
E’ stato coniato un nuovo termine, vulca-enologia, per sottolineare la particolarità della vitivinicoltura dell’Etna che può contare contemporaneamente sulla ricchezza in sali minerali dei terreni lavici, dell’altitudine della montagna, della vicinanza del mare e di un clima mediterraneo comunque temperato anche ad altezze elevate. Condizioni che, tutte insieme, si presentano solo sull’Etna. Il termine vulca-enologia è stato lanciato dall’azienda Cottanera dei fratelli Enzo e Guglielmo Cambria, e dei figli di quest’ultimo Mariangela, Francesco ed Emanuele, che hanno vigneti e cantina a Castiglione di Sicilia, sul versante nord del vulcano.
“I vini dell’Etna si distinguono per sapidità, dovuta al terreno ricco di sali minerali, e longevità dovuta alla buona acidità - spiega l’agronomo dell’azienda Salvo Giuffrida - il sole di Sicilia dà loro concentrazione, l’altezza conferisce equilibrio. Ma fare vino sull’Etna è come mettere le briglie ad un purosangue, bisogna tenerle sempre un po’ tirate. Perché qui il problema è semmai l’eccessiva vigoria delle piante”.
Per queste caratteristiche di terreno e di clima, sulle pendici del vulcano i vitigni internazionali si presentano con personalità diversa dal resto della Sicilia, sono più equilibrati ed eleganti, ma il vitigno principe resta l’autoctono nerello mascalese su cui anche l’azienda Cottanera sta puntando.
“I grandi vini sono quelli che sanno invecchiare bene accrescendo la loro complessità - spiega il consulente enologo Lorenzo Landi, in azienda dal 2004 - il nerello mascalese è così, un grande vitigno per longevità e originalità aromatica che migliora con il passare degli anni. L’Etna è oggi un territorio di ricerca per l’enologia d’identità. I vini che hanno successo sono quelli che sanno distinguersi dagli altri e sull’Etna si può ottenere proprio questo, vini unici dalla grande personalità e lunga vita, soprattutto con gli autoctoni”.
Il ritratto - L’azienda Cottanera della famiglia Cambria
Sono diventati famosi per un errore, un errore di consegna di barbatelle. Per quell’errore è arrivata sull’Etna la mondeuse, vitigno a bacca rossa tipico dell’Alta Savoia, che l’azienda Cottanera ha presentato con il nome di Ardenza e che da quel lontano ’98, quando sono iniziati i primi test di vinificazione, continua a sorprendere e piacere.
L’Ardenza non ha nulla a che fare con i vini fatti con la mondeuse nell’Alta Savoia, “sull’Etna è completamente diversa - spiega Enzo Cambria - è stata provata, con cattivi risultati, anche in Toscana. Adesso so che stanno tentando negli Stati Uniti”. Ma sinora l’Ardenza è veramente un vino unico. Da qualche anno l’azienda punta però sull’autoctono nerello mascalese.
Un altro prodotto straordinario di Cottanera - promette Enzo Cambria - sarà infatti il primo nerello mascalese in purezza dell’azienda, nonché la prima doc Etna di Cottanera, annata 1995, da uve di contrada Solicchiata perfettamente arrivate a maturazione con un magnifico equilibrio tra acidità e zuccheri, sostengono i proprietari, che forse uscirà nell’autunno del 2007. Un vino che i Cambria ritengono abbinerà in modo esemplare la potenza del sole con la finezza del freddo della vulca-enologia.
L’azienda Cottanera dispone di cinquanta ettari di vigneto di proprietà ad un’altezza media di 700 metri sul versante nord-ovest dell’Etna dove, come è tradizione, sono le donne a curare le vigne “e sono più operative e precise” assicura l’agronomo Salvo Giuffrida. Le vinificazioni avvengono vigneto per vigneto, la filosofia produttiva dell’azienda è che per ogni vino prodotto sia chiaro il legame con lo specialissimo territorio d’origine.
Alma Torretta
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