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OLIO ITALIANO, STORIA DI UN PARADOSSO: L’ITALIA N. 2 AL MONDO PER PRODUZIONE È AL N. 1 NELL’IMPORT, CON EXPORT ED ESPORTAZIONI ENTRAMBE A 1,2 MILIARDI DI EURO. LA STRADA PER CRESCERE? L’ESTERO, PUNTANDO SU VARIETÀ E “CULTURA”. COSÌ “OLIO CAPITALE”

L’olio d’oliva è forse uno dei prodotti dell’agroalimentare italiano che meglio di tutti incarna alcuni paradossi del Belpaese: l’Italia è il Paese n. 2 al mondo per volumi di produzione (sulle 500.000 tonnellate all’anno), n. 1 per qualità (tra Dop e Igp). Ed è, allo stesso tempo, uno dei maggiori esportatori, e di gran lunga anche il primo importatore mondiale (oltre 600.000 tonnellate nel 2011, dati Ismea), con il valore tanto dell’import che dell’export, su 1,2 miliardi di euro. Ma per far crescere economicamente il settore, così come per il vino, l’unica via possibile sembra l’export. Dove l’Italia, per gli esperti riuniti a Trieste per “Olio Capitale” (www.oliocapitale.it), deve puntare su 2 carte: la grande varietà della sua produzione, che va dalle sponde del Lago di Garda alla Sicilia, e la formazione, soprattutto in mercati che crescono (come la Russia, la Polonia, il Nord Europa e altri, costantemente in doppia cifra negli ultimi anni) nonostante i consumatori non siano educati alla qualità, dove non sanno ancora distinguere bene tra un olio extravergine di alta qualità e un altro più scadente. Un percorso da fare in fretta, perché siano la qualità e l’origine a fare la differenza, e non il fattore prezzo. Come avviene in Italia, dove, per la ricerca di Swg, il primo fattore di scelta è proprio la provenienza (34%), seguita, a distanza, dal prezzo (17%).

Focus - Cultura dell’olio d’oliva, leva di promozione sui mercati esteri. Così il convegno “Dieta Mediterranea: strumento culturale di penetrazione nei mercati europei” di Aries e Città dell’Olio
È la cultura l’unico veicolo per conquistare nuovi mercati internazionali. Emerge da Olio Capitale, il salone degli extra vergini tipici e di qualità organizzato da Aries a Trieste. Un messaggio apparentemente fuori contesto, visto che giunge da una fiera specializzata, in cui i produttori incontrano sia consumatori che buyer internazionali. Eppure il convegno organizzato in collaborazione con l’Associazione Città dell’Olio ha messo in evidenza come l’olio d’oliva, proprio in quanto elemento culturale e principe della dieta mediterranea, sia strumento di penetrazione dei mercati stranieri.
“L’olio possiede un valore culturale molto forte, basti pensare a tutti i significati simbolici che possiede nelle diverse letterature e tradizioni culturali, non da ultimo nella Bibbia - nota Tommaso Amico di Meane, esperto politiche Unesco del Ministero per le Politiche Agricole - e il settore agroalimentare continua a mostrare segni positivi, soprattutto grazie all’export, cresciuto dell’8% nel 2012 e si prevede del 6% nel 2013. A trainarlo, i prodotti associati alla dieta mediterranea. Ma per raggiungere i mercati esteri è necessario veicolare un messaggio forte composito sia della parte materiale, ovvero la qualità dei prodotti, che immateriale, cioè il suo valore culturale”.
La piattaforma ideale attraverso cui veicolare questo messaggio? Secondo Giovanni Antonio Cocco, direttore generale Isnart (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche), “il prodotto italiano si racconta e si fa assaggiare. Ma sono i ristoranti italiani nel mondo la nuova rete distributiva ideale per i prodotti made in Italy: consentono ordini anche di piccoli quantitativi e quindi permettono anche ai piccoli produttori di qualità di affrontare nuovi mercati esteri”.
Uno spaccato su un enorme mercato in cui il consumo d’olio è in crescita e con grandi potenzialità l’ha tratteggiato Sergey Khanov, direttore vendite Aie-premium, Federazione Russa: “l’extra vergine continua a ricoprire un ruolo secondario rispetto ad altri prodotti italiani. Eppure il consumo d’olio d’oliva sta crescendo del 10% - 15% su base annua, soprattutto nelle grandi aree metropolitane. Ci sono, tuttavia, sostanziali ostacoli alla crescita consolidata, in primis il fatto che i consumatori non sono consapevoli e in grado di distinguere i benefici e le qualità dell’olio d’oliva, rispetto per esempio all’olio di girasole, molto popolare”.
Sulla necessità di puntare su una maggiore divulgazione delle caratteristiche e proprietà dell’olio d’oliva ha posto l’attenzione anche Jacek Szklarek, presidente Slow Food Polonia e consulente Olio e Vino per Likus Group: “in Polonia si pensa che l’olio d’oliva possa essere usato solo per condire le insalate. Ciò fa capire quanto grandi siano le potenzialità se si scegliesse di investire in comunicazione. Non solo per promuovere la dieta mediterranea, ma anche spiegando come l’olio possa esaltare la cucina locale. Stiamo parlando di un mercato che dieci anni fa è partito quasi da zero e la cui quota negli ultimi cinque è quasi raddoppiata”.
“Per vendere il prodotto è necessario farlo conoscere, organizzare degustazioni, assaggi ... Magari cercando di coinvolgere gli chef locali” concorda Giuseppe Scaricamazza, titolare Grand’Italia e importatore di prodotti enogastronomici italiani in Ungheria.
“Se non si fa cultura e informazione non si può vendere un prodotto come l’olio d’oliva, ancor meno l’extra vergine - conclude Enrico Lupi, presidente Associazione Città dell’Olio - è la cultura l’unico veicolo per conquistare nuovi mercati internazionali, per aumentare la capacità di penetrazione all’estero, per vendere di più. Sono necessarie azioni mirate su opinion leader, come medici, nutrizionisti spiegando come l’olio sia fondamentale per la salute. Ma è necessario farlo tutti uniti, come sistema, e non dimenticarsi che l’Italia, non avendo alta capacità produttiva, deve puntare sulla qualità”.

Focus - L’Identikit del consumatore d’olio italiano
Un consumatore italiano sempre più consapevole, interessato più alla provenienza che al prezzo dell’olio d’oliva che utilizza, ed intenzionato ad esercitare la propria “capacità di controllo” chiedendo etichette più chiare, ma anche scegliendo sempre più spesso di comprare direttamente dal produttore per avere l’assoluta garanzia sulla qualità e sull’origine dell’olio. È uno degli aspetti emersi dall’identikit del consumatore d’extra vergine d’oliva, nella ricerca di Swg per “Olio Capitale”.
Lo studio, condotto con metodo “Cawi”, ovvero tramite questionario on-line, nella settimana dal 4 all’11 febbraio 2013, ha coinvolto 1.500 famiglie con l’obiettivo di comprendere le dinamiche di evoluzione del mercato, gli orientamenti dei consumatori, le strategie necessarie ad arrivare prima e meglio sulle tavole e nelle cucine degli Italiani. “Anche questa indagine è un tassello significativo in questa azione di informazione e divulgazione della cultura dell’extra vergine di qualità che stiamo portando avanti con questa manifestazione - spiega Antonio Paoletti, presidente della Camera di Commercio di Trieste - vogliamo informare sempre di più su questo prodotto, che sta diventando un nuovo importante veicolo del made in Italy nel mondo e che ci auguriamo possa conquistare i mercati stranieri come il nostro vino”.
Il questionario sottoposto agli italiani poche settimane fa, in buona parte, è un aggiornamento di un’indagine realizzata nel 2007: “E’ un grande pregio, perché il confronto ci permette di vedere l’evoluzione del mercato - spiega Roberto Weber, presidente Swg - e ciò significa che se sul dato percentuale abbiamo un margine di approssimazione, la tendenza è invece chiara ed eloquente”. Si scopre, così che negli ultimi sette anni gli italiani hanno iniziato a privilegiare l’origine del prodotto come fattore determinante nella scelta d’acquisto: “E’ l’origine il nuovo magnete: il 34% lo indica come primo fattore di scelta, segue il prezzo con solo il 17%. Nel 2007 la quota di popolazione per cui era determinante si fermava all’8%, mentre al 31% si trovava il prezzo - prosegue Weber - l’origine è un elemento che rassicura, non a caso ben il 35% dichiara di comprare olio direttamente dal produttore: in questo modo può avere la certezza assoluta sulla provenienza delle olive. È così che il consumatore esercita la propria capacità di controllo”.
“I dati emersi da questa ricerca sono incoraggianti, è una rappresentazione virtuosa - rileva Luigi Caricato, oleologo e scrittore - e credo a questa crescita dal 2007 a oggi: oggi c’è più qualità e stiamo affrontando un passaggio culturale verso l’eccellenza: maggior sensibilità, maggior conoscenza del prodotto, ma su alcuni fronti anche maggior confusione”.
La maggiore attenzione del consumatore nella scelta d’acquisto, ma anche la necessità di aggrapparsi a punti fermi, si rileva anche sul fronte etichette. Il 44% degli italiani dichiara di prestare particolare attenzione alle informazioni riportate in etichetta e vorrebbe che fossero maggiormente dettagliate e chiare: “questi dati sono reali - nota Stefano Masini, responsabile Ambiente Coldiretti - il mercato alimentare ha bisogno di regole, a partire proprio da nuove norme sull’etichettatura e sulla tracciabilità. Dobbiamo acquisire una nuova cultura delle regole”.

Focus - I migliori olii italiani
È la Toscana la regina dell’olio italiano, con ben 6 oli sui 15 in finale, ma è la Puglia a sbancare il concorso “Olio Capitale”, con 4 premi su 7 assegnati; oltre a Puglia e Toscana anche un olio sardo e uno siculo sono stati incoronati. E’ l’Italia dell’extravergine che si conferma nazione leader della qualità. Il 20% degli oli pervenuti erano esteri e provenienti prevalentemente da Spagna, Portogallo, Grecia, Israele. Solo un olio spagnolo riesce a guadagnare la finale. Gli oli sono stati giudicati in fase di pre-selezione da un panel professionale e successivamente da tre diverse giurie: assaggiatori professionali, chef e ristoratori, semplici consumatori, a rappresentare tutte le categorie di potenziali consumatori dell’extravergine.

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