La Cina è il mercato del futuro per l’export enoico, seguita da Giappone, Hong Kong, Paesi Scandinavi, Usa e Canada, e a dirlo sono i protagonisti dell’industria internazionale del vino (2.400 tra produttori, esportatori, importatori, retailer, convinti, nell’82% dei casi, che il commercio enoico continuerà a crescere), come emerge dal ProWein Business Report 2018 firmato dall’Institute of Wine and Beverage Business Research della Geisenheim University, e presentato a Shanghai alla vigilia della tappa cinese della fiera enoica di Düsseldorf, di scena da domani al 15 novembre, con decine di griffe italiane protagoniste di masterclass e degustazioni guidate dall’associazione dei sommelier tedeschi, la De.Sa., guidati da Sofia Biancolin. A far salire la Cina dalla posizione n. 9 del 2017 alla prima del domani sarà principalmente la domanda crescente delle importazioni con incrementi importanti e crescenti sia in termini di volumi che di valori, specialmente da Australia, Francia e Cile. Da sottolineare anche le crescite di Giappone (dalla posizione n. 6 alla n. 2), Canada ed Australia, che entrano nel “G7” dei mercati del vino, mentre Usa e Scandinavia si confermano sui livelli del passato.
Se il Report 2017 indicava Russia, Cina e Brasile come i Paesi più attraenti per il mercato del vino, previsione parzialmente avveratasi, ma sempre soggette ad instabilità politiche ed economiche (specie in Russia e Brasile), da qui al 2021 le speranze di crescita sono attese principalmente in Cina, Sud Corea e Polonia, seguite da Russia, Hong Kong, Giappone ed Australia, con Canada ed Usa a chiudere la classifica. Quando si parla di attrattività, è bene sottolinearlo, concorrono diverse dinamiche, dalla crescita economica alle tendenze di consumo e di mercato, per questo, se da una parte l’Asia mostra il potenziale maggiore, dall’altra parte la Gran Bretagna, che a marzo 2019 lascerà il mercato unico europeo, è in assoluto il mercato indicato come il meno promettente, persino davanti a Francia e Italia, che da Paesi produttori, per loro stessa natura, non sono certo il target naturale per chi esporta e commercia vino. In questo senso, a prescindere dalle potenzialità, interessante è anche la percezione del rischio che ogni Paese porta con sé: Cina, Russia, Brasile, Gran Bretagna ed Italia, sono considerati infatti i più instabili, per motivazioni squisitamente economiche e politiche, come il centralismo cinese, la fragilità della democrazia brasiliana, la Brexit, l’economia russa, la minaccia del Governo sovranista italiano alla stabilità dell’Europa.
Ma quali sono invece i mercati emergenti, pronti a farsi largo nei prossimi 5 anni? È ancora verso Oriente che si dovrà guardare, a Singapore, Repubblica Ceca e Taiwan, un podio di Paesi piuttosto semplici da approcciare, almeno in termini burocratici ed economici. Quindi ci sono gli Emirati Arabi, sempre più interessati all’enogastronomia di livello, ma ci si aspetta molto anche dea economie che stanno letteralmente correndo, come Vietnam, India, Thailandia, Malesia, Filippine ed Indonesia, nonostante diversità culturali che certo non agevolano il mondo del vino. Per gli operatori italiani, sul podio ci sono Singapore, Taiwan e Repubblica Ceca, proprio come per i colleghi francesi e spagnoli.
Detto dove produttori ed esportatori vorrebbero andare nei prossimi anni, diventa fondamentale conoscere che vini vorrebbero vendere i retailer in giro per il mondo. Innanzitutto, il 49% di loro ha intenzione di allargare la propria offerta a territori e denominazioni diverse, specie di Portogallo, Sud Africa, Argentina, Usa, Australia, Spagna , Austria, Nuova Zelanda, Cile, Germania, Grecia, Slovenia. Mancano, dalle prime posizioni, Francia e Italia, aspetto che salta subito all’occhio ma che ha una sua ragione ben precisa: la presenza di etichette dai due leader mondiali del vino è già molto ricca. Segmentando il mercato per grandi aree, e sottolineando l’importanza della prossimità geografica, la Scandinavia guarda principalmente a Spagna, Sudafrica e Germania, l’Europa Centrale a Portogallo, Sudafrica e Slovenia, la Germania a Portogallo, Argentina e Sudafrica, l’Est Europa a Nuova Zelanda, Germania ed Australia, il Sud Europa a Sudafrica, Australia ed Usa ed il Nord America a Spagna, Cile Nuova Zelanda.
Un capitolo a sé merita l’e-commerce, che con il vino ha da sempre un rapporto complesso. Il 75% dei produttori vende il proprio vino online, ma la percentuale di volumi sulle vendite raggiunge a mala pena il 5%. Diverso il lato retail, con il 40% di rivenditori presente anche sul web per una quota di vendite del 28%. Allo stesso tempo, solo il 20% dei produttori si appoggia a piattaforme specializzate in vendite online, come Amazon, o di settore come Tannico. E per il futuro? Difficile prevedere come andrà, di certo il numero di e-shop crescerà, ma per i produttori non sembra una priorità, specie a fronte di investimenti che difficilmente si ripagano. A riassumere la situazione attuale e tratteggiare il quadro futuro, sono le aspettative del mondo produttivo, che mostrano diversità importanti: i più ottimisti sono i piccoli produttori, mentre i grandi non si aspettano una crescita spettacolare da qui al prossimo anno, con le cooperative che mostrano invece, almeno in senso generale, un pessimismo preoccupante. Per quanto riguarda i produttori dei diversi Paesi, invece, sono gli italiani, e di gran lunga, i più ottimisti.
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