che c’è una coincidenza tra l’inizio del programma di promozione dell’Unione Europea e il miglioramento distintivo delle vendite dei vini specificamente inclusi in tale programma. I vini ammessi al finanziamento per la misura di promozione si sono evoluti molto meglio degli altri, soprattutto dopo l’avvio del programma e più specificamente in termini di valore. Inoltre, anche se l’evidenza empirica è minore, altre importanti conseguenze possono derivare dall’implementazione di un’attività promozionale molto importante, che può avere ottimi risultati nel medio termine e generare l’auspicato aumento delle vendite.

Secondo le aziende vinicole che hanno beneficiato di queste sovvenzioni gli effetti qualitativi più importanti sono la decisione di iniziare a esportare, la diversificazione dei mercati, l’importante miglioramento del potere contrattuale dell’esportatore nei confronti del suo distributore/importatore. Del resto, per tutti e tre i grandi produttori di vino Ue il consumo è diminuito nel mercato interno, il che ha costretto l’internazionalizzazione della maggior parte delle aziende vinicole.

Come detto, Francia, Italia e Spagna sono i grandi utilizzatori del sostegno alla promozione, in maniera ancora maggiore rispetto alle altre misure che riguardano il vino. Se, infatti, mediamente questi tre grandi produttori accumulano quasi l’80% del sostegno totale destinato al settore vitivinicolo Ue, nel caso della promozione essi catturano quasi il 90% delle risorse totali. In questo senso è evidente che tutti e tre i Paesi, e in particolare l’Italia, riconoscono l’importanza e l’utilità della misura, che rappresenta il 12,2% del programma di sostegno totale in Spagna e il 14,3% in Francia, mentre nel caso dell’Italia si arriva al 23,4%. Considerando sia i programmi finanziati tra il 2009 e il 2018, sia il sostegno finanziario programmato per il periodo 2019/2023, l’Italia avrebbe investito oltre 1,1 miliardi di euro, contro i 570 milioni di euro della Francia ed i 600 milioni di euro della Spagna. Tutti gli altri Paesi dell’Ue, in particolare quelli interessati alla produzione di vino, destinano solo l’8% delle risorse incluse nel programma di sostegno alla promozione nei Paesi terzi.

In ogni caso, per analizzare l’effetto della misura Promozione dell’Ocm, bisogna distinguere e confrontare l’evoluzione del commercio mondiale del vino tra i due periodi, quello precedente e quello successivo al 2010, primo anno di applicazione della misura. Il confronto mostra che la principale differenza nell’evoluzione del commercio estero dell’intera categoria di vini e mosti tra i due periodi (prima e dopo il 2010) sta nel fatto che nel primo decennio del secolo le esportazioni sono cresciute un po’ più velocemente in volume che in valore, mentre dal 2010 la crescita è stata molto più forte in valore che in volume: la ripresa, dopo la crisi finanziaria del 2009, ha visto una crescita dei prezzi medi ed un calo dei volumi. Se i prezzi sono diminuiti nel primo decennio a un ritmo di -0,5% all’anno, sono aumentati fortemente nel secondo, a un tasso del 3,2% all’anno. Qualunque siano i fattori chiave, sono stati i prezzi e il valore a migliorare. 

In questo contesto, se da un lato Francia, Italia e Spagna sono cresciute molto più velocemente nel secondo decennio del secolo, e in particolare in termini di valore, dall’altro gli altri otto grandi esportatori (Germania, Portogallo, Usa, Cile, Argentina, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda) sono rimasti più stabili e la differenza tra i periodi non è così marcata.Riguardo ai prezzi medi, i numeri mostrano una differenza ancora più chiara: durante il primo decennio, i primi tre esportatori mondiali di vino hanno mantenuto i prezzi relativamente stabili, rispetto al calo degli altri otto grandi esportatori, mentre dopo il 2010 si è verificata una crescita delle quotazioni significativa per Italia, Francia e Spagna, rispetto all’aumento più debole del secondo gruppo di Paesi. Il prezzo medio dei tre maggiori esportatori ha raggiunto 4,07 euro al litro nel 2022, mentre per il secondo gruppo di Paesi esso è sceso sotto i 2,6 euro al litro. Sia la premialità che il miglioramento delle vendite nel secondo periodo (2010/2022) si sono manifestati in modo molto più evidente nei maggiori produttori di vino dell’Ue rispetto agli altri.

Partendo, ovviamente, dall’Italia, il secondo esportatore di vino, ben al di sotto, anche se in avvicinamento, alla Francia. Le vendite di 7,1 miliardi di euro nel 2021 sono ancora molto lontane dagli 11 miliardi della Francia, ma il tasso di crescita annuale dal 2000, pari al 5,1%, è stato maggiore di quello francese, pari al 3,4%. La principale differenza sta nel livello dei prezzi medi, che segnala il diverso posizionamento di ciascun prodotto: i 7,58 euro al litro della Francia, pari a più del doppio dei 3,20 euro al litro dell’Italia, il cui valore a sua volta raddoppia gli 1,25 euro al litro della Spagna. In termini globali, le esportazioni di vino dell’Italia sono cresciute in modo abbastanza costante negli ultimi 22 anni, con piccoli cali nel 2009 e nel 2020, eventi che, come si è visto, hanno influito, seppur in maniera meno importante anche la Francia. Come in Francia, la crescita in valore è stata molto più forte di quella in volume, grazie a un buon aumento dei prezzi medi (+4% medio annuo), frutto di uno sforzo commerciale orientato all’aumento del valore piuttosto che alla vendita di un maggior numero di bottiglie.

Le esportazioni di vino italiano sono superiori nei Paesi extra-Ue rispetto a quelli comunitari, tendendo conto che nel 2022 il Regno Unito è già considerato Paese terzo, in termini di valore (la quota è del 61%), ma le vendite verso l’Ue sono leggermente superiori in termini di volume (50,5%), il che significa che i prezzi medi dei vini esportati verso i Paesi terzi sono più alti rispetto a quelli dei vini inviati nell’Ue. Tuttavia, non tutte le esportazioni verso i Paesi terzi sono ammissibili alla promozione nell’ambito della misura Ocm. La percentuale di vini attualmente non inclusi nei programmi è molto simile a quella della Francia: 4% in valore e 5% per in volume. Tra le esportazioni verso i Paesi terzi ammissibili alle attività di promozione nell’ambito del programma Ocm, prevalgono i vini fermi e spumanti Dop.I primi rappresentano il 26% del valore e il 18% del volume totale, mentre i secondi coprono il 17% del valore e il 14% delle bottiglie. Anche i vini fermi Igp e i frizzanti sono importanti, al contrario dei vini varietali che rappresentano una quota molto piccola del totale delle esportazioni italiane e più in generale del panorama produttivo italiano.

La domanda, anche per l’Italia, è come si siano evolute le esportazioni di vini inclusi nella misura di promozione dell’Ocm rispetto a quelli esclusi. In termini generali, le esportazioni italiane di vini ammissibili alla promozione del programma Ocm hanno avuto un’evoluzione migliore rispetto al resto. Per l’intero periodo 2000-2021, esse sono cresciute a un tasso annuo del 6,5% in euro e del 5,1% in volume, rispetto al 4,2% e al -0,1% dei vini non inclusi nel programma. In entrambi i casi, la differenza è importante in termini di valore più che di volume. Il miglioramento delle esportazioni di vini ammissibili verso i Paesi terzi è molto evidente in termini di valore, con Il 7% di crescita annuale tra il 2010 e il 2022 che supera il già eccezionale 4,3% del periodo precedente (2000-2009), quando la misura di promozione non era ancora attiva.Inoltre, nel quadro di oltre un decennio (2010-22) che è stato straordinariamente positivo per le esportazioni di vino italiano, quelle dei vini ammissibili alla promozione hanno avuto un’evoluzione migliore di quella dei vini non ammissibili. Le cose sono un po’ meno chiare in termini di volume. Le esportazioni di vini in promozione sono cresciute di più di quelle di vini esclusi dal programma, ma, nel secondo periodo, sono cresciute meno rispetto al primo, con un tasso di crescita annuale del 3,5% per i vini ammissibili dal 2010 al 2022, decisamente inferiore al 4,8% del periodo precedente.

In ogni caso, se confrontiamo l’evoluzione delle esportazioni di vino in valore e in volume, la conclusione è che le esportazioni di vini ammissibili alla promozione dell’Ue si sono sviluppate molto meglio del resto e meglio del periodo precedente soprattutto, però, in termini di valore. Per i vini esportati nei Paesi terzi ammissibili al programma di promozione dell’Ocm, il valore unitario medio per litro ha sfiorato nel 2022 i 5 euro al litro, mentre quello dei vini esportati nell’Ue o non ammissibili nei Paesi terzi, pur crescendo in modo significativo, ha raggiunto solo 2,90 euro al litro. Nell’ambito dei vini italiani che rientrano nel programma di promozione dell’Ue, vale la pena di vedere nello specifico l’evoluzione delle singole sottocategorie. I vini fermi Dop e gli spumanti fanno la parte del leone. Escludendo le esportazioni nel Regno Unito, infatti, con rispettivamente 1,2 miliardi e 915 milioni di euro, in entrambi i casi l’evoluzione nel secondo periodo analizzato (2010-2022) è molto migliore rispetto al primo. Il tasso di crescita annuo dei vini fermi Dop destinati ai Paesi terzi è stato dell’1,2% tra il 2000 e il 2009, è poi salito al 6,6% annuo tra il 2010 e il 2022. Allo stesso modo, quello dei vini spumanti è letteralmente esploso, passando dal 7,9% nel primo periodo, a un impressionante 14,6% nel secondo.

Per la Francia, i dati mostrano delle peculiarità, con una crescita in valore che è stata costante nel tempo, nonostante quelle battute d’arresto avutesi in concomitanza alla crisi finanziaria del 2008-2009 e alla pandemia da Covid-19 del 2020. Nonostante questi due eventi avversi le esportazioni di vino dalla Francia hanno più che raddoppiato il loro valore, passando da 5,1 miliardi di euro nel 2000 a 12,3 miliardi nel 2022. In termini di volume, le esportazioni di vino francese si sono mantenute molto stabili nel periodo complessivo considerato (intorno ai 14 milioni di ettolitri), registrando solo un calo temporaneo nel 2009 a 12,6 milioni e picchi record di oltre 15 milioni nel 2002 e nel 2007. Più costante di questi due fattori - valore e volume - è stata la crescita del prezzo medio, che è più che raddoppiato passando da 3,65 euro al litro nel 2000 a 8,81 euro al litro nel 2022, dopo aver subito dei cali nel 2009 e nel 2020.

La metà delle esportazioni di vino francese non sono coperte dalla misura di promozione dell’Ocm, giacché quelle indirizzate all’interno dei confini Ue rappresentano il 43% del valore totale e il 57% del volume totale, mentre un altro 4% delle esportazioni in valore e 8% in volume si riferiscono a prodotti esclusi, quali mosti, vini sfusi comuni, vini riesportati e provenienti da Paesi extra-Ue o vini imbottigliati comuni. Quindi, i vini francesi ammissibili alle attività di promozione finanziati dalla misura dell’Ocm vino rappresentano il 53,4% del totale delle esportazioni francesi in valore e il 35,1% del volume totale. 

Una proporzione in valore superiore a quella in volume significa che i prezzi medi dei vini con indicazione d’origine di qualità, venduti sui mercati dei Paesi extra-Ue, sono effettivamente più alti dei prezzi dei vini destinati all’export che non rispecchiano queste caratteristiche. Infatti, i prezzi medi dei vini esclusi dalla misura sono passati da 2,76 euro al litro nel 2000 a 5,45 euro al litro nel 2021, mentre i prezzi dei vini da essa coperti sono passati da 7,30 euro al litro a 11,51 euro al litro nello stesso periodo. Pertanto, le esportazioni verso i Paesi terzi effettuate dalla Francia non sono solo una parte importante delle sue vendite, ma anche quella che spunta prezzi più alti e che, quindi, caratterizza maggiormente il posizionamento della Francia sul mercato mondiale.

Nel caso della Francia, quindi, vi è una forte evidenza che l’attuazione della misura di promozione dell’Ocm abbia fatto crescere le esportazioni di vini in essa inclusi in misura maggiore rispetto al resto delle spedizioni di vino. Ciò è avvenuto in particolare per i vini spumanti, i vini fermi Dop e per quelli per i quali sono specificate le varietà, cresciuti dal 2010 a tassi medi annui rispettivamente dell’8,2%, del 6,7% e del 12%, rispetto al 3,5% per i vini non inclusi nella misura.

Infine, la Spagna, le cui esportazioni verso i Paesi terzi sono andate meglio rispetto a quelle indirizzate all’Ue, soprattutto dal 2010, quando è iniziato il programma di promozione dell’Ue. In termini relativi, il tasso di crescita delle esportazioni in euro di vini ammissibili alla promozione verso i mercati terzi è stato del 2% tra il 2000 e il 2009, rispetto al 5,3% delle esportazioni di quelli esclusi. Dopo il 2010 il primo è salito al 6,1%, mentre il secondo è sceso al 3%, con una crescita nei Paesi terzi quasi due volte più rapida di quella nell’Ue o dei vini non eleggibili anche nei mercati terzi. 

Questa diversa evoluzione delle esportazioni spagnole verso i mercati terzi - per i vini ammessi alla misura - rispetto a quelle dei vini non inclusi, si è riflessa anche sui prezzi. Sebbene rappresentino una piccola parte delle esportazioni totali, le vendite di vini eleggibili dalla Spagna hanno un prezzo medio quattro volte superiore a quello dei vini non eleggibili: 4,00 euro al litro rispetto a 0,93 euro al litro con un’evoluzione migliore nel secondo decennio del secolo. 

I principali mercati per le esportazioni spagnole di vino al di fuori dell’Ue si sono evoluti molto bene soprattutto a partire dal 2010, in coincidenza con l’attuazione del programma promozionale dell’Ue. In tutti i casi, tranne che in Brasile, una crescita dei valori superiore a quella dei volumi segnala l’aumento dei prezzi medi per i vini idonei. Come nel caso della Francia e dell’Italia, la performance del secondo decennio (dopo il 2010) in alcuni mercati può non apparire migliore di quella del decennio precedente, ma ciò si deve al livello di partenza molto basso del 2000, che può falsare il confronto giacché genera tassi percentuali molto elevati per il primo periodo.

 

Focus - La Misura Promozione dell’Ocm Vino in Italia 

La misura Promozione, è bene ricordarlo, è stata adottata per superare il concetto di finanziamento alla “distruzione” dei vini europei (distillazione) ed evolversi in un supporto alla promo-commercializzazione delle nostre denominazioni. La misura Promozione è diventata, quindi, sempre più strategica per il settore vinicolo nazionale e i risultati a livello di valore delle esportazioni è stato ampiamente descritto. Negli anni sono cresciuti i fondi messi a disposizione per la misura e, parallelamente, l’apprezzamento da parte degli operatori. Certamente la misura ha fornito un’opportunità a molte aziende, soprattutto piccole, che altrimenti non avrebbero avuto le capacità finanziarie e, probabilmente professionali, per affrontare da sole il mercato interno. Comunque, con il passare degli anni molte piccole imprese hanno rinunciato ad aderire alla misura per diversi motivi, tra cui il carico burocratico che comporta far parte di questo meccanismo e poi anche per motivi economici. La spesa per promozione è, infatti, cofinanziata dall’Ocm ma la restante parte (di norma la metà) è a carico delle imprese che, in molti casi, non riescono a sostenere. Anche in quest’ottica va letto il successo delle Ati che in molti casi sono riuscite ad includere in questa misura realtà piccole o più piccole rispetto alle aziende capogruppo, generalmente più strutturate. Anche in questo caso, però, al di là dei molti esempi virtuosi bisognerebbe analizzare anche quei casi che poi non hanno avuto buone risposte alle azioni promozionali messe in atto. Dalle indagini effettuate emerge che in alcuni casi le Ati vengono costituite più per motivi burocratici, quindi al fine del finanziamento, che per portare avanti un progetto ben definito e con degli obiettivi precisi rispetto ai mercati target; questa carenza strategica finisce per compromettere il raggiungimento dei risultati attesi. Seguendo lo sviluppo e l’utilizzo di questa misura molti operatori ne sottolineano un aspetto negativo legato all’eccessiva burocratizzazione che neanche l’ultimo decreto in merito è riuscito ad attenuare. Pur consapevoli, infatti, che le risorse pubbliche vadano gestite con la massima attenzione, sarebbe necessario cercare di recepire le esigenze di un mercato che, inevitabilmente, va a una velocità maggiore di quanto non possa andare la macchina amministrativa. Un altro elemento che emerge in maniera chiara dall’indagine è la necessità di avere sia un controllo sulla qualità dei progetti ex-ante, sia un attento monitoraggio sui risultati. Gli operatori chiedono che i progetti non vengano valutati, quindi, solo sul piano formale, ma anche in relazione alla loro efficacia.

In generale, il secondo decennio del periodo analizzato è stato migliore soprattutto per le esportazioni dei tre principali produttori dell’Ue, in parte grazie alle maggiori importazioni negli Stati Uniti e nonostante la minore crescita delle importazioni in Cina. “Migliore” significa una crescita più sostenuta rispetto al primo decennio e soprattutto una crescita più forte in valore che in volume. Tuttavia, si può affermare che queste differenze nell’evoluzione del commercio mondiale di vino sono legate all’introduzione di sovvenzioni dell’Ue per la promozione del vino nei Paesi terzi? Sebbene non si possano fare collegamenti diretti perché anche altri fattori possono influenzare questa evoluzione, per rispondere alla domanda, è utile approfondire l’analisi delle esportazioni dei Paesi produttori dell’Ue coperti dalla misura dell’Ocm, provando a misurare la differenza tra le esportazioni globali di ciascuno di questi Paesi e quelle specificamente coperte dalla misura, per stabilire se vi sia stata o meno una differenza significativa, anche confrontando l’evoluzione prima e dopo l’attuazione della misura nel 2010.

 

Focus - Evoluzione delle esportazioni italiane verso i 10 principali mercati extra-Unione Europea

Nella classifica delle prime 22 destinazioni delle esportazioni di vino italiano troviamo i 10 maggiori mercati extra-UE12. Gli Stati Uniti sono al primo posto, in Italia così come per la Francia, con quasi un quarto dei vini italiani venduti in questo Paese, per un valore di 1,9 miliardi di euro nel 2022. Molto più lontano, il Canada con 427 milioni di euro che, proprio nel 2022, ha scavalcato di pochissimo la Svizzera che resta saldamente la quinta destinazione complessiva per le esportazioni italiane. Giappone, Russia, Norvegia, Corea del Sud, Australia e Messico (sempre fino al 2022) completano la top 10 dei mercati extra-UE per i vini italiani. In realtà fino allo scorso anno la decima posizione extra-Ue era occupata dall’Ucraina che, però, in un anno di guerra ha ridotto del 35% la spesa per vino italiano. Si può osservare che l’Australia sta diventando un mercato piuttosto interessante per i vini dell’Ue, tanto da entrare nella classifica dei primi 10 Paesi terzi sia per la Francia che per l’Italia. Nonostante l’importanza degli Stati Uniti come primo mercato per le esportazioni di vino italiano, i primi 10 Paesi terzi di destinazione coprono una quota complessiva un po’ più bassa (46%) rispetto al caso della Francia (50%). Si tratta ora di vedere più in dettaglio come si sono evolute le esportazioni verso questi singoli Paesi terzi e se le misure di promozione Ue hanno indotto cambiamenti significativi.

Il mercato Usa è sempre stato importante per i vini italiani e i vini italiani sono sempre stati ben posizionati all’interno di questo mercato. Il 94,9% dei vini spediti negli Stati Uniti è ammissibile alla promozione nell’ambito del programma UE ed è probabilmente negli Stati Uniti che si è svolta la maggior parte delle azioni promozionali finanziate da questo programma. Ancora una volta, c’è stato un effetto più intenso in termini di valore che di volume. I dati mostrano, infatti, una crescita relativamente più forte del valore delle vendite italiane negli Stati Uniti dal 2010 (7% su base annua) rispetto al decennio precedente (3,1%), ma non è così per le quantità esportate, per le quali la crescita annuale dopo l’attuazione della misura è più bassa (3%) rispetto a quella precedente (4,6%). Come si è ripetuto più volte nel corso di questo lavoro, anche qui il risultato potrebbe essere coerente con un obiettivo di miglioramento del valore più che di aumento dei volumi venduti. In ogni caso, l’evoluzione nel mercato statunitense è stata complessivamente più che buona, nonostante le crisi del 2009 e del 2020, permettendo all’Italia di raggiungere nel 2022 1,75 miliardi di euro di ricavi, per la vendita di 3,567 milioni di ettolitri di vini ammessi alla misura promozione.

Il Canada è un mercato di sbocco del vino italiano in costante crescita dall’inizio degli anni duemila. I tassi di crescita sono stati più veloci nel primo decennio rispetto alla seconda parte del periodo in esame e, in linea con quanto osservato per gli altri mercati target, la crescita è stata più rilevante in valore che in volume. In 23 anni, le esportazioni italiane in Canada sono più che raddoppiate in volume, passando da 340.000 a 709.000 ettolitri, ma hanno più che triplicato il loro valore in euro, passando da meno di 93 milioni nel 2000 a 406 milioni nel 2022. Dal 2000 i prezzi medi sono cresciuti a un tasso annuo del 2,9% e tale aumento è stato più forte nel secondo decennio (3,1% all’anno) che nel primo (1,9%). In questo caso la crescita delle esportazioni dopo l’attuazione del programma di promozione dell’Unione Europea è stata un po’ più debole rispetto al decennio precedente, ma una tendenza all’aumento del valore unitario delle vendite emerge anche nel caso del Canada.

La Svizzera, quinta nella classifica dei mercati più importanti per i vini italiani, superata di pochissimo nel 2022 proprio da Canada, ha visto aumentare le esportazioni di vino italiano in valore più che in volume, soprattutto dopo l’attuazione del programma di promozione dell’Ue. In valore l’evoluzione è stata piuttosto costante ad un ritmo del 5,4% annuo mentre in volume la crescita è rallentata. La differenza deriva, ancora una volta, dall’evoluzione dei prezzi medi dei vini italiani, che in Svizzera sono cresciuti più velocemente nel secondo decennio (3,1% all’anno) che nel primo (0,9%), raggiungendo i 7,50 euro al litro nel 2022.

Il Giappone, con pochissime esportazioni via Singapore, mostra un quadro completamente diverso: la crescita del vino italiano in questo mercato appare molto più forte dopo l’attuazione del programma di promozione e, come in molti altri casi, molto più dinamico in valore che in volume. Se nel primo decennio del secolo i ricavi sono addirittura scesi a un tasso annuo dell’1,1%, nel secondo periodo in esame sono cresciuti straordinariamente fino a raggiungere i 186 milioni di euro nel 2022, dopo il calo nell’anno della pandemia. Anche in termini di volume le vendite sono diminuite tra il 2000 e il 2009, per poi rimanere molto stabili nel secondo periodo. Ancora una volta, la grande differenza sta nell’evoluzione dei prezzi medi, che sono rimasti pressoché stabili fino al 2009 (tasso di variazione annuo dello 0,2%) per poi aumentare a un tasso annuo del 3,5%, fino a raggiungere i 5,11euro al litro nel 2021. Nel caso del Giappone, tuttavia, va detto che anche le esportazioni italiane di vini non inclusi nel programma di promozione dell’Ocm (sfusi o senza indicazione) sono relativamente importanti, rappresentando il 14,8% del fatturato totale e il 24,6% del volume totale. E questi vini, non eleggibili per la promozione, sono cresciuti nel mercato giapponese anche a un ritmo più veloce (6,1% dal 2010 in volume e 6,4% in valore). Questo potrebbe anche significare che le attività promozionali applicate per i vini di qualità possono avere un effetto trainante positivo anche sulle vendite di vini non inclusi nelle misure di promozione.

La Russia, nonostante la guerra, resta un mercato molto importante in funzione del fatto che l’Italia resta il primo fornitore del mercato russo. Il mercato russo complessivo rappresenta 172 milioni di euro e 580.000 ettolitri di litri, la maggior parte dei quali eleggibili per la promozione nell’ambito del programma Unione Europea, ad un prezzo medio di 3,15 euro al litro, aumentati nel 2022 anche a causa dei rincari dovuti alla guerra che, comunque, ha lasciato i volumi solo poco al di sotto di quelli precedenti alla guerra. La crescita delle esportazioni di vino italiano appare molto più rapida all’inizio del secolo che, dopo il 2010, probabilmente a causa di un punto di partenza molto basso. Nel 2000 i vini italiani di qualità in Russia ammissibili alla promozione dell’Ocm erano meno di 140.000 ettolitri per un valore complessivo inferiore a 5 milioni di euro. All’epoca, l’Italia esportava in Russia soprattutto vini sfusi. Lo sfuso è rimasto forte, anche se molto variabile, fino al 2011, quando spumanti, vini fermi in bottiglia e frizzanti hanno cominciato a rappresentare la parte preponderante del paniere delle esportazioni italiane. Anche a partire dal 2010, la crescita in valore è stata più forte di quella del volume, ma i prezzi medi non sono aumentati in modo sostanziale.

La Cina insieme a Hong Kong è un caso simile a quello russo in quanto il tasso di crescita prima del 2010 risulta maggiore di quello successivo, ancora una volta a causa di un punto di partenza molto basso. Le esportazioni italiane di vini ammessi alla promozione in Cina e Hong Kong erano, infatti, inferiori a 10.000 ettolitri nel 2000, rispetto ai 57.000 ettolitri di altri vini esportati in questo mercato (sostanzialmente sfusi). Rimaste piuttosto basse - nonostante un tasso di crescita elevato - fino al 2009, nel 2010 le esportazioni di vini italiani in Cina sono più che raddoppiate, passando da 78 mila a 200.000 ettolitri e da 23 a 46 milioni di euro. In termini assoluti (che forse sono più appropriati per analizzare questo caso) le esportazioni di vini ammissibili alla promozione sono cresciute di 20 milioni di euro tra il 2000 e il 2009, e di quasi 83 milioni tra il 2010 e il 2022. Inoltre, nel caso della Cina, le vendite in valore sono cresciute più rapidamente di quelle in volume nel secondo decennio, con un prezzo medio più che raddoppiato in questi anni, da 2,30 euro al litro nel 2010 a 6,08 euro al litro nel 2022. Anche in questo caso, dunque, è il valore più che il volume ad ave beneficiato del programma di promozione dell’Ue nei Paesi.

La Norvegia è un Paese europeo, anche se non comunitario, verso il quale l’Italia ha esportato nel 2022 vini per oltre 110 milioni di euro e quasi 240.000 ettolitri. Di queste esportazioni, l’89% del valore e l’83% del volume sono ammissibili alla promozione Ue. Anche in questo caso, le esportazioni sono cresciute più velocemente nel primo decennio che nel secondo, ma il valore è aumentato più del volume in modo costante. In realtà, il Covid-19 è stato un anno particolarmente positivo per le esportazioni di vino verso i Paesi scandinavi, compresa la Norvegia. Ma anche i prezzi medi sono cresciuti più velocemente durante il primo decennio, per cui per la Norvegia non sembra emergere un miglioramento associato al programma di promozione UE.

La Corea del Sud è stata un mercato poco importante per i vini italiani fino al 2007/2010, quando le esportazioni hanno raggiunto prima più di 5 milioni di euro, e poi (2010) più di 11 milioni. In quantità è solo nel 2005 che le esportazioni di vino italiano hanno superato il milione di litri. Ma la crescita è stata poi costante e forte, raddoppiando a 25 milioni di euro nel 2018 per poi sfiorare i 65 milioni nel 2022, quando sono stati venduti più di 100.000 ettolitri di vino italiano nel Paese.. Tuttavia, dato il punto di partenza molto basso all’inizio del secolo, anche in questo caso i tassi di crescita medi in percentuale risultano più alti nel primo decennio rispetto al secondo. Anche in questo caso, però, l’evoluzione più rapida dei ricavi segnala un aumento sostanziale dei prezzi medi nel secondo decennio, al ritmo del 5,1% annuo, fino a raggiungere i 6,9 euro al litro del 2022.

L’Australia è un altro caso di forte incremento delle vendite di vino italiano, soprattutto nel secondo decennio di questo secolo, in un mercato relativamente nuovo dal punto di vista del consumo. In questo caso, però, già nel 2000 l’Italia vendeva sul mercato australiano 35.000 ettolitri di litri di vino con un fatturato di quasi 10 milioni di euro. Le vendite hanno iniziato ad aumentare nel 2004, con un ritmo relativamente lento fino al 2011, quando una nuova crisi ha seguito il calo del 2009. Ma dopo il 2011 la crescita delle esportazioni di vino è aumentata molto più rapidamente, a un tasso del 12% annuo rispetto al 3,4% del periodo precedente, per raggiungere 77 milioni di euro nel 2022 e quasi 152.000 ettolitri. L’effetto premiante è ancora più evidente in Australia, dove i prezzi sono rimasti pressoché invariati fino al 2009, tra 2,80 euro al litro e 2,54 euro al litro, per poi iniziare una crescita consistente fino a superare i 5 euro al litro nel 2022, a un tasso annuo del 4,1%.

Infine, l’Ucraina è un altro ottimo esempio di mercato abbastanza rilevante per il vino italiano, la cui importanza è iniziata solo nel secondo decennio del secolo e si è ridimensionata nel 2022 a seguito dell’invasione da parte della Russia. Fino all’inizio del nuovo millennio, infatti, le esportazioni di vino dall’Italia in Ucraina erano quasi inesistenti, con meno di 320 ettolitri e 96.000 euro venduti nel 2000 e sono rimaste molto basse fino al 2008/2010, quando si è raggiunto un volume di 10.000 ettolitri prima della crisi finanziaria del 2009. Durante il secondo decennio si è assistito nuovamente alla crescita delle esportazioni di vino italiano in Ucraina, in particolare nel 2020 e nel 2021, prima a 36 milioni di euro e poi a 47 milioni, corrispondenti ad oltre 14 milioni di litri. I dati del 2022 ridimensionano questa crescita perché la domanda di vino italiano è scesa del 37% in volume e del 36% in valore. A fronte di tale dinamica in termini assoluti, i tassi di crescita medi sono stati più alti nel primo periodo che nel secondo, dato il basso livello di partenza iniziale. A differenza di tanti altri mercati, le vendite di vini italiani in Ucraina non sono cresciute particolarmente bene in termini di valore rispetto al volume, con prezzi medi in calo dal 2010 ad un tasso del -1,1%, da oltre 4 euro al litro a 3,22 euro al litro nel 2022. Per i vini italiani, in definitiva, l’Ucraina è diventata un mercato di interesse ma a prezzi medi piuttosto contenuti.

In conclusione, in questi 10 mercati per i vini italiani le esportazioni sono nettamente migliorate dopo il 2010, quando l’introduzione di nuove attività di promozione Ue ha coinciso con la ripresa dalla crisi finanziaria del 2009, che aveva colpito profondamente il consumo e il commercio di vino. Se l’effetto della prima sia stato esclusivo o addirittura più forte di quello della seconda non si può affermare con certezza, ma emerge chiaramente che, sia in termini relativi che in cifre assolute, la crescita è stata migliore dal 2010 e, nella maggior parte dei casi, la premialità è stata una tendenza generale, con un aumento del valore più che del volume delle vendite.

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