Freschi di buone notizie - e ci riferiamo al clima che pare essersi disteso fra le Famiglie Storiche e il Consorzio di Tutela Vini della Valpolicella, da (troppo) tempo alle prese con divisioni e controversie - lo staff WineNews, neppure quest’anno ha rinunciato alla tappa presso la leggendaria Bottega del Vino (storica enoteca di Verona, a due passi da Piazza delle Erbe, le cui radici affondano nel Cinqucento, e da tempo riconosciuta a livello internazionale per la profondità della sua cantina, come testimonia, tra gli altri, il “Grand Award” by Wine Spectator, riconoscimento che arriva, ogni anno, ininterrottamente, dal 2004), nei giorni scorsi, per assaggiare le ultime annate in commercio delle cantine delle Famiglie Storiche, aziende che hanno segnato la storia di un territorio, la Valpolicella, che oggi muove un giro d’affari legato al vino di 600 milioni di euro, di cui oltre la metà solo grazie all’Amarone della Valpolicella, che nasce grazie a quella pratica unica dell’appassimento nei fruttati che sta facendo il suo percorso verso il riconoscimento Unesco.
Tredici le bottiglie in assaggio, una per ognuno delle tredici cantine dell’organizzazione, che si distribuiscono intorno a cinque diverse annate: 2018, 2017, 2016, 2013 e 2010, scelte a seconda del “sentiment” aziendale. Il leitmotiv è “l’ultima annata in commercio” e comprende sia cru, che riserve, come pure semplici cosiddetti Amarone “annata”, e questo ci aiuta a capire quanto sia diverso lo stile di ognuna di esse, nonostante (e proprio grazie) il territorio e gli ideali che le uniscono.
Le Famiglie Storiche sono nate nel 2009 a partire da una decina di importanti cantine, che, da generazioni, fanno vino in Valpolicella. L’idea di fondo era di unire le forze a partire dai valori e dalla visione che li accomunava, basati sulla storia, l’artigianalità, il legame col territorio e la volontà di diffondere nel mondo la conoscenza di questa parte agricola di Veneto. Si ritrovano così a diventare ambasciatori dell’Amarone e della sua valle, raccontando con le proprie personali esperienze familiari la profonda trasformazione che in 40 anni ha portato la Valpolicella a diventare una delle zone enologiche più importanti al mondo. Oggi i soci sono tredici, perché ad Allegrini, Brigaldara, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi e Zenato, si sono aggiunti Begali e Venturini nel 2010, Guerrieri Rizzardi nel 2015 e, infine, Torre d’Orti nel 2016.
A prescindere dal fattore annata, gli stili - come anticipato - sono molto diversi fra loro: si passa dalla leggiadria dei vini di Musella e Torre d’Orti, alla classicità di Speri e Brigaldara, alla larghezza di Tedeschi e Zenato, fino alla potenza di Tommasi e Allegrini. In mezzo, un’ulteriore ricchezza di sfumature diverse, proprio ad onorare l’ampia varietà di fattori che contribuiscono alla costruzione di un Amarone: non solo i suoli, le esposizioni, le altimetrie, le temperature, i sesti d’impianto, le scelte di vinificazione ... che influiscono sui vini di ogni territorio d’elezione che si rispetti, ma in questo caso anche i vitigni - più di una decina e soprattutto autoctoni - e ovviamente l’appassimento, secolare metodo di vinificazione candidato a Patrimonio Immateriale dell’Unesco, che può essere in parte diretto dai produttori, giocando coi quattro elementi che condizionano maggiormente il risultato finale: durata, temperatura, umidità e ventilazione.
Partendo in ordine di annata, condividiamo le nostre impressioni delle etichette assaggiate alla Bottega del Vino https://bottegavini.it/ , messe a disposizione dallo staff coordinato da Luca Nicolis, che dirige il locale e che ha contribuito - insieme alle Famiglie Storiche che ne sono proprietarie dal 2010 - a rieleggerlo punto di riferimento degli eno-appassionati di Verona e provincia (mondiale).
A partire da Allegrini e il suo Amarone della Valpolicella Classico 2018, che si presenta dolce e tondo, e che gioca sulle note di fiori appassiti, ginepro, alloro e toni ammandorlati, mossi da un sorso sapido e caldo: azienda fra le più antiche della Valpolicella, fondata nel XIV secolo, è sempre stata all’avanguardia nelle pratiche di vigna e di cantina. Inizialmente più riservato l’Amarone della Valpolicella Classico Sant’Urbano 2018 di Speri - cantina che conta su 7 generazioni di esperienza storica, ancora oggi appassionatamente fedele alla Valpolicella e ai suoi vitigni autoctoni: netti sentori di ciliegia e vaniglia si sprigionano al naso e in bocca, supportati da acidità, iodio e un piacevole finale amaricante. Anche Torre d’Orti - condotta dalla famiglia Piona, che ha riscoperto le proprie radici in Valpolicella dopo il successi riscontrati in Custoza - ha presentato un Amarone della Valpolicella 2018: una versione succosa, dove arancia rossa, melissa e fiori di rosmarino lasciano spazio a accenni speziati e ammandorlati nel finale. Spezie che si presentano invece più decise nell’Amarone della Valpolicella Campo dei Gigli 2017, vino strutturato, caldo e ricco di balsamicità e note di sottobosco, addolcite dalla frutta rossa matura in seno alle Tenute di Sant’Antonio, gestita dai 4 fratelli Castagnedi, da anni intenti a migliorare con ricerca e tecnologia l’impatto degli interventi umani su vigna e vino. L’Amarone della Valpolicella Classico Campomasua 2017 ha una spiccata anima vegetale che ben si sposa con la dolcezza della caramella di ciliegia e di viola, nel sorso sapido e piccante: Venturini è una realtà relativamente giovane, ma le 3 generazioni portano avanti un’idea tradizionale di Valpolicella, anche nei 12 ettari di proprietà a San Floriano, tutti con viti allevate secondo la tradizionale pergola semplice o doppia. È del 2017 anche l’Amarone della Valpolicella Riserva Sergio Zenato, lettura dolce e profonda della denominazione, con l’aderenza, le spezie, i balsami, la sapidità e le note fruttate perfettamente bilanciate nel lungo sorso caldo: etichetta dedicata al padre di Alberto e Nadia Zenato, che oggi dirigono un’azienda valorizzando i vitigni locali di Valpolicella e Lugana. Begali, che ha sede a San Pietro in Cariano e che conta su 12 ettari di vigna, con il primo imbottigliamento datato 1986, ha presentato l’Amarone della Valpolicella Classico Monte Ca’ Bianca Riserva 2017, dolce di arancia e ciliegia, fresco di uva spina e rovi e dal sorso decisamente aderente e pepato nel finale. Chiude la serie dei 2017 l’Amarone della Valpolicella Case Vecie 2017 - vino materico e ricco di polpa, dalle fresche note di erbe officinali e liquirizia - di Brigaldara, azienda della famiglia Cesari, che ha acquisito la villa di proprietà negli anni 30 del ’900, arrivando oggi a possedere 50 ettari divisi fra uliveti e vigneti. L’etichetta di Guerrieri Rizzardi - nata dall’unione di due famiglie nobili veronesi, che riconosce in Negrar la culla dei suoi cru e che negli anni Settanta ha aggiunto la tenuta di Soave - è l’Amarone della Valpolicella Classico Villa Rizzardi Riserva 2016, che si sviluppa vellutato in bocca, lasciando impresse in bocca dolci note di arancia e, in chiusura, accenni vegetali e pepati. Intenso di cioccolato, erbe officinali, amarena sotto spirito, noce moscata, vaniglia e dalla trama sapidissima l’Amarone della Valpolicella Classico Monte Olmi Riserva 2016 di Tedeschi, condotta oggi dai fratelli Antonietta, Sabrina e Riccardo, eredi della lungimiranza del padre Lorenzo che produsse fra i primi cru di Amarone nel 1964. Lampone, camelia e lavanda al naso dell’etereo e vivace Amarone della Valpolicella Riserva 2016 di Musella, azienda fondata da Emilio Pasqua, convintamente biodinamica, che si trova a sud della Valpolicella immersa in un parco ricco e armonioso. Ancora, l’Amarone della Valpolicella Classico Campolongo di Torbe 2013 di Masi - azienda della famiglia Boscaini, che ha sviluppato un’esperienza tecnica lunga 250 anni, soprattutto sull’appassimento delle uve - si conferma un concentrato complesso e persistente di frutta rossa, fiori appassiti, sottobosco, spezie dolci e note di goudron. Chiude la degustazione la Riserva 2010 di De Buris, Amarone della Valpolicella dall’anima terrosa e tostata, addolcito dalla confettura di more e menta e tesissimo nel sorso del vino più prestigioso della famiglia Tommasi, che, per prima, ha introdotto il guyot in zona, ricca di 205 ettari vitati di cui 105 nella Valpolicella Classica.
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