
Piantare una vigna a Capoverde, al largo dell’Africa occidentale, per finanziare un ospedale: lo ha fatto Padre Ottavio Fasano, frate cappuccino del Convento di Racconigi (Cuneo), che, alla veneranda età di 79 anni, langarolo di origine, ha scelto di sostenere la missione che da 50 anni conduce nell’arcipelago, aiutando la popolazione locale, anche attraverso il vino. Il vigneto impiantato e la cantina costruita sull’isola di Fogo insieme ad un gruppo di enologi e agronomi di Langa producono 50.000 bottiglie l’anno, in un territorio alquanto impervio e difficile - 30 ettari di vigna a 700 metri, su un’isola vulcanica vicina all’Equatore dove dal 2013 a oggi sono scesi solo 8 millimetri di acqua - grazie alle quali sostiene, in parte, l’Ospedale di San Francesco che lui stesso ha costruito e inaugurato sull’isola, nel 2002, e le numerose attività della sua missione.
“Anni fa proprio in uno di quei momenti dove non c’era tanta luce mi è venuta un’idea e penso che qualcuno me l’abbia suggerita - racconta Padre Ottavio Fasano al quotidiano “Il Giornale” - io che sono di origine langarola, mia mamma è di Alba, ho pensato che piantare una vigna di buon rosso qui potesse essere una risorsa duratura e producendo vino avremmo potuto finanziare l’Ospedale di San Francesco. Ho radunato un po’ di miei amici enologi e ci siamo messi a studiare il terreno scegliendo dei vitigni del Sud dell’Italia perché più adatti. Poi abbiamo comprato a poche lire un paio di ruspe dismesse dall’Esercito, ma ancora ben funzionanti per dissodare il terreno e con Amses e Asde, le onlus (da lui fondate, ndr) che seguono i progetti di sviluppo nell’isola di Capoverde, abbiamo costruito una rete idrica di sei chilometri collegata all’acquedotto che garantisse un’irrigazione goccia a goccia. Oggi Vigna Maria Chaves produce 50.000 bottiglie di rosso l’anno che vengono imbottigliate, invecchiate, etichettate e imballate nella Cantina di Monte Barro e sono la principale fonte di sostentamento dell’Ospedale anche se non le possiamo vendere perché siamo una onlus. E nei prossimi anni la produzione aumenterà perché siamo solo all’inizio”.
I settori di attività interessati dal progetto vigna-cantina - promosso con partner come la Conferenza Episcopale Italiana (Cei), l’azienda Conterno Fantino e l’Enoconsult (fondata nel 1961 da Ezio Rivella), solo per citarne alcuni - sono diversi: dall’agricoltura al turismo, dalla formazione professionale alla creazione di una piccola industria del vino, che nel tempo sarà interamente gestito da professionalità capoverdiane. La prima vendemmia è stata effettuata nel 2012, e oggi la Cantina di Monte Barro produce vini come i rossi Pico do Fogo (da Muscatel rosso, Aleatico, Tempranillo e Touriga Nacional alle quali vengono aggiunte uve indigene coltivate nella Caldeira del Pico do Fogo a 1.800 metri), SanFilipe (da uve Muscatel rosso, Aleatico, Tempranillo e Touriga Nacional coltivate a piede franco sulle pendici del vulcano di Fogo, tra i 600 e i 900 metri), e San Tiago (da uve Muscatel rosso, Aleatico, Tempranillo, Touriga nazionale), accanto al bianco SantaLuzia (da uve Muscatel bianco, Chardonnay e Moscato) e ad un rosè, SanVicente (da uve Muscatel rosso, Tempranillo, Touriga nazionale, Aleatico). Anche l’attività della Cantina, come la vigna, ha la finalità di sostenere economicamente (attraverso donazioni) i progetti sociali promossi dall’Asde.
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