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PRIMO COMPLEANNO DI TERRAZZE DELL’ETNA ... PER NINO BEVILACQUA, INGEGNERE IN VIGNA, PER FARE VINO CI VUOLE “INCOSCIENZA RAZIONALE” E È INSIEME CULTURA, INVESTIMENTO, RELAZIONI. E L’ENOLOGO COTARELLA CONFESSA QUANTO SI STA DIVERTENDO SULL’ETNA

Italia
Il paesaggio etneo

“Non pensare solo a vendere, ma nemmeno concentrarsi soltanto sul prodotto”. Quello di Nino Bevilacqua è uno sguardo ancora fresco sul mondo del vino, da appassionato che si è voluto cimentare anche nella produzione, affiancando alla costruzione di grandi infrastrutture nel settore dei trasporti la creazione di una azienda vinicola sull’Etna, nata nel 2008 a Randazzo, che ha appena festeggiato un anno dal suo debutto sul mercato.

Un professionista di successo, che è voluto “entrare nella storia del vino - spiega l’ingegnere - mi ha attratto tutta la cultura, la storia, e la complessità anche tecnologica che c’è dietro. Inoltre - continua - da sempre ho, allo stesso tempo, una grande passione per il recupero e la naturalità. E mi affascina tutto ciò che porta alla realizzazione di un prodotto d’eccellenza e la creazione di un marchio”. Così Bevilacqua ha iniziato nel 2008 a mettere insieme una trentina di piccole proprietà, a ripristinare vecchi terrazzamenti e vecchie vigne, impiantarne di nuove, a ristrutturare i vecchi rustici per farne bottaie, a trasformare un brutto capannone industriale in una cantina dall’aspetto oggi raffinatamente minimalista, che richiama per forma e colore la scatola dei suoi vini, marrone come la terra, che è stata inaugurata in occasione del “primo compleanno” di Terrazze dell’Etna lo scorso fine settimana. E’ adesso è la volta del recupero di un altro angolo di storia, un vecchio palmento a 900 metri.

Incoscienza e tanta passione per iniziare, perché altrimenti non si investirebbe in una simile impresa, “ma anche analisi economico-finanziare ben fatte. Ho iniziato per passione, solo per ragioni economiche non l’avrei fatto- continua a raccontare - il vino è sacrificio, presenza fisica assidua, ritorno dell'investimento nel medio-lungo periodo, ma poi il prodotto ripaga di tutto. Volevo fare vino ed entrare in un processo culturale, ma il bilancio deve essere almeno in pareggio - avverte Bevilacqua - si tratta sempre di un’azienda e come tale va rispettata. Bisogna stare attenti a non farsi macinare dalle proprie passioni”.

Entrato, quindi, nel mondo del vino con quella iniziale “incoscienza razionale” che nella vita, sostiene, ci vuole sempre, Bevilacqua racconta di avervi incontrato principalmente di tipologie di imprenditori: quelli che hanno come obiettivo il business, vendere, l’economia, e tutto il resto viene dopo, è solo un contorno. E poi ci sono quelli che hanno come obiettivo il prodotto, il processo, l’operazione culturale, e la parte economica è trascurata. Bevilacqua con la sua azienda “Terrazze dell’Etna” vuole stare in mezzo a questi due estremi.

E nel fare un primo bilancio dell’investimento aggiunge: “è anche un ambiente dove è più facile incontrare bella gente, si vengono a creare relazioni interessanti come in pochi altri contesti”. Insomma il vino per lui è cultura, investimento, relazioni. Il suo prodotto per eccellenza è un Etna Rosso, il Cirneco, dal nome dell’antichissima razza di cani dell’Etna, un nerello mascalese in purezza realizzato con la consulenza di Riccardo Cotarella. L’enologo umbro segue anche la produzione di un Brut rosè da pinot noir e un Brut da chardonnay, ma sta per uscire “Cratere”, un blend paritario di mascalese e petit verdot, “internazionale che sull’Etna si esprime benissimo” spiega Cotarella. Allo studio anche un bianco ottenuto pure da nerello mascalese. E già avviata una grande sfida, “un Etna Pinot Noir”, dove volutamente la parola Etna precede il nome del vitigno perché per Cotarella il vino è fatto innanzitutto dal territorio e sull’Etna ciò è più evidente che in qualsiasi altro posto. “Qui mi sto divertendo particolarmente - confessa Cotarella - questo è un altro pianeta. E qui voglio fare il vino che tutti sognano fare: un grande Pinot noir”.

“Il buon vino lo fanno il produttore e l’enologo insieme - conclude l’ingegnere-professore-vignaiolo Nino Bevilacqua - gli enologi lavorano bene solo quando si crea un sentimento di complicità con il proprietario. Cotarella qui sperimenta in totale autonomia e io condivido passo passo il suo lavoro”. In uno dei vecchi ruderi ristrutturati, in barrique di secondo passaggio, sta già maturando e affinando un Etna Pinot Noir della vendemmia 2011 riconoscibilmente varietale ma soprattutto dalla inconfondibile mineralità vulcanica. Intorno alla bottaia che racchiude il pinot noir scorazza felice Astor, il cane cirneco di Bevilacqua, “il nerello mascalese resterà comunque sempre - chiosa l’ingegnere - il vitigno principe dell’azienda”.

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