
L’obiettivo era di ricreare in Toscana la filiera bosco-vigna, che lega il comparto forestale al settore vitivinicolo, infondendo valore alla produzione legnosa e, contemporaneamente, recuperare e reinterpretare in chiave moderna un elemento della tradizione enologica toscana come è di fatto la botte di castagno, capace di caratterizzare in modo peculiare, e ancor più “territoriale”, il vino. Un percorso, quello del progetto ToSca, i cui risultati sono stati presentati nei giorni scorsi al Castello di Verrazzano, a Greve in Chianti, tra le cantine, nel cuore del Chianti Classico (e dove nel 1485 nacque il navigatore Giovanni da Verrazzano, scopritore della baia di New York e della maggior parte della costa Est degli attuali Stati Uniti, ndr), che hanno preso parte al progetto, con le evidenze emerse dalla degustazione dei prodotti vinificati e affinati nei carati di castagno toscano.
Un progetto a cui hanno partecipato tre aziende toscane, il Podere Scurtarola di Massa, il Podere 1808 di Pistoia, ed il Castello di Verrazzano, oltre al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (Dagri) dell’Università di Firenze, la Fondazione per il Clima e la Sostenibilità e la Federazione Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori di Toscana. Il gruppo di lavoro del Dagri dell’Università di Firenze ha indagato gli aspetti relativi alla qualità dei vini, nelle loro caratteristiche di stabilità e di identità organolettica.
“L’obiettivo - ha spiegato Valentina Canuti, professoressa di Enologia dell’Università di Firenze e responsabile scientifica del progetto - era di approfondire le relazioni che si stabiliscono tra i vini toscani e i carati in legno di castagno, per dare ai produttori toscani un’informazione che fosse il più possibile completa per introdurre nelle loro cantine una pratica tradizionale in chiave moderna e innovativa, valorizzando così in modo originale e identitario lo stile dei loro vini”. Le informazioni portate dai vini sono state chiare: dall’analisi dei risultati, ha spiegato Canuti, è stato possibile osservare che a livello chimico il legno di castagno interagisce con le caratteristiche del vino in modo diverso rispetto a quanto avviene con il legno di rovere, migliorando ad esempio la stabilità del colore nei vini rossi, che risultano allo stesso tempo anche più intensi. Nel profilo aromatico un aspetto interessante e che necessita di essere approfondito è legato alla maggior presenza di composti varietali volatili nei vini affinati in castagno.
Sono stati Lapo Pierguidi e Monica Picchi a presentare i risultati del progetto al Sensory Lab del Dagri dal panel, addestrato nella descrizione sensoriale dei vini di Sangiovese: l’affinamento in castagno esalta in modo significativo la nota olfattiva di amarena, ma questo effetto si riduce nel caso della tostatura alta, che attenua anche l’intensità dell’odore di rosa. Al contrario, nella tostatura media, nei vini affinati in castagno a essere valorizzate ed esaltate sono le note floreali. Differenze percepibili tra legni di diversa origine botanica e trattati con diverse tostature che i partecipanti all’incontro hanno potuto verificare nella degustazione tecnica nella quale sono intervenuti i produttori Andrea Triossi di Podere 1808, Pierpaolo Lorieri di Podere Scurtarola e Giovanni Luigi Cappellini del Castello di Verrazzano. Secondo i quali, i carati in legno di castagno toscano potranno portare ai vini toscani uno stile nuovo che parla al tempo stesso di tradizione, e, come ha sottolineato Cappellini, che nella sua azienda ha creduto nel progetto fino dalle prime sperimentazioni ormai quasi dieci anni fa, saranno in grado di dare vini che non somigliano a nessun altro vino. La sperimentazione è stata impostata seguendo nelle tre cantine partner un preciso disegno sperimentale, nel quale sono stati utilizzati i carati di castagno toscano da 250 e da 500 litri sottoposti a tre diversi livelli di tostatura (alta, media e bassa) per la maturazione sulle fecce fini di due vini bianchi, Vermentino e Trebbiano toscano della vendemmia 2024, e per l’affinamento di un anno del Sangiovese 2023.
È stato un percorso lungo quello che ha portato, attraverso tanti anni di approfondimento e studio, le aziende, gli artigiani e i ricercatori toscani a lavorare insieme con il supporto delle istituzioni, per ridare vita alla filiera legno-vino. Una tradizione che si era interrotta e che grazie ad un lungo lavoro di sperimentazione può tornare a vivere.
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