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RACCOLTA 2019

Qualità e profili aromatici importanti: la vendemmia (d’altri tempi) dei bianchi top del Belpaese

I protagonisti a WineNews: dal Soave al Verdicchio, dal Friuli alla Sicilia, dalla Sardegna all’Umbria, da Bolgheri a Gavi, dal Lugana all’Alto Adige

Una vendemmia d’altri tempi, difficile da paragonare con le più recenti, almeno per ora, con le uve a bacca bianca quasi tutte raccolte, ed in molti casi già nel clou della fermentazione nelle cantine dei principali territori a vocazione bianchista del Belpaese. Con diversi elementi ad accomunare il Collio ed il Soave, Gavi ed il Verdicchio, la Lugana e la Sardegna, Bolgheri e l’Umbria, l’Alto Adige e la Sicilia. Prima di tutto l’andamento stagionale, che in vigna ha portato le lancette del tempo indietro di almeno un paio di decenni: il freddo del mese di maggio, infatti, ha bloccato le maturazioni delle uve, ritardando i tempi di un paio di settimane o più rispetto agli ultimi anni, con la raccolta che in alcuni territori, come l’Etna ed il Friuli, non ancora conclusa. E poi un’estate non eccessivamente calda, capace di garantire escursioni termiche importanti, ha portato in cantina uve, perfette da un punto di vista sanitario, con buone acidità, in equilibrio con gli zuccheri. Calano le quantità, sia in vigna che in cantina: grappoli generalmente più piccoli ed acini dalla buccia particolarmente spessa offrono rese inferiori alla media, ma non sembra un problema, specie a fronte di un’annata 2018 persino eccessiva, che ha portato ripercussioni negative in termini di prezzi medi. Ecco il panorama della vendemmia 2019, raccontato a WineNews dai suoi protagonisti, ossia da alcuni dei produttori simbolo dei principali territori e delle più importanti denominazioni bianchiste italiane: da Cantina di Soave a Gini nel Soave, da Venica & Venica nel Collio a Zorzettig nei Colli Orientali del Friuli, dal Consorzio del Gavi a Zenato nel Lugana, da Siddùra in Sardegna ad Antinori, tra Umbria e Bolgheri, da Planeta on Sicilia ad Umani Ronchi e Villa Bucci nel Verdicchio.
Proprio tra i filari del bianco simbolo delle Marche, Ampelio Bucci, storico produttore del Verdicchio con Villa Bucci
, ha “appena portato in cantina gli ultimi grappoli, ed i primi dati ci dicono che c’è una riduzione di quantità, attorno al 18-20%, in linea con il resto del Paese, ma siccome l’anno prima è rimasto tanto vino in giro, con i prezzi crollati, diciamo che per la filiera è meglio così. Bella vendemmia, l’ultima parte soprattutto, con giornate perfette. Siamo in equilibrio con la media delle annate precedenti in termini di quantità, e questo è positivo per il Verdicchio e per l’andamento dei prezzi. Difficile parlare per grandi zone: in luglio sul mare c’è stato il disastro, ma noi che siamo a 15 chilometri dalla costa, a parte la pioggia, non abbiamo registrato problemi, al contrario, ci ha regalato la giusta umidità per mandare avanti il vigneto. Le quantità di acqua - spiega Ampelio Bucci - sono sempre le stesse, è la distribuzione che cambia, e se non fosse per i 100 ml di acqua di luglio, in un solo giorno, avremmo avuto problemi. Non ci saranno grandissime acidità, ma sarà una buonissima annata, non so, per noi che invecchiamo i nostri vini (lo sapremo alla fine delle fermentazioni, almeno indicativamente), che tipo di longevità avranno. Siamo soddisfatti, dai primi dati le gradazioni dovrebbero essere sui 13,5, che è una buona gradazione, acidità buona, intorno ai 6,8-7,5, i Ph sono ottimi, tra i 3,10 ed i 3,15: nulla di ufficiale ma bene. Tra le annate recenti - conclude il vignaiolo marchigiano - la vendemmia 2019 mi ricorda la 2010, la 2012, la 2014, che era un po’ più raffinata e la 2016, ma anche la 2000: ormai i Verdicchio sono davvero dei grandi vini, praticamente in ogni annata”. Poco distante, Michele Bernetti, alla guida di Umani Ronchi, racconta una raccolta simile, con “la vendemmia finita da qualche giorno, quantità in calo del 15-18%, leggermente ridotte rispetto alla media, ma la qualità sembra decisamente buona, seppure a macchia di leopardo. Le uve sono belle, così come le acidità, siamo stati bravi a portarla a casa prima di raggiungere gradazioni eccessive, che il mercato ormai non apprezza più. I primi vini mi sembrano abbastanza buoni, ricordano vagamente la 2015 e la 2013, che ebbero un andamento stagionale simile, senza andare troppo indietro negli anni. Da noi forse la 2010 e la 2016 sono state superiori, però questa è destinata ad essere una buonissima annata”.
Restando in Centro Italia, a Bolgheri ed in Umbria, terre generalmente ed universalmente apprezzate e conosciute per i grandi rossi, non mancano certo declinazioni bianchiste capace di ritagliarsi un certo protagonismo. Ne sono un esempio il Cervaro della Sala del Castello della Sala ed il Vermentino di Guado al Tasso, entrambi di Antinori, che “con la 2019 fanno pensare ad un’ottima annata - racconta l’amministratore delegato della Marchesi Antinori, Renzo Cotarella - sia a Bolgheri che in Umbria, all’insegna di una produzione equilibrata, che darà verosimilmente vini raffinati, in linea con le annate migliori, come la 2016. Ci aspettiamo vini freschi, fini, con buone note aromatiche. A Bolgheri, i Vermentini sono persino più corposi rispetto alla 2016, ma è una gran bella annata anche per lo Chardonnay in Umbria, che può affermarsi davvero come una vendemmia di livello per il Castello della Sala, nel segno dell’equilibrio, grazie ad una produzione leggermente inferiore alla 2016 e con una buonissima acidità”.
Facendo una breve traversata al Sud, in Sicilia, è Alessio Planeta a fare il punto sulla vendemmia dei bianchi nell’isola, “a termine ovunque eccetto che sull’Etna, ovviamente, con un calo della raccolta del 20-25%, che però ci restituisce una bella qualità. L’estate non è stata mai particolarmente calda, aiutata dalla pioggia di inizio settembre cui è seguito un ritorno del caldo. I Grillo si presentano super aromatici, buonissimi: poca uva ma di altissima qualità aromatica. Così anche il Grecanico. Bene anche le varietà internazionali, vendemmiati in ritardo, ma in maniera ottimale, perché tirati fuori ad agosto, con il bel tempo: Chardonnay super e anche il Sauvignon Blanc, per quel poco che facciamo. Come tipo di annata forse ricorda la 2011, almeno sul versante Occidentale dell’Isola, ma è difficile fare paragoni con il passato”. Sull’altra grande isola, terra di Vermentino, la Sardegna, Massimo Ruggero, direttore generale di Siddùra, racconta di un’“annata particolare, segnata da un piccolo calo delle maturazioni a maggio, causato da un calo delle temperature, tratto comune in tutta Italia, che ha portato a rese più basse del solito, da noi in calo del 15-20%. La fioritura, invece, è andata benissimo, ed il frutto, alla fine, si è rivelato sano e di grande qualità, rivelando però un fenomeno inusuale, ossia grappoli ed acini più piccoli del solito, busse spesse, ed un equilibrio perfetto tra acidità e zuccheri, per un’annata che ci riporta ai Vermentino di 20 anni fa ed oltre, dopo anni in cui i cambiamenti climatici si sono fatti sentire non poco, rivelando però anche la straordinaria capacità di adattamento dei vitigni autoctoni, come Vermentino e Cannonau”.
Risalendo idealmente la Penisola, eccoci nel territorio della Lugana, su cui in tempi non sospetti, ossia dagli anni Sessanta, la famiglia Zenato, griffe del Veneto enoico, Valpolicella compresa, decise di puntare forte. Qui, sulle sponde del Lago di Garda, “la vendemmia è andata bene - racconta Nadia Zenato - nonostante la produzione in calo, che non è però un problema, mentre la qualità è ottima, anche se dobbiamo ancora finire di raccogliere gli ultimi grappoli, perché la vendemmia per noi si divide in tre momenti. L’andamento dell’annata è stato buono, nonostante la tromba d’aria di maggio che si è abbattuta sul lago, che ha contribuito negativamente sulle quantità. L’estate è stata calda, ma senza eccessi, con i temporali, caraibici, arrivati al momento giusto. Il risultato sono vini con buon frutto e buona acidità, assaggiando i primi campioni mostrano buona mineralità, per un’annata che si può paragonare alla 2015 o alla 2016, quindi buona”.
Restando in Veneto, una delle denominazioni in rampa di lancio è senza grossi dubbi il Soave, vino che nasce dal vulcano, da cui “ruba” quella mineralità che lo rende riconoscibile e diverso da ogni altro bianco della Penisola. “La vendemmia 2019 ci lascia molto sereni e tranquilli: dopo una 2017 segnata dalla scarsità ed una 2018 nel segno dell’abbondanza, ci siamo trovati di fronte un calo medio del 25%, sui livelli del 2017, quindi una raccolta inferiore alle previsioni di qualche settimana fa - racconta Bruno Trentini direttore generale della Cantina di Soave - a causa principalmente di un maggio piovoso e freddo, che ha determinato una fioritura così così, ritardo nella fase vegetativa ed acini più piccoli. E questo lo vediamo sia sulle varietà precoci, come lo Chardonnay, che sulla Garganega. La qualità, d’altro canto, ha avuto un bel rimbalzo positivo negli ultimi 20 giorni, dopo la frenata dovuta al caldo estivo, l’ultimo mese è stato buono, ed il risultato sono buone gradazioni, acidità equilibrate, tutti presupposti per una gran bell’annata”. Nelle parole di Sandro Gini, presidente del Consorzio del Soave e al timone di una delle griffe storiche del territorio, emerge il quadro di una “vendemmia che in pianura è quasi terminata, ma in collina entrerà nel vino solo la prossima settimana. I grappoli sono un po’ più piccoli del solito, così come gli acini, con un rapporto tra buccia e mosti che presuppone un’ottima qualità. Speriamo che il tempo regga, e che le temperature scendano, perché vendemmiare e soprattutto spremere le uve a temperature inferiori è fondamentale per garantire maggiore qualità e valorizzare al meglio le produzioni di Soave, anche in ottica cru. Con le rese ci siamo, ma ad ora è difficile fare paragoni con altre annata, sia perché non abbiamo ancora dati a sufficienza, sia perché si presenta a tutti gli effetti come un’annata d’altri tempi, per tempistiche e, soprattutto, per equilibrio tra acidità e zuccheri”.
Nel Collio, tra i filari di Venica & Venica, “la vendemmia è durata un mese esatto, dal 30 agosto al 30 settembre, regalandoci una sanità delle uve perfetta”, come spiega Ornella Venica, alla guida della griffe friulana. “La quantità è in calo del 15-20%, ma va benissimo così, perché da varietà come Pinot Bianco e Friulano ci aspettiamo davvero una grande annata. Fortunatamente non abbiamo mai avuto problemi di siccità, con la pioggia che è venuta in soccorso delle nostre vigne sempre al momento giusto, e le colline del Collio che hanno mostrato una grande capacità di trattenere l’acqua, e se gli impianti più nuovi hanno avuto qualche difficoltà, i più “vecchi” hanno saputo reagire al meglio. Difficile, almeno per ora, fare paragoni con le annate precedenti, almeno le più recenti, specie per via di un andamento molto particolare, tornato, in un certo senso, indietro di qualche decennio”. A poca distanza, sui Colli Orientali del Friuli, nella cantina di Zorzettig, “i bianchi sono tutti in cantina, dopo una vendemmia che, nei Colli Orientali del Friuli, ha riscoperto i ritmi di una volta”, dice Annalisa Zorzettig. “Nelle quattro zone di produzione della nostra azienda (Colle di Spessa, Ipplis, Casali Pasch e Colli Novacuzzo), l’influenza del terroir e delle differenze climatiche, nonostante la contiguità in linea d’aria, si fa sentire, specie sulle uve del Friulano, che nel complesso presentano uno stato sanitario ottimo, grazie all’ottimo lavoro fatto in vigna. Le rese sono nella media, almeno in vigna, sui 70 quintali ad ettaro, ma è in cantina che si rivela inferiore alla media: le uve mostrano buccia spessa e un vinacciolo importante. Nel complesso, si comportano meglio i vitigni autoctoni, il grado alcolico è buono, così come la componente aromatica, garantita da escursioni termiche perfette. Ci aspettiamo davvero grandi vini, sulla falsa riga del 2015, anche se dal 2014 la variabilità climatica si fa sentire in maniera importante, ed ogni anno in maniera diversa e con conseguenze diverse”.
Altra terra di grandi bianchi, capaci di invecchiare e di conquistare il plauso e l’attenzione della grande critica internazionale, è l’Alto Adige, dove la raccolta è alle ultime battute, dopo un’estate decisamente più difficoltosa che nel resto d’Italia, almeno secondo Hans Terzer, storico winemaker della cantina di San Michele Appiano, dove lavora dal 1977. “La vendemmia - racconta - è andata bene, anche molto bene. Come avviene spesso, gli ultimi giorni di settembre ci hanno dato una grossa mano, specie perché le prospettive non erano un granché: ha piovuto troppo, abbiamo avuto qualche problema di marciume, che avrebbe potuto portare ad un anticipo di vendemmia. Poi, dal 20 di settembre, è cambiato il tempo e entro la fine della settimana avremo tutte le uve in cantina. Tra le diverse tipologie, Pinot Bianco e Chardonnay ci daranno delle grandi soddisfazioni, ma anche il Riesling ed il Sauvignon sono in forma, qualche problemino del Pinot Grigio, ma la collina ci ha dato belle qualità e frutto sano, i nostri soci hanno lavorato bene. In quantità, invece, abbiamo perso il 15-20%, con qualche problema in più per il Gewurztraminer, in calo del 25-30%, e per lo Chardonnay. È un’annata difficile ancora da paragonare a qualcuna delle precedenti - conclude Hans Terzer - ma siamo sui livelli qualitativi della 2016 o della 2017”. Cali quantitativi riscontrati anche da Cantina Terlan, come rileva il direttore tecnico Rudi Kofler. “La vendemmia non è ancora finita - dice Kofler - saremo al 70% dei bianchi, che coltiviamo fino a quota 500 metri. È andata bene, i quantitativi un po’ più bassi, -15% sul 2018, ma la qualità è buona, con la maturazione che richiede ancora pazienza per le uve più in quota. La grandine non ci ha dato grandi problemi, ci sono le premesse per una buona annata, ma per sapere se potrà diventare eccellente dobbiamo aspettare ancora un po’”.
Il giro d’Italia tra le vendemmie dei grandi territori bianchisti d’Italia finisce in Piemonte, nel Gavi, dove “la raccolta deve ancora finire - come spiega Roberto Ghio, presidente del Consorzio del Gavi - ma l’annata, seppure non generosa in quantità, presenta ottima qualità, specie dal punto di vista aromatico. Le nottate fredde e l’escursione termica hanno garantito dei bellissimi profumi. L’andamento è stato come quello di una volta, non ha mai, eccetto a fine giugno ed inizio luglio, fatto troppo caldo, per una vendemmia di altri tempi. Difficile dire a quale annata potrebbe assomigliare, proprio perché diversa dalle più recenti. La maturazione, con vendemmie ritardate, rischia di avere qualche problema, ma in questo caso le ultime settimane di sole sono state una manna da cielo: ritardata, con notti fresche, sorprenderà per i profumi. Ma è stata anche una vendemmia tecnica, che premia chi ha lavorato bene in vigna, perché le uve devono essere curate e la vite essere vigorosa per fare fotosintesi e dare zuccheri alle uve”.

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