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ATTUALITÀ

Resilienza contro i dazi e sguardo a nuove opportunità: le strategie per il 2025 del vino italiano

Secondo il “Rapporto sulla competitività delle regioni del vino” by Nomisma e UniCredit i consumatori sono più attenti a qualità e salute
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Il 2025 sarà pieno di sfide per il mondo del vino

Difficile prevedere che 2025 sarà, da qui in avanti, per il mondo del vino, ma di certo è un anno particolarmente atteso e monitorato come si è capito anche dalle fiere internazionali di settore, con il “sentiment” degli addetti ai lavori che è oscillato tra fiducia e prudenza. Resilienza, sguardo attento ai cambiamenti e alle opportunità da cogliere sembrano comunque essere i trend da seguire per un anno su cui peserà l’evoluzione della questione dei dazi. Riflessone ribadita ne “L’Economia del vino: Strategie, Sfide e Opportunità tra Europa e Competitività”, l’evento che, nei giorni scorsi a Verona, ha visto protagonista Confagricoltura, con la presentazione del “Rapporto sulla competitività delle regioni del vino” n. 3, realizzato da Nomisma Wine Monitor in collaborazione con UniCredit.
E se per l’Italia c’è stata una partenza sprint per l’export 2025, trainata comunque dagli Usa per anticipare i dazi, facendo un passo indietro, a livello internazionale, il settore viene da un periodo difficile. Come ha spiegato l’Osservatorio Wine Monitor, dopo un 2023 che ha visto l’import mondiale di vino contrarsi di oltre il 5% sull’anno precedente, nel 2024 il tanto atteso rimbalzo non c’è stato. Considerando i primi 12 mercati di import di vino (il cui peso sugli scambi mondiali supera il 60%), solamente quattro di questi hanno registrato crescite nelle importazioni a valore (Stati Uniti, Canada, Cina e Brasile). L’Italia, ha portato a casa un risultato positivo (+6% a valore), trainato soprattutto dagli spumanti tricolori (+9%), le cui esportazioni incidono ormai per il 30% sulle vendite oltre frontiera complessive di vino italiano. Gran parte di questo merito è ascrivibile al Prosecco, il cui export è aumentato dell’11% nell’ultimo anno. Dunque, al contrario della Francia, per l’Italia i numeri parlano di un 2024 positivo.
Negli ultimi dieci anni, l’Italia figura come il paese il cui export di vino è cresciuto di più tra tutti i competitor: +60% contro il +51% della Francia e il +33 della Nuova Zelanda. Al di là di come si svilupperà la questione dei dazi, diversificare i mercati potrebbe essere una soluzione: il 60% dell’export vinicolo italiano, spiega Wine Monitor, si concentra in appena 5 Paesi, con gli Stati Uniti in testa (24%). La Francia presenta un indice di concentrazione (sempre sui primi 5 mercati di sbocco) del 51% (con un peso degli Usa del 20%), la Spagna è al 48% (con un’incidenza degli Usa dell’11%).
E, restando in tema, anche le esportazioni regionali denotano alti livelli di concentrazione. Il solo Veneto pesa per il 37% sull’export di vino nazionale, seguito da Toscana e Piemonte con il 15% entrambi. Aggiungendo Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna si arriva ad un’incidenza dell’80%.
E poi ci sono i nuovi trend da tenere in considerazione, tra cui rientra il salutismo. Una consumer survey realizzata da Nomisma per il Rapporto Wine Monitor-Unicredit n. 3 sulla competitività delle regioni del vino su quasi 2.000 consumatori di vino localizzati nei tre Stati Usa di maggior consumo, e quindi New York, California e Florida, si è soffermata sul tema dei cambiamenti nelle preferenze gustative che vede oggi il consumatore americano fare più attenzione ai vini di qualità (33% dei consumatori si è espresso in tal senso), e ricercare vini di differenti regioni e territori (28%), ma prestare anche più attenzione alla salute, ad esempio acquistando vini rossi più leggeri e a minor contenuto alcolico. Senza tralasciare gli aspetti “green” particolarmente attenzionati dai consumatori più giovani.
Denis Pantini, responsabile Agrifood & Wine Monitor Nomisma, ha evidenziato che “la resilienza dimostrata dalle imprese vinicole italiane negli ultimi anni continua ad essere messa a dura prova oggi con i dazi imposti da Trump, una sfida che ci ricorda quanto sia importante diversificare maggiormente i mercati di sbocco, visto che i primi cinque concentrano ben il 60% del nostro export di vino”.
Per Remo Taricani, Deputy Head of Italy UniCredit, “la fotografia della filiera vitivinicola italiana della ricerca Nomisma è, relativamente all’anno appena trascorso, quella di una realtà dinamica e competitiva. Un’immagine coerente con il supporto di UniCredit alle aziende del settore, in aumento nel 2024 dell’11%, con oltre 220 milioni di euro di nuovi finanziamenti. Nonostante il nuovo scenario di incertezza regolamentare e di tensione commerciale a livello globale, siamo certi che la nostra banca possa continuare a ricoprire un ruolo di primaria importanza per le imprese, aiutandole a portare avanti efficaci strategie di diversificazione dei mercati di sbocco”.
Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura, ha concluso che “gli agricoltori stanno affrontando da tempo difficoltà importanti: dall’aumento dei costi di produzione alle pressioni legate al clima. I dazi Usa aggiungono ulteriore incertezza e tensione finanziaria al nostro settore, colpendo produttori e consumatori. Garantire la nostra sicurezza alimentare deve essere la bussola dell’Europa, poiché la nostra sicurezza nazionale comune inizia proprio da lì”.

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