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LA RIFLESSIONE

Ocm vino promozione: misura strategica, ma sempre più complessa, soprattutto per le piccole aziende

Lo stato dell’arte di un strumento fondamentale per le esportazioni del vino italiano, secondo Silvana Ballotta, alla guida di Business Strategies

Se in 13 anni l’export del vino italiano è raddoppiato, passando dai 3,9 miliardi di euro del 2010 ai 7,7 del 2024, secondo i dati Istat, è stato grazie al lavoro di tante imprese che hanno portato i vini nel Belpaese nel mondo, e li hanno fatti conoscere ad ogni latitudine. Grazie anche ai fondi dell’Ocm Vino, che, proprio nel 2010, vide il primo regime di applicazione, e che, ancora oggi, si conferma uno strumento formidabile affianco di imprese e Consorzi, con uno stanziamento di 100 milioni di euro all’anno di fondi europei (che cofinanziano i progetti delle imprese al massimo al 50%, ndr), di cui il 30% gestiti a livello nazionale ed il 70% dalle singole Regioni. Eppure, nonostante anche l’Italia sia arrivata a pubblicare bandi e graduatorie in tempi “normali” (rispetto ai ritardi, a volte anche clamorosi, registrati negli ultimi anni), aspetto annunciato con orgoglio, nei giorni scorsi, dal Ministero dell’Agricoltura e salutato con grande favore dalle rappresentanze di filiera, da Unione Italiana Vini (Uiv) a Federvini, tanti altri passi avanti, negli anni, sono stati fatti sia dalle amministrazioni, nella pubblicazione dei bandi, che dalle imprese, nella presentazione di progetti sempre più precisi, realizzabili e sostenibili.
Non di meno, tra le regole che, ovviamente, sono fondamentali - sia perché si parla di gestioni di fondi pubblici, sia perché è altrettanto importante che la competizione tra soggetti per ottenere i fondi si giochi su parametri precisi - restano delle criticità, o meglio delle rigidità di interpretazione e di applicazione delle regole stesse, sia nella fase di presentazione dei progetti, che, soprattutto, in quelle di attuazione e di rendicontazione, che richiedono una burocrazia enorme. Che se le grandi aziende o quelle più moderne e con più propensione all’investimento in qualche modo riescono a gestire, sta mettendo più in difficoltà le cantine medio piccole e con un management meno strutturato, che paradossalmente iniziano a guardare con meno convinzione ed interesse allo strumento, come si legge scorrendo le graduatorie ed i decreti non tanto del livello nazionale, che storicamente coinvolge proprio le cantine ed i raggruppamenti di impresa più grandi ed evoluti, e dove l’utilizzo delle risorse è sempre pressoché totale, quanto quelle di alcune Regioni, anche di primissimo piano nel panorama vinicolo, dove parte delle risorse per la promozione non vengono utilizzate o addirittura non richieste. Come conferma, a WineNews, Silvana Ballotta, alla guida di Business Strategies, studio che lavora sull’internazionalizzazione delle imprese e che, da 20 anni, segue il percorso della Misura Ocm, con progetti importanti realizzati per alcune delle più famose o importanti realtà del vino italiano.
“Finalmente i tempi di uscita dei bandi e pubblicazione delle graduatorie sono quelli che dovrebbero essere di norma, ed ovviamente è un bene. E c’è consapevolezza che la misura promozione dell’Ocm Vino resta un forte strumento di sostegno all’internazionalizzazione, per portare il vino nei Paesi terzi. Ma analizzando i due livelli, nazionale e regionale, però, io che lavoro da tanti anni su questa misura - spiega Ballotta - dico che si iniziano a vedere dei cali dell’utilizzo delle risorse, anche in Regioni importanti e con dirigenze capaci di gestire bene la misura come Veneto e Sicilia, per esempio, che hanno dei fondi residui non richiesti e non utilizzati. Ed il problema è che presentare le domande è sempre più complesso, con una burocrazia sempre più rigida, anche nella realizzazione e nella rendicontazione dei progetti, che, peraltro, non è in capo direttamente al Ministero dell’Agricoltura, ma ad Agea. E questo è un segnale che se le cantine più grandi che puntano, soprattutto, sui bandi nazionali, riescono a gestire le cose, le medio-piccole imprese, meno strutturate, ma che sono tante, iniziano ad allontanarsi da questo strumento, a volte neanche provano più a presentare progetti e domande: è una cosa su cui il sistema deve riflettere, proprio perché quello dei sostegni alla promozione è uno strumento importante che deve essere accessibile ad una platea ampia, non solo a chi è un grande investitore”.
I problemi burocratici più importanti, spiega ancora Silvana Ballotta, derivano dal fatto che il mercato ed i suoi scenari mutano molto più rapidamente di prima, ed essendo l’Ocm Vino una misura di mercato, richiederebbe una flessibilità maggiore ed una prontezza di risposta dalle pubbliche amministrazioni che spesso manca. “Se, per esempio, devo richiedere una variazione su un progetto perché quell’azione specifica non si può più fare, e vanno apportati dei cambiamenti, ovviamente sempre all’interno delle regole definite dai vari decreti, non è possibile dover aspettare anche più di 60 giorni per una risposta: le aziende hanno necessità di muoversi in tempi molto più brevi, per non perdere opportunità e per non sprecare risorse”. Un tema che fece discutere, due campagne fa, per esempio, fu l’introduzione, abbastanza improvvisa, dell’obbligo di presentare tre preventivi per ogni azione del progetto, da fornitori diversi. “Oggi è un problema che abbiamo abbastanza superato, ci siamo attrezzati per farlo, all’epoca la criticità derivò soprattutto dal fatto che il settore si trovò questa novità un po’ all’improvviso e con i progetti già scritti. Ma, a creare difficoltà, è anche la poca interconnessione tra le amministrazioni nazionali e quelle regionali. La documentazione “antimafia”, per esempio, va presentata più volte a più enti, e oggi che tutto è accessibile con pochi click, non ha molto senso”.
In ogni caso, l’Ocm Vino Promozione resta uno strumento importante e ben utilizzato. Con azioni e aree geografiche che spiccano su altre. “In assoluto, l’area principe dei Paesi terzi su cui si investe di gran lunga di più è quella del Nord America, Stati Uniti in primis, ma anche Canada. Anche il Regno Unito, che oggi è un Paese terzo, è un mercato su cui tutti fanno un investimento, magari con meno risorse, ma è un mercato che dà grande visibilità ed è importante per il posizionamento dei brand. Sono in contrazione, invece, gli investimenti in Cina, che resta, comunque, un Paese di interesse, e l’area del Sudamerica, dove ci sono questioni legate a dazi molto alti e ad un quadro economico non particolarmente brillante. L’Africa fa ancora poco testo, mentre si inizia a guardare con più interesse ai Paesi del Caucaso, come Uzbekistan o Kazakistan, per esempio, che ovviamente non possono promettere volumi elevatissimi in futuro, ma che le imprese iniziano ad esplorare”. E tra le misure su cui si investe di più, spiega ancora Ballotta, a capo di Business Strategies, ci sono tutte quelle che mettono direttamente in contatto i produttori ed i vini con il trade ed il pubblico: “eventi, degustazioni, masterclass e così via sono le misure di gran lunga più gettonate. Anche la pubblicità tradizionale, di solito, è fatta a supporto di queste azioni stesse, dove si incontrano gli operatori di settore, o direttamente il pubblico. Con un occhio particolare nella ricerca di linguaggi e di messaggi capaci di conquistare i più giovani, che sono la grande scommessa, non semplice, del mercato del futuro”.

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