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Questione di valore. Analisi ragionata di Winenews per Vinitaly sull’export di vino italiano nei mercati del mondo (Usa, Germania, Uk, Cina), tra quantità e posizionamento dei prezzi. Focus Usa: road map di consumi pro capite e tasse Stato per Stato

La capacità del vigneto Italia, ogni anno, deve fare i conti con l’andamento climatico e meteorologico, ma c’è un aspetto che, negli ultimi tempi, è stato capace di slegarsi dai volumi prodotti: l’export. Che, nel 2015, ha toccato i 5,39 miliardi di euro, per 2 milioni di ettolitri spediti in tutto il mondo, tra imbottigliato, sparkling e sfuso. In poche parole, oggi le fortune del vino italiano poggiano più sui mercati esteri che su quello interno, in una dinamica che ha visto il rapporto tra volumi esportati e consumi domestici passare da 1 a 2, nel 2001, con 17 milioni di ettolitri esportati e 30 milioni di ettolitri che rimanevano nel Belpaese, a 1 a 1 nel 2011, vero anno di svolta, quando la quota di export collimò con quella dei consumi interni, a poco meno di 23 milioni di ettolitri (mosti compresi). Ed oggi? Il trend è positivo, la quota dei 5,3 miliardi in valore è un nuovo record, ma, come rivelano i dati analizzati da WineNews per Vinitaly, la rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 10-13 aprile; www.vinitaly.com), diventa sempre più difficile ampliare la quota di vino tricolore nei diversi mercati, perché in quelli più maturi, come Germania e Gran Bretagna, è difficile crescere ancora, mentre in quelli emergenti, a partire dalla Cina, c’è da colmare un gap ancora importante con Paesi come Francia, Australia e persino Spagna.
Fondamentale, così, diventa il prezzo medio, capace di raccontare meglio di qualsiasi altro dato lo stato dell’arte del vino italiano in ogni singolo mercato. La media 2015, secondo gli ultimi dati delle diverse fonti analizzate da WineNews (Uiv, Osservatorio Vino Italiano, Vinitaly), parla di una media di 3,30 euro al litro per l’imbottigliato, di 3,55 euro al litro per gli sparkling, e di appena 0,73 centesimi di euro per lo sfuso. Per farsi un’idea, la media della Francia, che guida la classifica con 8,24 miliardi di euro di vino esportato nel 2015, è di 5,83 euro al litro, compreso ovviamente lo sfuso. Restando sull’imbottigliato fermo, che rappresenta la quota maggiore e più rappresentativa del commercio enoico italiano, ci sono differenze enormi tra Paese e Paese: tra le mete più importanti in termini di volumi, è la Svizzera, dove lo scorso anno sono volate 53,3 milioni di bottiglie, a toccare il prezzo medio più alto, a quota 6,12 euro al litro. A muovere la maggior parte dei volumi, e quindi dei valori, però, sono i “soliti” tre: Usa, Germania e Gran Bretagna, che hanno vissuto un 2015 dai toni assai diversi. Se le spedizioni verso gli Usa sono cresciute, in valore, del 12,5% ed in volume del 4,7% sul 2014, in Uk si registra un arretramento, su entrambi i fronti, rispettivamente del -2,2% e del 2%, mentre la Germania è sostanzialmente in equilibrio, con una leggera crescita, dell’1,4% in volumi e dell’1,6% in valori. E in termini di prezzo medio pagato ai produttori italiani? Gli Usa sono saldamente al primo posto, a quota 4,13 euro al litro, contro i 2,73 della Germania ed i 2,11 della Gran Bretagna.
A rimettere in pari la bilancia, almeno per quanto riguarda gli scambi con la Gran Bretagna, ci pensano le bollicine, che da sole valgono ormai 270 milioni di euro (che si aggiungono a 423 milioni di euro dell’imbottigliato fermo), il 50,9% in più del 2014, per un prezzo medio di 3,11 euro a bottiglia. Gli sparkling, del resto, vanno forte anche in Usa, dove toccano i 194 milioni di euro (cui va sommato 1 miliardo di euro dell’imbottigliato fermo), +28,2% sul 2014, a quota 3,80 euro al litro. La Germania, invece, forse il più granitico, quanto fondamentale, dei partner commerciali del Belpaese, mostra, anche in un settore dinamico come quello delle bollicine, una certa staticità, arrivando solo a quota 86 milioni di euro (più i 754 milioni dell’imbottigliato fermo), appena il 3% in più del 2014, per un prezzo medio di tutto rispetto, a 3,78 euro al litro.
Detto dei “big three”, la curiosità e le attenzioni maggiori riguardano sempre la Cina, dove il commercio enoico, dopo due anni difficili, tra spending review e frenata della crescita economica, torna a vedere la luce. Ma non è l’Italia a beneficiarne, chiudendo il 2015 in maniera assai deludente, a quota 82 milioni di dollari di imbottigliato fermo spedito a Pechino, appena l’1,4% in più del 2014, ma a fronte di una crescita dei volumi del 23,6%, che vuol dire un calo del prezzo medio del 17,9%, a 3,63 dollari al litro. E non va meglio nel comparto bollicine, che chiude a 17 milioni di dollari, in calo del 24,5%, per 2,95 dollari al litro.

Focus - Analisi WineNews: “road map” dei consumi di vino negli Stati Usa
Quello Usa è un mercato, in realtà, fatto di tanti mercati diversi, con 315 milioni di americani divisi in 50 Stati, ognuno con le sue regole di vendita, i suoi stili di consumo e le sue attitudini. Un mare magnum, in realtà, difficile da decifrare. A fare una “road map” seguendo il criterio del consumo procapite, Stato per Stato, ci provano gli ultimi dati disponibili del “Beverage Information Group” (2014 sul 2013), analizzati da WineNews per Vinitaly, da cui emergono anche delle sorprese. Per esempio, in molti credono che sia lo Stato di New York, dominato dalla città più celebre e “melting pot” degli States, quello con i wine drinkers più appassionati. E invece, lo Stato con il consumo procapite più altro è quello della capitale Washington, District of Columbia, con ben 25,7 litri a testa. New York è addirittura in posizione n. 15, con 11,9 litri a testa, e lo Stato in assoluto più celebre per il vino in Usa, la California, è solo in posizione n. 8, con 14 litri a testa. Sul podio degli Stati Usa con il consumo a testa più elevato, due nomi raramente al centro delle news enoiche, come i New Hampshire, con 19,6 ltiri di vino procapite all’anno, ed il Vermont, con 17,5 litri. A seguire, il Massachussets, con 16,9, il New Jersey, con 14,9, il Nevada, con 14,7, il Connecticut, con 14,4, la già citata California e Rhode Island, con 14 litri a testa e, a chiudere la top 10, il Delaware, con 13,5 litri a testa. I fanalini di coda, con meno di 4 litri procapite di vino consumati all’anno, ci sono Kentucky, Utah, Kansas, Mississippi, West Virgina.

Focus - Analisi WineNews: Stato per Stato, il consumo pro capite di vino in Usa (litri)
District of Columbia 25,7
New Hampshire 19,6
Vermont 17,5
Massachusetts 16,9
New Jersey 14,9
Nevada 14,7
Connecticut 14,4
California 14,0
Rhode Island 14,0
Delaware 13,5
Hawaii 13,1
Washington 13,1
Florida 12,4
Oregon 12,2
New York 11,9
Alaska 10,9
Virginia 10,7
Maine 10,4
Illinois 10,2
Arizona 9,7
Wisconsin 9,1
Maryland 8,9
Colorado 8,7
Montana 8,5
Minnesota 8,4
Idaho 8,0
Michigan 7,6
Missaurì 7,2
Ohio 7,2
New Mexico 6,9
North Carolina 6,6
Indiana 6,1
South Carolina 6,1
Alabama 6,0
Georgia 5,9
Louisiana 5,7
Pennsylvania 5,6
Tennessee 5,4
Wyoming 5,2
North Dakota 5,1
South Dakota 5,0
Nebraska 5,0
Texas 5,0
Iowa 4,7
Oklahoma 4,5
Arkansas 4,2
Kentucky 3,9
Utah 3,2
Kansas 3,2
Mississippi 2,8
West Virginia 2,4
Fonte: Beverage Information Group

Focus - Analisi WineNews: la pressione fiscale sul vino nei diversi Stati Usa
Ma dov’è maggiore la pressione fiscale, e dove è più conveniente comprare una buona bottiglia di vino in Usa? A fare ordine, in questo caso, ci ha pensato la “Tax Foundation”, i cui dati, analizzati da WineNews per Vinitaly, ricordano innanzitutto come la tassazione sul nettare di Bacco sia superiore a quella della birra in virtù della maggiore gradazione alcolica. Lo Stato peggiore, ossia quello in cui si pagano più tasse è il Kentucky, a quota 3,18 dollari a gallone (4,54 litri, quindi circa 53 centesimi a bottiglia, ndr), seguito da Alaska (2,50 dollari a gallone), Florida (2,25 dollari a gallone), Iowa (1,75 dollari a gallone) e New Mexico (1,70 dollari a gallone). Dall’altra parte, i 5 Stati più wine friendly, almeno in termini di fiscalità, sono Louisiana (0,11 dollari a gallone), California (0,20 dollari a gallone), Texas (0,20 dollari a gallone), Wisconsin (0,25 dollari a gallone), Kansas e New York (entrambe 0,30 dollari a gallone). Ma non è tutto, perché ci sono Stati in cui la filiera è interamente statale, ed altri in cui alle accise di base vanno aggiunte ulteriori tasse, legate ad esempio alla grandezza del contenitore, come in Arkansas, Minnesota e Tennessee. In altri, come Arkansas, Maryland, Minnesota, South Dakota e Distretto di Columbia, ci sono altre tasse applicate sulla rivendita all’ingrosso, mentre in quasi tutti gli Stati c’è un livello di tassazione maggiore per i vini a gradazione alcolica superiore ai 14 gradi: si passa, in media, da 1,07 dollari a gallone a 1,57 dollari a gallone fino ai 21 gradi, per passare a 3,15 dollari per i vini (ovviamente fortificati) tra i 21 ed i 24 gradi. Storia a sé fanno gli spumanti, cui viene applicata una tassazione fissa di 3,40 dollari a gallone.

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