
Ammirate come vere e proprie “opere d’arte”, tra le più belle cantine d’autore del Belpaese c’è Petra, a Suvereto, nell’Alta Maremma sulla Costa Toscana, progettata dall’architetto svizzero Mario Botta su commissione di Vittorio Moretti (ovvero “Mister Bellavista”), pionieristicamente, nel 1997: un’“eno-meraviglia” dalla doppia valenza di centro produttivo e architettonico ispirato al modello bordolese, che è la punta di diamante dei grandi rossi del Gruppo Terra Moretti (tra le più importanti realtà del vino italiano, con cantine come Bellavista e Contadi Castaldi in Franciacorta, Teruzzi a San Gimignano e Sella e Mosca in Sardegna, ndr), e che oggi è al centro di una “nuova visione” per “guidare l’evoluzione dei vini di taglio bordolese verso un’identità di Costa Toscana”, l’Igt che fa parte della prestigiosa “famiglia” di vini del Consorzio Toscana Igt. La griffe entra, dunque, in una nuova fase della sua storia come punto di riferimento di eccellenza nel panorama toscano, “con un progetto ambizioso che parte da una profonda valorizzazione del passato per proiettare Petra e i vigneti di Montebamboli verso il futuro della viticoltura toscana, in un territorio, la Costa Toscana, sempre più definito da una propria identità distintiva, muovendosi su basi tecniche, agronomiche e strategiche, con l’obiettivo di dare continuità a un lavoro di lungo periodo e ridefinire la centralità del vigneto come matrice identitaria”, come hanno spiegato, nei giorni scorsi, nell’“en primeur” 2024 delle nuove annate dei vini, nell’avveniristica cantina, il patron Vittorio Moretti, con il Master of Wine Andrea Lonardi, che è stato nominato consigliere delegato e strategic advisor di Petra.
Questa nuova direzione, condivisa da Vittorio Moretti, da Massimo Tuzzi, ceo della holding di famiglia, dall’enologa di famiglia Francesca Moretti, dal “Vine Master Pruners” Marco Simonit, da Andrea Lonardi e da tutto il team di lavoro, parte da un principio fondamentale: “quando il luogo prende il sopravvento sul modello. Non si tratta di abbandonare la vocazione originaria, ma di esprimerla attraverso il filtro del territorio, significa tenere conto dell’importanza del carico epigenetico, che è la memoria di questo luogo, è l’impulso silenzioso che la terra trasmette alla pianta. In passato, questi vini erano principalmente frutto del loro modello, fortemente legato al vitigno e all’impronta enologica. Oggi, grazie all’eredità invisibile dagli stessi vigneti e dei vitigni bordolesi, nascono vini che sono molto più frutto del luogo che del modello. Vini più territoriali, succosi, freschi, marini, balsamici vibranti, capaci di interpretare il blend bordolese con sensibilità mediterranea”. “Petra è nata come un progetto ambizioso, con una cantina pensata come uno château contemporaneo - ha ricordato Vittorio Moretti, presidente Terra Moretti - oggi, dopo oltre 25 anni di lavoro e investimenti, sono felice di vedere riconfermata la vocazione originaria di Petra, arricchita da una nuova profondità territoriale. Andrea Lonardi ha saputo leggere con intelligenza e rispetto ciò che è stato fatto: dalla zonazione iniziale studiata con Attilio Scienza, Edoardo Costantini e Lizio Bruno, al grande lavoro portato avanti in vigna con Marco Simonit. Questo patrimonio rappresenta oggi la base solida per affrontare un futuro ambizioso, che porterà Petra a posizionarsi tra le grandi cantine internazionali”. Negli ultimi mesi, il team di Petra ha lavorato a un progetto condiviso, trasversale e strutturato, che ha coinvolto tutte le aree aziendali. Ne è nato un piano triennale-quinquennale che definisce le linee guida di un percorso orientato alla qualità, alla sostenibilità e all’identità. Tra le azioni principali: un’attenta “Site Evaluation” dei 100 ettari vitati, con vinificazioni e affinamenti per parcella; un’evoluzione stilistica in cantina, per valorizzare la bevibilità e aprirsi a un taglio bordolese; un focus culturale su pedologia, climatologia e architettura della pianta, per leggere il paesaggio con maggiore consapevolezza. “Sono arrivato a Petra con due grandi dubbi: che qui illustri predecessori avessero fallito, e che mancasse un terroir”, ha detto Lonardi, riferendosi ad “un contesto che aveva visto il passaggio di nomi importanti senza mai trovare un’identità compiuta. Ma proprio la forza del gruppo umano e il potenziale non espresso delle vigne” hanno convinto il Master of Wine “ad accettare la sfida”. Il primo atto del nuovo corso è stato un lavoro di “Site Evaluation”: 54 microvinificazioni separate, raccolte da parcelle individuate con precisione grazie alla zonazione realizzata più di vent’anni fa dal professor Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura, Edoardo Costantini e Lizio Bruno. Un patrimonio raro, reso ancor più prezioso dalla maturità dei vigneti: oltre 100 ettari piantati tra la fine degli Anni Novanta e i primi Duemila, oggi capaci di esprimere una complessità epigenetica che, come sottolinea Lonardi, “vale più del portainnesto o della varietà”.
La svolta, però, è soprattutto concettuale. Petra torna ad essere un’azienda di tre vini: Petra, Quercegobbe, e Hebo. Niente più linee per il mercato, ma un messaggio chiaro e coerente, con un’identità che si distacca dal modello bordolese puro per abbracciare una visione di “vino di luogo”, fatta di autenticità e tipicità. Il primo passo è stato, infatti, definire con chiarezza la spina dorsale di Petra: tre vini organizzati secondo una gerarchia ispirata alla tradizione bordolese. Hebo che rappresenta la base, l’ingresso al mondo di Petra, diretto e territoriale. Quercegobbe, il secondo vino, che incarna il perfetto equilibrio tra struttura e freschezza. Petra, il primo vino, la vetta espressiva del progetto, sintesi di visione, selezione e profondità. Questa trilogia costituisce i tre pilastri del percorso enologico della cantina, un progetto che fonda la propria identità sulla coerenza stilistica e sulla valorizzazione delle “vigne di luogo”. Petra si estende su un territorio che parte dai 30 metri sul livello del mare slm e arriva ai 400 metri slm, è qui che sorge Montebamboli, balcone sulla Costa Toscana, luogo su cui Terra Moretti ha deciso di investire. Qui, i suoli acidi, le ghiaie galestrose e arenacee, ricche di minerali, sono alla base di vini freschi, agili e multidimensionali. Un luogo che incarna l’istinto avventuriero di Vittorio Moretti, che ha creduto in questo progetto (il cui lancio ufficiale è previsto il 10-11 luglio 2025 nell’evento “Coastal Influence”, mentre l’uscita del primo vino in settembre 2025, seguita nell’aprile 2026, dal debutto dei nuovi monovarietali) e oggi contribuisce significativamente alla lotta contro i problemi legati ai cambiamenti climatici.
Il lavoro in vigna è al centro di questa transizione. Marco Simonit, coinvolto per guidare l’evoluzione delle forme di allevamento, ha individuato a Petra una delle esperienze più singolari in Italia. “Non c’è scritto su nessun libro di viticoltura che una pianta possa essere un cordone e un guyot allo stesso tempo. Quello che stiamo osservando è un caso unico di architettura dinamica che riflette la storia e le condizioni del luogo”. La Costa Toscana, con la sua geologia complessa e la crescente pressione del cambiamento climatico, impone oggi nuove soluzioni. Petra risponde anche su questo fronte, con un ampliamento verso l’altitudine: a Montebamboli si stanno sviluppando nuovi impianti capaci di affrontare le sfide termiche dei prossimi decenni. Il confronto tra Petra e Montebamboli rivela differenze nette in termini di ventilazione, evapotraspirazione e temperature medie, fino a 4 gradi nei mesi estivi. In parallelo, si lavora anche su un’evoluzione stilistica dei vini, con una progressiva riduzione dell’uso del legno e un maggiore spazio al Cabernet Franc nei blend, per incrementarne vivacità aromatica e bevibilità. “C’è un tema di controllo del tannino - ha spiegato Lonardi - ma nelle ultime annate selezionate si percepisce una maturità esecutiva evidente, merito anche del lavoro dell’enologo Beppe Caviola, che ha condotto l’azienda verso un’espressività contemporanea”.
Ma il ruolo di Petra nel codificare un nuovo stile della Costa Toscana si concretizza nel farsi promotrice di un progetto più ampio: la griffe nel maggio 2026 ospiterà il Simposio n. 2 dei “Vini del Mediterraneo”, che, dopo il successo a Perelada, cantina-simbolo del Cava spagnolo, è un evento che riunisce le eccellenze vinicole delle regioni che si affacciano sul Mare Nostrum per promuovere la qualità dei vini mediterranei, valorizzarne l’identità e stimolare il dialogo tra tradizione e innovazione, con un programma scientifico e culturale d’altissimo livello, curato da un comitato consultivo internazionale, tra degustazioni tematiche, tavole rotonde, masterclass e momenti di confronto aperti al pubblico professionale, con una forte attenzione alla formazione, alla ricerca e alla sostenibilità.
Un riconoscimento al valore identitario della Costa Toscana, marchio che il Gruppo Terra Moretti, vuole rilanciare insieme ad altri produttori del territorio, dove “il mare è una presenza costante, visibile ogni mattina e determinante sul clima. È arrivato il momento di passare da un sogno nato trent’anni fa sull’onda del Sassicaia ad una nuova consapevolezza condivisa”.
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