Un intervento europeo che nasca dal confronto, la creazione di un “Energy Recovery Fund”, una Pac da ridisegnare, la deroga sulla disciplina degli aiuti di stato per il settore agroalimentare, ma anche una strategia che diversifichi di più le fonti di approvvigionamenti delle materie prime, e non solo. Sono tanti gli spunti e le idee che emergono dall’informativa del Ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, resa nel Consiglio dei Ministri di oggi, sulla situazione legata al settore agroalimentare in relazione all’attuale scenario internazionale, ed in particolare ovviamente, alla guerra tra Russia e Ucraina (tra i più importanti produttori di grano e mais al mondo, ndr), e delle sue conseguenze sui mercati, agricoli ed energetici in primis.
Per la Pac, “tenuto conto dell’esigenza di riorientare gli strumenti a disposizione per sostenere le produzioni più strategiche”, secondo Patuanelli, occorre “posticipare l’entrata in vigore delle misure introdotte nella Pac volte a limitare la produzione; incrementare la percentuale dei pagamenti accoppiati per le produzioni più strategiche e per le quali l’Ue non è autosufficiente (proteine vegetali, cereali ...); consentire l’utilizzo a fini produttivi delle superfici lasciate a riposo e di tutti i pascoli, anche se parzialmente occupati da vegetazione arbustiva spontanea; introdurre un contributo flat “ex-novo” per tutte le superfici agricole utilizzate, per ammortizzare l’incremento dei costi di produzione; rimuovere il vincolo al non incremento della superficie irrigabile, per aumentare la produttività del settore agroalimentare”. Ancora, secondo Patuanelli, nelle regole sugli aiuti di Stato, è necessario “attivare un regime di aiuto straordinario sul modello dell’emergenza Covid, per autorizzare aiuti di Stato in deroga (ovvero, prorogare il regime Covid ampliando i massimali previsti), ed attivare un programma straordinario di ristrutturazione del debito delle imprese agricole in deroga alle norme sugli aiuti di Stato”.
Inoltre, secondo il Ministro, “la soluzione preferibile, forse l’unica, per fronteggiare una situazione inedita e straordinaria di vertiginoso aumento dei prezzi dovrebbe concretizzarsi nell’adozione di un Energy Recovery Fund, finanziato dal debito pubblico europeo comune, sul modello di quanto, avvenuto per contrastare le drammatiche conseguenze di carattere economico e sociale derivanti dal diffondersi della pandemia da Covid-19”. Questioni non semplici da risolvere, ma da affrontare con urgenza perchè, come ribadito dallo stesso Ministro delle Politiche Agricole Patuanelli, e come sottolineato a più riprese da tutte le rappresentanze della filiera, “l’aumento generalizzato di quasi tutte le materie prime e dei costi energetici sta progressivamente erodendo la redditività dell’attività economica, ed il settore agroalimentare non riesce più a redistribuire gli aumenti lungo la filiera produttiva”. Ed ancora, altro aspetto su cui occorre intervenire, in maniera emergenziale, ma anche strutturale, è la diversificazione delle fonti. “La diversificazione dei mercati di approvvigionamento è in gran parte possibile e implica il dover ricorrere, in primo luogo, ad altri Paesi europei, come ad esempio Francia e Germania per il frumento tenero. Ma altre diversificazioni vanno fatte anche su mais, olio di girasole, fertilizzanti e non solo”. Proposte, idee e linee di azione che, ovviamente, chiamano in causa anche le imprese e le loro rappresentanze.
“Siamo pronti a coltivare da quest’anno 75 milioni di quintali in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione, per rispondere alle difficoltà di approvvigionamento dall’estero determinate dalla guerra”, ha detto il presidente Coldiretti Ettore Prandini, dal tavolo sull’emergenza grano convocato al Ministero delle Politiche Agricole dal Sottosegretario all’Agricoltura Gian Marco Centinaio sulla carenza di materie prime che ha costretto ai primi razionamenti negli allevamenti, ma anche nei supermercati con Unicoop Firenze che ha deciso di mettere un tetto agli acquisti di farina. “Proponiamo all’industria alimentare e mangimistica - ha affermato Prandini - di lavorare da subito a contratti di filiera con impegni pluriennali per la coltivazione di grano e mais e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti nel rispetto della nuova normativa sulle pratiche sleali, per consentire di recuperare livelli produttivi già raggiunti nel passato. Un obiettivo che può essere più facilmente raggiunto grazie all’impegno del Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli - ha detto Prandini - al quale va un sincero ringraziamento per aver accolto in Consiglio dei Ministri le nostre proposte per incentivare operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito bancario delle imprese agricole, adottare misure per sostenere la domanda interna, finanziare specifiche misure a favore delle filiere più esposte e appunto sostenere il potenziamento delle produzioni nazionali” ha precisato Prandini, nel ricordare che “dal Ministero è stato anche annunciato un regime di aiuto straordinario sul modello dell’emergenza Covid e sostenuta l’esigenza, per quanto riguarda la Politica Agricola Comune (Pac), di rimuovere il vincolo al non incremento della superficie irrigabile, per aumentare la produttività del settore agroalimentare”.
“Un impegno che - precisa Prandini - ridurrebbe sensibilmente la dipendenza dall’estero da dove arriva circa la metà del mais necessario all’alimentazione del bestiame il 35% del grano duro per la produzione di pasta e il 64% del grano tenero per la panificazione, che rende l’intero sistema e gli stessi consumatori in balia degli eventi internazionali. L’Italia oggi è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti per anni agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque perché secondo la Coldiretti la politica ha lasciato campo libero a quelle industrie che per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale”. Ora, aggiunge la Coldiretti, è possibile recuperare alla coltivazione di cereali in Italia almeno un milione di ettari di terreno garantendo redditività alla coltivazione ma anche contrastando seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono ed intervenendo inoltre seriamente sulle normative comunitarie che spingono a non coltivare i terreni, eliminando ad esempio l’obiettivo del 10% di terreni incolti. “E poi investire - ha concluso Prandini - per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità nei terreni, con un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per i principali cereali dal grano al mais e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt (New breeding techniques) a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici.
“Oggi ci troviamo in una situazione estremamente complessa e purtroppo destinata a peggiorare in ragione delle tensioni geopolitiche in atto. La questione riguarda i cereali, ma anche i semi oleosi”, ha aggiunto Massimiliano Giansanti, coordinatore Agrinsieme - che riunisce Cia/Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari. “Questa drammatica situazione - ha sottolineato Giansanti - è però anche il risultato di scelte strategiche sbagliate fatte nel passato, che hanno lasciato gli imprenditori agricoli quasi totalmente esposti alle dinamiche di mercato; diventa quindi fondamentale pianificare l’immediato e iniziare a ragionare sul futuro dell’intera agricoltura italiana, a partire dai seminativi”. Giansanti ha poi ricordato che, a giorni, si inizierà a seminare mais, soia e girasole, e l’agricoltura non può permettersi di perdere queste tre colture perché significherebbe ricorrere ancora di più ad approvvigionamenti esteri. L’Italia, a differenza di altri Paesi come ad esempio la Francia, non sa quante scorte ha a disposizione; serve uno strumento per valutare e avere contezza di queste scorte. “Guardando all’orizzonte comunitario - ha detto il coordinatore di Agrinsieme - riteniamo che debba temporaneamente essere sospesa l’adozione della nuova Pac, così come l’obbligo del greening; allo stesso modo si renderebbe necessaria una proroga dell’attuazione della strategia Farm to Fork, rivedendola alla luce della situazione odierna”. Vanno poi riviste - secondo il Coordinamento - le norme che vincolano o limitano la possibilità produttiva dei campi; basti pensare che oggi in Italia, tra Efa e altro, abbiamo ben 1 milione di ettari che non vengono coltivati e che si potrebbero recuperare e mettere a regime. “In questo contesto si inseriscono gli aumenti dei costi, con particolare riferimento a quelli dell’energia - ha sottolineato ancora il presidente Giansanti - che vanno calmierati con appositi interventi dell’esecutivo per garantire un’adeguata produzione di cereali e semi oleosi. Sul gasolio, in particolare, serve una rivisitazione delle aliquote delle accise”. Altro punto importante, per Agrinsieme, è la ricerca: serve una ripresa su varietà riprodotte in Italia con brevetto italiano, perché ad oggi ci approvvigioniamo dalle multinazionali. Sementi come girasole, mais e soia sono frutto della ricerca di altri Paesi. “Serve una valutazione approfondita, infine - ha concluso Giansanti - sulla questione fertilizzanti e sulle zone vulnerabili a nitrati. Anche qui è necessaria la sospensione temporanea in ragione dell’eccezionalità della situazione”.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024