Forte della sua qualità crescente, e delle tante diverse espressioni di vitigni, territori e storie, il vino italiano tiene sui mercati del mondo. Ma tra i produttori, ottimisti per natura e per vocazione, non mancano le preoccupazioni per il futuro dei mercati, e non solo per dinamiche strettamente legate al vino. Tante le criticità segnalate dalle decine di imprenditori e manager di primo piano del vino italiano di cui WineNews ha raccolto testimonianze, riflessioni e sfoghi, in quel di Prowein 2019. Preoccupa, per esempio, la proliferazione inarrestabile dell’offerta, con migliaia e migliaia di etichette che finiscono sui mercati (secondo alcuni solo in Italia ne vengono registrate oltre 20 nuove al giorno), che oltre a creare una competizione sempre più serrata tra i produttori stessi, disorienta i consumatori del mondo.
E preoccupa, forse ancora di più, la pressione sui prezzi che fanno distributori ed importatori dei mercati del mondo, soprattutto in quelli in regime di monopolio, ma non solo, con le trattative che, dicono molti, partono subito dal prezzo, ovviamente al ribasso, prima ancora che il vino venga assaggiata, e se ne possano raccontare le peculiarità del gusto, ma anche della produzione, dell’origine o dei valori e della storia che sono dietro a quella bottiglia. Un aspetto ovviamente mortificante, per i tanti che lavorano con passione, e che incide anche sui margini economici, sempre più bassi.
Con una dinamica che, peraltro, avvantaggia sempre di più gli imbottigliatori, rispetto a chi si occupa di tutta la filiera, dalla vigna allo scaffale. E, legato a questo aspetto, c’è anche quello della crescente pressione delle private label, e non solo all’estero. E, anche i questo caso, molti, emerge dalle parole dei produttori, giocano al ribasso, spesso vanificando il lavoro sulla costruzione del valore ed il miglioramento del posizionamento fatto, con fatica, da tanti. A tutto questo si somma, inoltre, una sempre maggiore concentrazione in poche mani dell’importazione e della distribuzione nei mercati del mondo, dagli Usa al Regno Unito, passando per la Germania, tra gli altri, con un potere sempre più sbilanciato a favore di chi il vino lo commercializza rispetto a chi lo produce, sia in termini di posizionamento di prezzo che di accesso stesso al mercato.
E se queste sono le preoccupazioni più strettamente attinenti al settore enoico, ci sono altre dinamiche più grandi, che non lasciano tranquilli, come le tensioni internazionali tra Usa e Cina, per esempio, o il caos legati alla Brexit, che sono sinonimo di grande incertezza che, ovviamente, frena mercati ed investimenti. Tanti elementi che tengono i produttori in allerta, dunque, con messaggi per un settore comunque, forte, prestigioso, che non deve cedere allo sconforto e al panico, anche perchè è stato capace, negli anni, di riprendersi da crisi interne al settore, ma anche esterne, ben peggiori. Ma che deve prendere consapevolezza, come sta facendo, la grande qualità del vino, la bellezza dei territori da cui nasce, la storia spesso affascinante di chi lo produce, sono elementi importanti e distintivi che però, da soli, non garantiscono crescita e prosperità, neanche al nettare di Bacco.
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