Torna a far discutere, alla sua maniera, sul tema del vino e della trasparenza in etichetta, e delle pratiche di produzione e di commercio, la puntata di Report, la trasmissione d’inchiesta in prima serata su Rai 3, andata in onda ieri 22 dicembre, che, nel servizio “Top of The Wines” (che è possibile rivedere qui, il terzo dedicato al settore nel giro di un anno, firmato da Emanuele Bellano), ha messo sotto i riflettori, in particolar modo, delle operazioni di compravendita da milioni di euro (negli anni scorsi, con fatture e documenti più recenti, ma anche del 2015, e che sarebbero, sostiene Report, anche al vaglio della Procura di Firenze, ndr), anche da parte di realtà di grande blasone del vino della regione, e di Bolgheri, in particolare, evidenziando come una singola azienda abbia comprato grandi quantità di vino da fuori regione, da cooperative o da brooker, per poi rivenderle a molti dei grandi marchi che fanno grande la Toscana del vino, con vini venduti anche a decine o centinaia di euro (con citati e o intervistati, a vario titolo Cantina Borghi, Vezzoni Vedovato, come rivenditori e broker, Vinicola Villese, Valsinello, Cantina Sociale Madonna di Loreto, Rinascita Lancianese, Cantine Settesoli e Cantina dei Colli Ripani, come cantine da cui avrebbe comprato Borghi, ed ancora Ornellaia, Masseto, Tenuta San Guido, Ruffino, Folonari, Cecchi, Rocca delle Macìe, Barone Ricasoli e Mazzei, come acquirenti, e il presidente del Consorzio Igt Toscana, Cesare Cecchi).
Facendo sottointendere che in quei vini finiscano anche uve da fuori regione. Cosa che, essendo vietata dai disciplinari delle Denominazioni di Origine (Doc e Docg), è, invece, una possibilità prevista dal disciplinare dei vini Toscana Igt (che pur tutte le aziende citate nel servizio producono, ma a cui non viene data visibilità, ndr), come si legge alla voce “Taglio Correttivo” del disciplinare Igt Toscana, sul sito del Ministero dell’Agricoltura, dove si spiega che “alle Indicazioni Geografiche resta confermata la possibilità di taglio nella misura massima del 15% con prodotti di altra provenienza”. E, infatti, tra le cantine e le imprese citate dal servizio, chi ha risposto, ha sottolineato che i vini acquistati dal rivenditore toscano, che, a sua volta li aveva acquistati da fuori regione, sono finiti in alcuni vini ad indicazione Igt Toscana, come la normativa prevede (anche se nel servizio si citano, in più punti, anche Chianti, Chianti Classico, Bolgheri, Brunello di Montalcino, Supertuscans e così via, mescolando Dop e Igp, che hanno regole diverse, e facendo un po’ di confusione, soprattutto tra i non addetti ai lavori, ai quali ovviamente è rivolta la trasmissione).
Nel servizio, in realtà, viene citata anche una viticoltrice, o meglio una “imprenditrice dell’area agricola del Chianti”, come viene definita, che parla in forma anonima, che sostiene come vino da fuori regione, con una vera e propria frode sui quantitativi dichiarati, venga comprato anche per diventare vino a denominazione, per spuntare prezzi più bassi di quelli che si troverebbero sul territorio, ma in questo caso la tesi viene sostenuta solo da dichiarazioni, e non da “pezze di appoggio”.
Un tema di fondo resta, però, pur nella legalità di quanto, nello spirito del servizio, si percepisce come volontà di far passare come qualcosa di “fraudolento” (corroborato dalle dichiarazioni di alcuni dipendenti delle aziende, responsabili di degustazioni all’accoglienza e così via, che sostengono che tali aziende producano vini solo da uve dei propri vigneti, ndr): oggi il consumatore, in ogni categoria merceologica, e ancor di più nel vino, con il suo allure (e che resta il prodotto alimentare più controllato in assoluto, come raccontano i dati dell’Icqrf - Ispettorato Centrale Tutela della Qualità e Repressione Frodi), vuole trasparenza. Sostanziale e comprensibile, in modo semplice ed immediato, anche nel racconto e nella narrazione dei vini, oltre che formale (come quella che viene osservata, di fatto nelle controetichette, con la differenza tra “imbottigliato all’origine”, per i vini prodotti da vigneti e uve di proprietà, e “imbottigliato da”, per gli altri). E su questo, per il futuro del settore, una riflessione in più, purché serena, costruttiva, e senza complottismi di fondo, male non può fare.
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