“Poca euforia, a Vinexpo, con un mercato piuttosto riflessivo, anche perché la Cina e l’Asia non sembrano più così disposte a continuare a “drogare” i prezzi dei grandi vini in maniera esagerata come negli ultimi anni. E un’affluenza di visitatori in calo, anche per le tante iniziative parallele promosse nel territorio di Bordeaux da oltre 300 Chateaux e da gruppi importanti con quello dello Champagne Roederer (uno dei più prestigiosi del mondo, con brande come Cristal, tra gli altri, ndr). Con i padroni di casa di Bordeaux, comunque, e ovviamente, assoluti protagonisti della fiera “di casa”, e con il resto del mondo ben presente, Italia in primis, con oltre 400 cantine, ma anche Spagna, Argentina, Brasile e così via, ma in ordine sparso”. Così Angelo Gaja, tra i produttori più autorevoli e ascoltati del vino italiano, commenta, a WineNews, l’edizione appena conclusa delle kermesse francese, considerata tra le più importanti del mondo del vino (e che nel 2014 oltre all’ormai storico appuntamento di Hong Kong, punterà ancora di più sui mercati asiatici con tappe in Cina e in Giappone). Con un bilancio non troppo positivo, in generale: “chi già esporta ed aveva preparato bene l’evento ha avuto buone opportunità ed incontri, ma il calo di affluenza in fiera di operatori internazionali, che era uno dei punti di forza dell’evento, c’è stato, anche perché tanti nomi importanti hanno fatto iniziative nelle proprie aziende del territorio o negli alberghi, negli stessi giorni, e questa è una tendenza sempre più contagiosa negli anni, da tenere in considerazione. E poi 5 giorni di fiera sono troppi, gli stand costano tanto, in città ci sono tariffe alberghiere da rapina e la gestione del traffico è quanto mai caotica, senza considerare che Bordeaux non è poi così semplice da raggiungere neanche in aereo: da molte parti del mondo c’è almeno uno scalo di troppo”. Tutto il contrario di Prowein di Dusseldorf, in Germania: “Vinitaly è un evento fortissimo per l’Italia, ma in prospettiva europea e mondiale la fiera tedesca sta crescendo tantissimo. Primo perché quello tedesco è un mercato in salute, in generale, e perché la Germania, a differenza di Francia e Italia, non è un Paese produttore importante. Poi perché ci sono davvero solo operatori professionali qualificatissimi, e anche per la logistica: gli alberghi non speculano nei giorni di fiera, i mezzi ci sono, il quartiere è facilmente raggiungibile. L’organizzazione è “tedesca”, nel senso più positivo del termine”.
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