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POCO PIÙ DI UN ANNO DI VITA, E IL CELEBERRIMO (O FAMIGERATO, A SECONDA DEI PUNTI DI VISTA) ARTICOLO 62 SUI TERMINI DI PAGAMENTO, VOLUTO DAL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE, POTREBBE ESSERE STATO ABROGATO DAL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO ...

Poco più di un anno di vita, e il celeberrimo (o famigerato, a seconda dei punti di vista) articolo 62 sui termini di pagamento dei prodotti agricoli, voluto fortemente dal Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania, potrebbe essere di fatto stato “cancellato” dal parere del Ministero delle Sviluppo Economico, guidato da Corrado Passera.
Secondo la risposta del Mise ad un quesito di chiarimento posto da Confindustria, firmata dal Capo dell’Ufficio Legislativo Raffaello Sestini, in sostanza, con il decreto legislativo 192 del 9 novembre 2012, in attuazione della direttiva 2011/7/UE in materia di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, “è stata introdotta, attraverso una modifica del precedente decreto legislativo in materia (decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231), ed in anticipo rispetto al termine di recepimento fissato dalla medesima direttiva (16 marzo 2013), una più organica disciplina di contrasto ai ritardi nei pagamenti che riguarda, in generale, tutti i contratti a far data dal l gennaio 2013 ed è più stringente rispetto alla precedente disciplina di cui al citato decreto legislativo n. 231/2002 e, al contrario della precedente disciplina, non più compatibile con le previsioni di cui all’articolo 62” (introdotto con il decreto legge n. 1 del 24 gennaio 2012, e convertito con modificazioni nella legge 27 del 24 marzo 2012, ndr).
In sostanza, la nuova disciplina supera per portata quella dell’articolo 62, e lo rende incompatibile e inapplicabile, per gerarchia temporale e istituzionale delle fonti di legge (l’articolo 62 è di carattere strettamente nazionale, il decreto 192 recepisce direttamente una direttiva europea). Ciò non toglie che i termini di pagamento a 60 giorni restano, ma diventerebbe più semplice la normativa in alcune parti. Si affermerebbe con chiarezza che previo accordo tra le parti, non evidentemente svantaggioso per una delle due, il limite di 60 giorni dei pagamenti potrebbe essere superato, come pure potrebbe essere superata, sempre salvo accordo, l’esigibilità obbligatoria degli eventuali interessi, e che i 60 giorni si calcolerebbero comunque dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura.
“In conclusione - si legge - ad avviso dell’Ufficio legislativo del Ministero dello Sviluppo Economico, l’articolo 62, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. l, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, è stato abrogato tacitamente ed oggi non è più in vigore. Di conseguenza, neppure possono altresì trovare applicazione i successivi commi 7, 8 e 9 del medesimo articolo (gli ultimi due, limitatamente al riferimento alla fattispecie di cui al comma 3), in quanto concernono sanzioni ormai prive della relativa fattispecie, alla stregua dei principi costituzionali di legalità e riserva di legge”. Parola fine, dunque?
Neanche per sogno. Secondo il Ministero delle Politiche Agricole, che sta preparando una comunicazione ufficiale in materia, che con buona probabilità sarà divulgata dopo Pasquetta, spiegano dall’Ufficio Stampa, il sostanza l’articolo 62 è tutt’ora vigente. Ma le organizzazioni di categoria, dalle più favorevoli alle più contrarie, chiedono immediati chiarimenti.
“Un fatto assurdo sul piano politico, istituzionale e giuridico”. Così la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori etichetta il parere dell’Ufficio legislativo del ministero dello Sviluppo economico. “La Cia è sorpresa e allibita da un comportamento del genere, peraltro avvenuto in un difficile momento politico e alla fine di un governo tecnico, di cui due ministri hanno sempre sbandierato l’articolo 62 come una grande conquista per regolare i termini di pagamento dei prodotti alimentari. Siamo, quindi, in presenza di una posizione arbitraria e completamente fuori luogo. Per questo motivo è indispensabile l’immediato intervento chiarificatore dei responsabili (Passera e Catania) dei ministeri dello Sviluppo economico e delle Politiche agricole. La Cia ricorda che l’importante e innovativa norma relativa all’articolo 62 è stata frutto di un lunga e complessa concertazione. Con essa si è, infatti, corrisposto a una richiesta avanzata da tempo da tutto il mondo agricolo per riequilibrare i rapporti commerciali e contrattuali all’interno delle filiere agroalimentari. E certo non può essere il parere tecnico a rimettere tutto in discussione. E’ vero che oggi nel nostro Paese può succedere di tutto, ma questo ci sembrerebbe veramente troppo”.

Focus - La risposta del Ministero dello Sviluppo Economico al quesito di Confindustria
Al riguardo, acquisite le concordanti osservazioni del competente Dipartimento di questo Ministero, si fa presente quanto segue:
- la disposizione dell’articolo 62, entrata in vigore il 24 ottobre 2012, nel dettare una disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, prevede al comma 3, termini di pagamento del corrispettivo, rispettivamente entro il termine legale di trenta giorni per le merci deteriorabili e di sessanta giorni per tutte le altre merci. Lo stesso comma stabilisce, altresì, la decorrenza degli interessi dal giorno successivo alla scadenza del termine, con maggiorazione di ulteriori due punti percentuali;
- inoltre, l’articolo 62, rispettivamente ai commi 7 e 8, stabilisce un sistema di sanzioni amministrative e pecuniarie per la violazione da parte del debitore dei termini di pagamento stabiliti al comma 3 e affida all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato la vigilanza sull’applicazione della disciplina e l’irrogazione delle relative sanzioni; con successivo decreto del 19 ottobre 2012, n. 199, del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, si è data attuazione al citato articolo 62, disciplinando, per quanto concerne i termini di pagamento, le modalità di emissione della fattura e i criteri di determinazione della data di ricevimento della fattura, ai fini del calcolo degli interessi dovuti dal debitore in caso di ritardo di pagamento; anche l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato è intervenuta in materia disciplinando con uno specifico regolamento le procedure istruttorie di competenza;
- con il successivo decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, di attuazione della direttiva 2011/7/UE in materia di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, è stata introdotta, attraverso una modifica del precedente decreto legislativo in materia (decreto legislativo 9 ottobre 2002, n.231 ), ed in anticipo rispetto al termine di recepimento fissato dalla medesima direttiva (16 marzo 2013), una più organica disciplina di contrasto ai ritardi nei pagamenti che riguarda, in generale, tutti i contratti a far data dal l gennaio 2013 ed è più stringente rispetto alla precedente disciplina di cui al citato decreto legislativo n. 231/2002 e, al contrario della precedente disciplina, non più compatibile con le previsioni di cui all’articolo 62;
- la normativa da ultimo intervenuta ha, dunque, in linea con quanto previsto dalle nonne europee, dettato una disciplina generale in materia di termini di pagamento per tutte le transazioni commerciali, operando, inoltre, diversamente dal passato, una chiara distinzione, rispettivamente, per i contratti tra imprese e per quelli tra imprese e pubbliche amministrazioni; il termine di pagamento, dal quale decorrono gli interessi moratori, è stato fissato di regola in 30 giorni sia tra imprese, sia tra Pubblica Amministrazione e imprese ma, mentre il termine di pagamento tra privati e Pubblica Amministrazione non può essere comunque superiore a sessanta giorni, nemmeno nei casi specifici considerati come possibile deroga alla regola generale, il termine di pagamento tra imprese può essere facoltativamente derogato dalle parti che possono portarlo a 60 giorni o anche superare i 60 giorni, se ciò è pattuito espressamente e non è gravemente iniquo per il consumatore; la disciplina de qua, recependo fedelmente le previsioni della citata direttiva europea, inoltre, ha espressamente ed analiticamente disciplinato i residui aspetti relativi alle conseguenze delle eventuali deroghe pattizie e dell’eventuale ritardo di pagamento, e, a tal fine, ha inoltre innalzato il tasso degli interessi legali di mora, ha previsto la corresponsione di una somma forfettaria di 40 euro, volta a rimborsare i costi amministrativi ed interni di recupero del credito, che si cumula agli interessi di mora, ed ha previsto la nullità, se gravemente inique, delle clausole relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi muratori e al risarcimento dei costi di recupero, considerando ex lege gravemente inique, senza ammettere prova contraria, le clausole che escludono il diritto al pagamento degli interessi di mora e quelle relative alla data di ricevimento della fattura e presumendo, invece, gravemente inique quelle che escludono il risarcimento dei costi di recupero;
- al contrario, l’articolo 62, di esclusiva matrice nazionale, s’inquadrava nella previgente disciplina, anch’essa di derivazione europea, che giustificava termini più lunghi di pagamento (60 giorni) per talune categorie di contratti, quale poteva essere il caso dei prodotti alimentari deteriorabili; la nuova direttiva europea ha, invece, eliminato tale previsione e, inoltre, nella riscrittura dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 231/2002, operata con il decreto legislativo n. 192/2012, non è stata, comunque, riproposta la definizione di “prodotti alimentari deteriorabili”, né è stata fatta esplicitamente salva la disciplina diversa prevista dall’articolo 62 per tale tipo di prodotti;
- non sembra, quindi, che possa trovare spazio una disciplina derogatoria per talune tipologie di transazioni commerciali, dovendosi applicare la disciplina europea di cui alla direttiva 2011/7/UE anche per le transazioni commerciali per i prodotti agricoli e agroalimentari che deve necessariamente prevalere sulle difformi e incompatibili previsioni nazionali;
- in altri termini, la recente normativa nazionale, di fedele trasposizione della nuova direttiva europea in materia di ritardi di pagamento, fa riferimento alla totalità delle ‘”transazioni commerciali”; la nuova direttiva europea ha innovato la normativa vigente, sia per l’aspetto inerente i termini di pagamento che per l ‘aspetto delle conseguenze pecuniarie del ritardo, introducendo anche il rimborso di una somma forfettaria a copertura dei costi amministrativi ed interni di recupero del credito;
- ciò considerato, a parere di questo Ufficio, occorre fare ricorso al criterio generale previsto nelle disposizioni preliminari al Codice Civile, secondo le quali una successiva disciplina generale, estesa ad un’intera materia, che non reca eccezioni e che non fa salve eventuali norme speciali precedenti, si sovrappone anche alle precedenti eccezioni, determinando la tacita abrogazione della precedente disciplina speciale, che viene così integralmente sostituita dalla nuova normativa generale;
- d’altro canto, si osserva altresì che la nuova normativa è, come detto, di diretta derivazione della disciplina europea armonizzata che deve considerarsi ormai in vigore (essendo stata recepita dal citato decreto legislativo n. 192/2012) e che sul punto pone misure prive di alternative, di condizioni e di margini discrezionali di apprezzamento, senza prevedere alcuna possibilità di introdurre deroghe o eccezioni nazionali, né il legislatore nazionale, all’atto di recepimento ha posto alcuna (illegittima) eccezione o deroga. Di conseguenza, eventuali precedenti disposizioni nazionali incompatibili con la nuova normativa comunitaria che dovessero ritenersi ancora in vigore, dovrebbero considerarsi illegittime sotto il profilo delle fonti di diritto europeo e dovrebbero quindi essere disapplicate dai giudici e dagli uffici della pubblica amministrazione;
- conseguentemente, sia in applicazione del generale criterio della successione delle leggi nel tempo, sia in applicazione del criterio di prevalenza del diritto europeo su norme nazionali incompatibili, si può ragionevolmente ritenere che la disciplina in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali in materia di cessione dei prodotti agricoli e alimentari di cui all’articolo 62 in questione, sia stata tacitamente abrogata da quella successiva più generale, di derivazione europea, introdotta dal decreto legislativo n. 192/2012, fermo restando che, in caso contrario, la medesima disciplina di cui all’articolo 62 dovrebbe, in ogni caso, essere disapplicata per contrasto con il sopravvenuto diritto europeo.
In conclusione, ad avviso dell’Ufficio legislativo del Ministero dello sviluppo economico, l’articolo 62, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. l, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, è stato abrogato tacitamente ed oggi non è più in vigore. Di conseguenza, neppure possono altresì trovare applicazione i successivi commi 7, 8 c 9 del medesimo articolo (gli ultimi due, limitatamente al riferimento alla fattispecie di cui al comma 3 ), in quanto concernono sanzioni ormai prive della relativa fattispecie, alla stregua dei principi costituzionali di legalità e riserva di legge.

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