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Paradossi giudiziari: dall’udienza preliminare sulla “Sauvignon Connection” escono soddisfatte sia accusa (“avvalorate le nostre ipotesi) che difesa (“per i produttori è andata bene”). E intanto l’inchiesta, dopo le analisi di laboratorio, va avanti

Sembra un paradosso ma, almeno a leggere le dichiarazioni riportate da Ansa e giornali locali (come “Il Messaggero Veneto”), sia accusa che difesa, si dicono soddisfatte di quanto emerso dall’udienza preliminare nell’inchiesta “Sauvignon Connection”, di scena ieri al Tribunale di Udine. “Per i produttori è andata bene. I periti hanno confermato che non esiste prova scientifica dell’ uso da parte dei produttori di vino dei prodotti dell’enologo Ramon Persello”. Lo ha affermato l’avvocato Giuseppe Campeis, che difende quasi tutte le cantine sotto inchiesta (17 dal Friuli, ma anche da Abruzzo ed Umbria) al termine dell’udienza, durata un paio d’ore, per ascoltare in contraddittorio tra le parti i due consulenti tecnici incaricati dal Gip di Udine (Emilia Garcia Moruno, del Centro di ricerca per l’enologia di Asti, incaricata delle analisi microbiologiche, e Mario Malacarne, della “Fondazione Edmund Mach” di San Michele all’Adige (Trento), per quelle chimiche” di analizzare in incidente probatorio i campioni di mosto e vino prelevati nell’ambito dell’inchiesta sul Sauvignon. Che, come già emerso nei giorni scorsi, non hanno riscontrato nulla di illecito nei vini analizzati.
“La Procura - ha aggiunto Campeis - ha insistito sul fatto che le prove siano venute meno per ossidazione. Ipotesi che, su domanda della difesa, i periti dicono essere assolutamente astratta. Non ci sono elementi e letteratura per dire in che tempi e a che condizioni il fenomeno si verifica. Siamo nel campo delle ipotesi”. Nei campioni di due cantine sono state trovate tracce di mesitile ossido, sostanza trovata in possesso dell’indagato Persello, e che, secondo gli investigatori, potrebbe essere stata usata per adulterare il mosto. Ma secondo i consulenti il quantitativo è stato giudicato talmente basso da non poter stabilire se sia una presenza naturale o artificiale. “Il tracciante - ha chiarito l’avvocato Luca Ponti, che difende l’indagato chiave dell’inchiesta, il consulente enologo Ramon Persello - è presente nel vino in percentuali infinitesimali, ma la letteratura scientifica prevede che sia possibile una presenza naturale di questa sostanza in tutti i tipi di vino o, ad esempio, in altri preparati di frutta con principi di fermentazione”.
Inchiesta smontata, dunque? Non secondo la Procura, anzi, “l’udienza ha ulteriormente avvalorato le prospettazioni dell’accusa - ha detto il Procuratore capo di Udine, Antonio De Nicolo - i quesiti formulati ai periti e le loro risposte hanno confermato la nostra ipotesi. È stata un’udienza assolutamente positiva. Ma non intendo aggiungere altro. Il processo va fatto nella sua sede propria - chiarisce De Nicolo - l’indagine è sempre in corso, stiamo valutando anche tante altre cose”.
L’indagine era partita in settembre coinvolgendo 17 cantine tra Udine e Gorizia, per allargare i propri confini anche ad Abruzzo e Umbria, con la Procura di Udine (l’inchiesta è coordinata dal pm Marco Panzeri), ad indagare per la presunta contraffazione del vino con addittivi ed aromi chimici, ma non pericolosi per la salute, come specificato fin dall’inizio (i primi di settembre) dagli inquirenti.

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