Una statua abbattuta davanti alla sede del Consiglio Europeo Ue, i trattori, a migliaia, che “assediano Bruxelles”, mentre va in scena il Consiglio Europeo, con i diversi Capi di Stato dei 27 Paesi membri (il tema centrale è il nuovo pacchetto all’Ucraina, ndr). Intanto, in Francia, gli agricoltori in protesta stanno creando disagi forti a molte catene della Grande Distribuzione Organizzata, con centinaia di supermercati bloccati, soprattutto in Alta Loira, considerate dai manifestanti “nemiche” al pari dell’Unione Europea, mentre in Italia la protesta continua ad invadere strade e caselli, per ora, in modo pacifico. Intanto, a Bruxelles, si protesta contro il “Green Deal”, con roghi, lanci di petardi e bottiglie, tanto che la Polizia ha dovuto disperdere i manifestanti con gli idranti. “La violenza non è mai giustificata, per nessuna ragione. Le manifestazioni democratiche e pacifiche della grandissima parte degli agricoltori vanno rispettate. Quando c’è violenza, invece, è un problema”, ha commentato il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, a margine di un evento al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, interpellato rispetto agli atti di violenza a Bruxelles nella nuova manifestazione degli agricoltori. Con Lollobrigida che, via social, ha aggiunto: “negli ultimi anni c’è chi l’ha fatto solo a parole, andando in Europa a prendere ordini e chi, invece, è andato in Europa per dettare la linea e contro il cibo sintetico e anni di follie “green” che hanno messo in ginocchio il nostro comparto agricolo, il nostro settore primario”.
“Tutto sbagliato, tutto da rifare”, è il laconico commento dell’europarlamentare della Lega e membro del gruppo Id, Gianantonio Da Re, che ha aggiunto: sto dalla parte degli agricoltori. Con le sue euro-follie, Bruxelles sta mettendo in ginocchio i nostri produttori ed è inaccettabile. Possibile che la stessa Europa che dovrebbe sostenere chi lavora la nostra terra arrivi, invece, al punto di doversi difendere con il filo spinato?”, ha detto ancora l’europarlamentare, evocando un’immagine decisamente macabra.; “Non posso riconoscermi in una Unione Europea che impone sanzioni al mondo dell’agricoltura e, nel frattempo, favorisce l’uso di farine di insetti e carne sintetica. Forse il Parlamento di Bruxelles dovrebbe incentivare la produzione dei nostri prodotti e spendere meno soldi per le bombe”.
“Dico agli agricoltori che sono fuori: vi vediamo e vi ascoltiamo. Se volete che la vostra voce venga ascoltata, fatela sentire anche a giugno, alle elezioni per il Parlamento europeo”, ha dichiarato la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, al suo arrivo al vertice straordinario a Bruxelles. “Dobbiamo ascoltare di più e, dal momento che stiamo entrando nella campagna elettorale, comprendere che ci sono settori che non abbiamo ascoltato abbastanza. E penso sia nostra responsabilità dirlo, incoraggiare tutti a votare a giugno alle elezioni europee e comprendere che se ci sono frustrazioni rispetto ai nostri processi o se non abbiamo comunicato abbastanza o non abbiamo consultato abbastanza, dobbiamo dirlo. Penso che dovremmo essere onesti con i nostri cittadini”, ha aggiunto.
“Non si riescono a fare riforme di carattere ambientale se non si coinvolgono coloro che gestiscono il 70% dei territori europei. Bisogna renderli protagonisti, non imputati. Bisognerebbe riconoscere tutto ciò che hanno fatto gli agricoltori europei e gli italiani in particolare. Sono stati ridotti: l’uso della chimica, degli antibiotici, le emissioni di Co2”, ha ricordato, dal canto suo, ieri, Paolo De Castro, europarlamentare, ex Ministro delle Politiche Agricole e membro di lungo corso della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo.
Ma quella che qualcuno ha ribattezzato come “la rivolta dei gilet verdi” prende corpo in Francia, Belgio Germania, Est Europa, Grecia, Spagna e così via, con rivendicazioni comuni: redditi e aiuti più alti, no ai rigidi paletti del Green Deal, tutele dagli eventi climatici estremi, dal caro energia, dalle epidemie come l’aviaria e dalla concorrenza sleale del resto del mondo.
Una protesta, quella degli agricoltori, che non sembra fermarsi. E che in Italia divide anche manifestanti che si sono aggregati intorno a movimenti paralleli ed anche in aperto contrasto con “i sindacati” ufficiali, e quelli coordinati dalle organizzazioni come Coldiretti e Confagricoltura. “Fallito miseramente il tentativo andato in scena a Verona di falsi colloqui tra il Ministro Lollobrigida con altrettanti falsi rappresentanti della mobilitazione agricola. Adesso è in atto un’altra commedia che vede la Coldiretti fingere di schierarsi dalla parte della protesta con un viaggio a Bruxelles che non è altro che una gita turistica per andare a trovare gli amici oppressori del comparto agroalimentare. Dopo undici giorni di mobilitazione il C.R.A (Comitati Riuniti Agricoli) registra nuove adesioni e consensi da ogni parte d’Italia. Si andrà avanti così senza cedere di un centimetro e con un solo obbiettivo: restituite dignità agli italiani e la storica sovranità alimentare per fare rinascere tutta l’economia”, si legge sul profilo Facebook del C.R.A (Comitati Riuniti Agricoli).
“Chiediamo che sull’import ci sia un netto stop all’ingresso di prodotti da fuori dei confini Ue che non rispettano i nostri stessi standard. Non possiamo più sopportare questa concorrenza sleale, che mette a rischio la salute dei cittadini e la sopravvivenza delle imprese agricole”, commenta invece il presidente Coldiretti Ettore Prandini. Sugli accordi commerciali occorre garantire il principio di reciprocità e in tale ottica è positivo l’annuncio della Commissione Ue sul fatto che “non sono soddisfatte le condizioni” per raggiungere un accordo commerciale con i Paesi del Mercosur, il mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Una scelta che segue la denuncia Coldiretti in Italia e Fnsea in Francia sulla concorrenza sleale provocata dalle gravi inadempienze di molti Paesi sudamericani sul piano della sostenibilità delle produzioni agroalimentari con rischi per l’ambiente, la sicurezza alimentare e lo sfruttamento del lavoro minorile evidenziato dallo stesso dipartimento del lavoro statunitense”. Coldiretti chiede di tornare a investire nella sovranità e nella sicurezza alimentare europea assicurando più fondi alla Politica agricola comune dopo che la pandemia e le guerre hanno dimostrato tutta la fragilità dell’Unione Europea davanti al blocco del commercio mondiale, ma anche la difficoltà del sistema produttivo sconvolto dalla violenza dei cambiamenti climatici, per proteggersi dai quali servono investimenti adeguati nella difesa attiva e passiva. “Dobbiamo aumentare gli investimenti in agricoltura - ha continuato Prandini - garantendo più sostegni ai giovani per il ricambio generazionale nel nostro settore. Senza ragazze e ragazzi in agricoltura, l’Europa sarà più fragile e dipendente dalle importazioni. Serve la cancellazione dell’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni destinati a seminativi imposto dalla Politica Agricola Comune (Pac) per invertire la rotta rispetto alle follie dell’Unione Europea - ha rilevato Prandini - poiché non ha senso impedire agli agricoltori di non coltivare quote dei loro terreni, quando poi si è costretti ad importare, come sosteniamo da anni, una delle eredità della folle era Timmermans con il quale ci siamo confrontati molto duramente, unici in Europa, aprendo una breccia. In occasione della crisi Ucraina avevamo ottenuto una deroga, la nuova bozza di deroga che la Commissione sta proponendo va corretta perché contiene troppi vincoli. È ora che l’obbligo venga eliminato definitivamente”. “Ma l’Europa deve sostenere anche gli accordi di filiera per costruire mercati più equi - ha spiegato il presidente Coldiretti - con una più giusta distribuzione del valore e più trasparenti per i consumatori. La nuova Politica agricola comune dovrà incentivare questo modello che rafforza i rapporti tra produzione, trasformazione e commercializzazione, anche per contrastare le pratiche sleali. Al Presidente Meloni chiediamo di continuare a tutelare gli agricoltori italiani - ha sottolineato Prandini - portando in Europa le nostre ragioni. Serve un cambio di passo rispetto al recente passato. Non ci può essere più spazio per politiche ideologiche che hanno penalizzato gli agricoltori, mettendo a rischio tante filiere anche nel nostro Paese. L’Europa deve investire nella propria autosufficienza alimentare, respingendo modelli omologanti come quelli del cibo artificiale e riconoscendo il ruolo di presidio dell’ambiente che le imprese agricole svolgono ogni giorno. La nostra battaglia in Europa continuerà in maniera forte e continuativa con proposte per il futuro degli agricoltori”.
Per Confagricoltura, invece, “la protesta che si sta svolgendo in questi giorni va ricondotta a un dibattito istituzionale che, come Organizzazione, ci vede impegnati ogni giorno ad ogni livello, in Italia e in Europa”, ha detto ieri il presidente Massimiliano Giansanti, a Fieragricola, che ha consegnato un documento al Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida. “La protesta degli agricoltori rappresenta un malessere diffuso che è il punto cardine che impegna la Confederazione sui grandi temi di interesse per le imprese del settore. Le Istituzioni, soprattutto europee - spiega il presidente Giansanti - conoscono perfettamente la nostra posizione che non abbiamo esitato a rimarcare in ogni occasione pubblica, presentando proposte di miglioramento alle attuali norme. Abbiamo la certezza che il dibattito nelle sedi opportune, e in questo caso Unione Europea, ci aiuti a ottenere risultati concreti”.
Il tema della Pac (Politica Agricola Comune), su tutti, ricorda Confagricoltura, è centrale: “la nostra posizione, a tal proposito, è stata di natura strategica: abbiamo fin da subito dichiarato che gli accordi raggiunti hanno portato a una riforma non solo estremamente complessa, ma soprattutto inadeguata alle reali esigenze di produttività e competitività delle imprese agricole. La Pac resterà in vigore fino a tutto il 2027. Confagricoltura sta lavorando con il Parlamento e la Commissione Ue e con il Ministero dell’Agricoltura, che ha istituito, su nostra richiesta, due tavoli di confronto per concordare le opportune modifiche. Già venerdì prossimo è convocato al Ministero dell’Agricoltura un tavolo tecnico per definire una proposta unitaria da sostenere in Europa. È un segno tangibile del lavoro svolto, in linea con quanto Confagricoltura ha sempre sostenuto”. Tutte le iniziative in programma nei prossimi giorni approfondiranno queste tematiche che culmineranno il 26 febbraio con l’assemblea straordinaria Confagricoltura a Bruxelles.
A dire la sua, intanto, è anche Confeuro, che si annuncia come “la Confederazione degli Agricoltori Europei e del Mondo”. “Mentre la protesta di settore, in queste settimane, è cresciuta forte e coesa, la Commissione Europea ha proposto di consentire agli agricoltori degli Stati membri di avvalersi di deroghe per l’anno 2024 dalle disposizioni della Politica Agricola Comune (Pac) che li obbligano a conservare determinate zone non produttive. A giudizio di Confeuro, la deroga al 4% che la Commissione intende varare - commenta Andrea Tiso, presidente Confeuro - è sicuramente un passo positivo ma per quanto ci riguarda risulta essere ancora insufficiente, una sorta di palliativo che purtroppo non risolve le problematiche e le criticità che hanno travolto gli agricoltori negli ultimi anni. Per noi, infatti, il punto cardine deve essere in primis la redditività. Se non riconosciamo a chi produce la giusta remunerazione non risolveremo mai il problema. Innanzitutto è necessario intervenire sulla gestione dei flussi internazionali dei prodotti agricoli, sulla concorrenza dei prodotti extracomunitari, e sul braccio di ferro con la Gdo. Bisogna interrogarsi, inoltre, su come tutelare le aziende agricole italiane ed europee in questi ambiti. E’ senz’altro giusto pretendere dai nostri agricoltori alimenti sani e salubri nonché coltivati con metodi sempre più “agroecologici”, ma dobbiamo assolutamente pensare oggi a come tutelare il loro reddito, a trovare soluzioni realmente concrete che risollevino definitivamente dalla crisi economica le piccole e media imprese di settore. E, conditio sine qua non, la Politica AgricolaComune (Pac) deve sostenere il costo di questa transizione, aumentando innanzitutto la quota di bilancio europeo, destinata al comparto, nella convinzione maturata che, se la salute è diritto prioritario, ciò che mangiamo ne è parte integrante”.
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