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OLTRE ALLA CONTRAFFAZIONE, IL MERCATO DEI FINE WINES DEVE GUARDARSI DALLE PICCOLE TRUFFE: C’È CHI STACCA L’ETICHETTA RIMOVIBILE DA BOTTIGLIE PASSATE PER GLI USA, E CHI “RICICLA” LE CASSETTE DI LEGNO DEGLI CHATEAUX. E A PAGARE SONO I WINE MERCHANT

Quando un vino di qualità, dall’Italia o dalla Francia, prende la via degli Usa, ogni bottiglia deve essere accompagnata da un’etichetta rimovibile che ne indichi l’importatore e la presenza o meno di solfiti. Semplice rispetto delle regole, niente di più, ma anche da un dettaglio del genere può nascere un certo tipo di speculazione, ai limiti della contraffazione, come ha scritto Jim Budd nell’ultimo numero di Decanter: in sostanza, con un’operazione semplicissima, come la rimozione dell’etichetta, si può “nascondere” la vera storia della bottiglia, fatta evidentemente di lunghi viaggi e spostamenti, che in qualche modo ne alterano la qualità, seppur di poco. Il risultato è un certo apprezzamento sul mercato, di bottiglie che in realtà varrebbero qualche dollaro in meno. Non è l’unico “trucco”, o forse sarebbe meglio definirla “truffa”, usato per spuntare guadagni maggiori dai wine merchants: l’altro riguarda le richiestissime ed eleganti cassette di legno in cui le aziende più rinomate vendono i propri cru. Anche in questo caso, il giochino è piuttosto semplice: si rastrellano sul mercato le cassette delle vecchie annate, si scartavetrano, vi si stampa sopra l’ultima annata ed ecco che le sei bottiglie, che potrebbero arrivare da qualsiasi parte, o persino essere contraffatte, sembreranno magicamente arrivare direttamente dal produttore. Certo, non si tratta di grandi truffe, ma comunque di una serie di “astuzie” in grado di generare, su un mercato come quello dei fine wines, che vale 2,5 miliardi di sterline l’anno, un mercato nero da 125 milioni di sterline ...

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