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POLITICA DEL VINO

Riorganizzazione Do, promozione, vino e salute e sostenibilità: le priorità Uiv per il nuovo Governo

La lista delle proposte, con correttivi di medio e lungo termine, di Unione Italia Vini (Uiv) per risolvere le urgenze della filiera enoica
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Le richieste della Uiv al nuovo Governo

I numeri parlano chiaro, e confermano (per una volta) gli scenari anticipati nelle scorse settimane da sondaggisti ed analisti: il centrodestra ha stravinto le elezioni Politiche, e si appresta a governare il Paese con una solida maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Ci vorrà ancora qualche settimana affinché il Governo, guidato con ogni probabilità da Giorgia Meloni, entri ufficialmente in carica (le Camere si riuniranno, per dare inizio formale alla XIX Legislatura il 13 ottobre, ndr), ma le filiera produttive del Belpaese si sono già messe in moto per stilare la lista delle priorità e delle urgenze. Anche il vino ha le sue necessità, per farsi trovare pronto alla sfida dei mercati in un momento storico assai complesso, come abbiamo avuto modo di raccontare negli ultimi mesi su WineNews. A presentare, per prima nel settore del vino, la lista delle proprie proposte, fatte di correttivi di medio e lungo termine, è l’Unione Italiana Vini (Uiv), guidata da Lamberto Frescobaldi.

Sono quattro le principali aree tematiche su cui vertono le analisi, e quindi l’agenda, della Unione Italiana Vini (Uiv). A partite da quello che è un vero e proprio cavallo di battaglia della presidenza di Lamberto Frescobaldi, ossia il riordino delle Dop e delle Igp, con proposte forti come l’accorpamento in macro denominazioni di quelle Do con tassi di imbottigliato inferiori al 50%. Fondamentale, quindi, il capitolo che riguarda la promozione, perché in gioco ci sono i fondi Ocm da difendere per il futuro, ma anche logiche diverse di allocazione delle risorse, che premino, ad esempio, il raggiungimento di obiettivi e performance nei mercati target, puntando all’istituzione di piani pluriennali capaci di sostenere una programmazione pluriennale nei Paesi target, cristallizzando le regole dei bandi nazionali. A questo si ricollega il turbolento capitolo dedicato a vino e salute, perché le conquiste in ambito Ue (con il voto sul “Cancer Plan”) sono già messe in dubbio dall’ultimo voto dell’Oms di Tel Aviv: il modello di consumo “mediterraneo”, e quindi moderato, di vino, secondo Unione Italiana (Uiv) e secondo tutta la filiera enoica italiana, va difeso in ogni sede internazionale. Infine, la sostenibilità, regolamentata in vigna ed in cantina con il disciplinare di certificazione nazionale della sostenibilità del 16 marzo 2022, ma comunque implementabile da qui ai prossimi anni.

Al primo punto, la “Riorganizzazione delle Dop/Igp”, che poggia su tre capisaldi:

1. Implementazione di un rafforzamento del sistema dell’offerta di qualità, Dop/Igp in Italia, mediante il lancio di un piano ad hoc, concertato tra Ministero, Comitato Nazionale Vini e Regioni, di riorganizzazione del sistema delle Dop/Igp.

2. Il piano di “riorganizzazione dell’offerta” dovrebbe, altresì, comprendere una revisione del testo unico del vino, valutando la revisione di alcune disposizioni che riguardano la gestione delle produzioni. Di seguito alcune ipotesi:

Accorpamento in macro-Do, anche tramite sottozone e/o U.G.A., delle denominazioni di origine esistenti con tassi medi di imbottigliato/rivendicato inferiori a determinate percentuali (non inferiori al 50%).

Definizione di una soglia minima di imbottigliamenti annui per le Igt e accorpamento in Igt regionali di quelle con scaglioni produttivi inferiori.

Ridefinizione della vocazionalità dei vigneti a Do/Ig e riduzione delle promiscuità produttive.

Definire con maggiore chiarezza gli elementi oggettivi che definiscono la rinomanza commerciale di un vino a DO.

Profondo ripensamento delle regole di riclassificazione tra Do.

Ridefinizione dei criteri che regolano i superi di campagna.

Tutela produttiva degli areali tradizionalmente specializzati nella produzione di vini comuni.

Revisione e auspicabile ampliamento della lista dei vitigni atti alla produzione di vini fermi “Varietali”.

Il Comitato Nazionale Vini va riformato nelle sue competenze, che devono essere anche di indirizzo strategico, e ridefinito nella sua composizione. Inoltre, dovrebbero essere rese disponibili risorse per le funzioni ordinarie e per una valutazione più oggettiva delle istanze di modifica e/o riconoscimento delle Do/Ig, sul modello dell’Inao francese.

Al secondo punto c’è, quindi, il grande capitolo dedicato alla “Promozione”, senza dubbio tra i temi più caldi del momento, che la Uiv vorrebbe tutelare così:

Mantenimento della politica di promozione Ocm vino nel futuro piano nazionale di sostegno, con individuazione dei criteri di priorità (esempio sostenibilità, mercati di sbocco più importanti, ecc.) e flessibilità sulle modifiche dei progetti in corso.

I fondi della promozione necessitano di essere orientati con criteri innovativi e le attività di rendicontazione dell’efficacia delle azioni vanno potenziate ed elevate a criterio di eleggibilità delle azioni negli anni successivi. Vanno in questo senso incentivate - anche economicamente - le iniziative tese a dotarsi di strumenti di misurazione delle performance sui mercati obiettivo, come la creazione di osservatori economici permanenti.

Istituzione di un piano pluriennale sulla misura promozione dei Paesi terzi nella futura programmazione finanziaria, che durerà fino al 2027. Individuazione delle priorità del messaggio che l’Italia vuol dare all’estero, priorità di mercati di sbocco al fine di diversificare l’export made in Italy, cristallizzazione delle regole dei bandi nazionali (ai quali vanno assegnate maggiori risorse) per garantire agli operatori certezza giuridica, flessibilità sulle modifiche dei piani in corso.

Strumenti di “internazionalizzazione” Maeci/Ice: individuazione di un piano pluriennale di promozione istituzionale per il vino, disegnato e implementato mediante una cabina di regia unica co-partecipata dalle imprese, nei principali mercati target per l’internazionalizzazione del vino (es. Stati Uniti, Canada, Cina, Giappone).

Promozione della “dieta mediterranea”: piano di azione pubblico/privato per la promozione in Italia e all’estero del c.d. “modello mediterraneo”, di dieta e del consumo moderato di vino e finanziamento di studi e ricerche sugli effetti del consumo moderato di vino, nell’ambito di una dieta sana ed equilibrata.

Politica commerciale e accordi di libero scambio: potenziamento degli accordi di libero scambio con i Paesi obiettivo come Australia e India, implementazione degli accordi già completati (CETA con il Canada, Giappone, Vietnam, Uk), ratifica accordi conclusi (Mercosur e Nuova Zelanda)

Ripristino del dialogo tra Unione Europea e Stati Uniti d’America, primo mercato al mondo per consumo di vino, per un’intesa e una modernizzazione del c.d. “accordo vino” del 2008, creazione di un’area di libero commercio con riduzione progressiva dei dazi doganali residui e maggiore armonizzazione delle regole, soprattutto in riferimento al vino biologico.

Vini dealcolizzati e/o parzialmente dealcolizzati: i produttori italiani devono essere competitivi sul mercato internazionale anche cogliendo l’opportunità di questi nuovi prodotti. Il testo unico italiano va armonizzato alla legislazione europea.

Altro argomento di enorme attualità, ma anche complessità, è quello che riguarda “Vino e Salute”. Come ricorda Unione Italiana Vini, il vino, come altri prodotti agricoli e agroalimentari italiani, è al centro di attacchi a livello europeo e internazionale e di iniziative volte a minare l’immagine del settore, del modello di consumo “mediterraneo”, del valore culturale e sociale del prodotto e, di conseguenza, a penalizzarlo nelle politiche dell’UE. Il vino è nell’agenda politica a livello globale, europeo e nazionale; soffre continue pressioni e richieste da parte delle autorità sanitarie pubbliche e di alcune ONG per lo sviluppo di politiche restrittive sull’alcol e per l’applicazione alle bevande alcoliche di misure simili a quelle applicate ai prodotti del tabacco, senza fare distinzione tra “consumo moderato” e “abuso”. L’approccio del "no-safe level", che contesta il consumo di vino di per sé, può essere considerato un primo passo verso una politica proibizionista da parte dell’Unione Europea, ispirata dall’approccio e dalla costante pressione dell’OMS, la quale, in ultima istanza, vorrebbe escludere il settore da qualsiasi dibattito pubblico che riguarda il futuro delle politiche della salute che riguardano la lotta all’abuso di alcol.

Per Unione Italiana Vini, l’approccio promosso del “no-safe level”, che contesta il consumo di vino di per sé, può essere considerato un primo passo verso una politica proibizionista. Le decisioni che saranno assunte nelle prossime settimane dalle istituzioni europee e internazionali in materia di etichettatura (health warning, nutriscore, eliminazione digitalizzazione), promozione, fiscalità, pubblicità e marketing potrebbero mettere a rischio la sostenibilità del settore vitivinicolo. È necessaria, pertanto, una decisa azione e del governo italiano, a livello europeo e internazionale a difesa del settore agricolo, del settore vitivinicolo e del modello di consumo “mediterraneo”.

Unione Italiana Vini chiede al futuro governo italiano, in particolare, di promuovere le seguenti azioni di breve, medio e lungo periodo:

Un impegno costante a livello comunitario e internazionale, instaurando alleanze con altri Paesi europei ed extra-europei in tutte le sedi opportune, al fine di promuovere il c.d. “modello mediterraneo” e il consumo moderato e consapevole del vino, non soltanto una bevanda alcolica, ma un alimento liquido, un prodotto culturale, ambasciatore della storia, dei territori, della biodiversità, dei paesaggi e del saper fare dei viticoltori.

La costituzione di un comitato permanente e inter-istituzionale di difesa e promozione del food & wine, tra Mipaaf, Mise, Ministero della Salute e Maeci, per il monitoraggio e la discussione delle politiche europee e internazionali che hanno un impatto sull’agroalimentare e sul vino, al fine di concertare posizioni univoche e coerenti sulle diverse iniziative nei diversi e numerosi forum decisionali.

La ferma opposizione contro l’iniziativa irlandese che rischia di frammentare il mercato unico europeo, mediante l’obbligo di indicazione in etichetta di messaggi allarmistici.

Il sostegno, in sede di Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle discussioni relative alla differenza tra abuso e consumo di bevande alcoliche, e una posizione di equilibrio che sottolinei l’obiettivo di contrastare l’abuso di alcol (e non una riduzione tout court dei consumi pro-capite), di evidenziare la differenziazione negli approcci alle politiche di lotta all’abuso di alcol nei singoli Paesi e di rimarcare il coinvolgimento degli operatori economici nell’impegno alla corretta informazione al consumatore.

In coerenza con quanto espresso dal Parlamento Europeo lo scorso 16 febbraio, nell’ambito del suo parere al Piano europeo di lotta contro al cancro, Uiv sostiene l’utilità di includere, tra le informazioni ai consumatori, messaggi/pittogrammi sul consumo moderato e responsabile, e di promuovere l’utilizzo dell’etichettatura digitale, come strumento cardine dell’informazione moderna ed efficace ai consumatori.

Il supporto della costituzione di un piano di comunicazione per la promozione in Italia e all’estero del c.d. “modello mediterraneo”, la dieta condivisa dall’Italia e dagli altri Paesi che si affacciano sul bacino del mediterraneo e che condividono il consumo moderato di vino.

La promozione, mediante gli enti di ricerca nazionali, di specifici studi, analisi e ricerche sugli effetti del consumo moderato di vino nell’ambito di una dieta sana ed equilibrata, tenendo conto dei modelli di consumo.

All’ultimo punto, ma non certo per importanza, la “Sostenibilità”: con l’approvazione del disciplinare di certificazione nazionale della sostenibilità della filiera vitivinicola, siglato il 16 marzo 2022 dal Mipaaf, l’Italia si è dotata di una norma pubblica sulla sostenibilità, ricorda Unione Italiana Vini. Il disciplinare ministeriale riporta l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche finalizzate a garantire il rispetto dell’ambiente, la qualità e la sicurezza alimentare, la tutela dei lavoratori e dei cittadini, e un adeguato reddito agricolo. Il nuovo disciplinare fa riferimento alle procedure, ai principi e alle disposizioni contenute nelle “linee guida nazionali di produzione integrata per la filiera vitivinicola”, di cui alla legge 3 febbraio 2011 n. 4, integrate tenendo conto, sia per la fase di campo sia per quella di cantina, delle prescrizioni e dei requisiti previsti da norme cogenti o volontarie, nazionali o internazionali, e dei più recenti orientamenti in materia di sostenibilità dei processi produttivi della filiera vitivinicola. Viene, infatti, acquisito il concetto di sostenibilità sui tre pilastri, ambientale, sociale ed economico, ed esteso a tutta la filiera, dalla gestione del vigneto fino al prodotto finito.

Per le revisioni future, le richieste di Unione Italiana Vini per la fase agricola, anche e soprattutto nel rispetto dei target definiti dagli indicatori di Agenda 2030, puntano all’adozione delle seguenti buone pratiche:

favorire tecniche di gestione del suolo conservative e poco dispendiose in termini energetici,

promuovere l’adozione di piani di concimazione annuale, basati anche sull’analisi del terreno e fogliare,

ridurre la lista dei fitofarmaci impiegabili per la difesa in viticoltura, permettendo l’uso di molecole di ultima generazione, meno impattanti per l’ecosistema viticolo e la biodiversità.

favorire tecniche di difesa che permettano di ridurre i quantitativi di prodotti fitosanitari utilizzati, a parità di garanzia dei requisiti qualitativi di processo;

favorire azioni volte a migliorare la biodiversità, con azioni di sensibilizzazione e formazione diffuse.

Per tutta la filiera (vigneto e trasformazione):

sviluppare la cultura del monitoraggio, ossia la necessità di dover “registrare” su qualsiasi supporto (cartaceo e/o informatico) i dati relativi alle materie prime utilizzate, prodotte e “consumate”, riducendo al minimo il rilascio di sostanze chimiche e materiali pericolosi e aumentando per contro il riciclaggio e il riutilizzo sicuro dei prodotti di scarto.

Questo aspetto porterà alla definizione di indicatori anche semplificati per la misurazione delle c.d. impronte ambientali (carbonica e idrica), che potranno consentire agli operatori di valutare nel tempo in modo quantitativo i miglioramenti apportati.

Aspetti di carattere generale - logo/marchio:

Sarà, inoltre, necessario lavorare alla valorizzazione della certificazione con un logo di riconoscimento, promosso anche a livello internazionale, attraverso il quale i vini italiani potranno comunicare di essere realizzati seguendo le buone prassi in vigna e in cantina, fondate sui tre pilastri della sostenibilità.

In tal senso, si propone l’impiego del logo del sistema SQNPI (ape), in quanto già conosciuto e identificato con la sostenibilità ambientale e la biodiversità.


Focus - Il vino italiano in cifre

Il settore vitivinicolo italiano rappresenta uno dei comparti più dinamici e rilevanti dell’agricoltura e dell’economia italiana, nonché uno dei principali ambasciatori del made in Italy agroalimentare: con una quota pari al 12%, il vino è anche la voce principale per l’export agroalimentare italiano, che nel 2021 ha superato quota 57 miliardi di euro (+11%). Con un saldo attivo di 6,7 miliardi di euro (7,1 miliardi di export e solo 400 milioni di import), il vino contribuisce per il 41% al saldo positivo della bilancia dell’agroalimentare italiano (+16,6 miliardi complessivi nel 2021).

A questi valori si aggiungono quelli dell’industria delle tecnologie per la produzione e il confezionamento di vini, che vede l’Italia leader mondiale: nel 2021, l’export ha superato quota 2 miliardi di euro (+5%), per un saldo attivo della bilancia commerciale di 1,7 miliardi di euro (+3% sul 2020).

Con oltre 13 miliardi di euro di fatturato complessivo nel 2021, la filiera vitivinicola italiana è composta da 255 mila imprese viticole, 46.000 aziende di vinificazione e quasi 2.000 imprese industriali e di imbottigliamento.

L’Italia, che conta una superficie vitata di 680.000 ettari, è il primo produttore di vino al mondo (nel 2021, la produzione si è attestata a circa 50 milioni di ettolitri + 3% vs 2020); oltre la metà del vino è a Dop/Igp. L’’Italia è primo Paese in Europa per numero di denominazioni e indicazioni geografiche, in tutto 526 tra Docg, Doc e Igt.

La viticoltura è diffusa in tutta l’Unione Europea e conta più di 3,2 milioni di ettari vitati e 2,5 milioni di aziende vitivinicole, le quali impiegano una forza lavoro molto ampia, con 3 milioni di posti di lavoro diretti a cui si aggiungono quelli indiretti (enoturismo, fiere, macchinari, ecc.).

Il settore fornisce occupazione in Italia ad 1 milione e trecentomila persone, tra quanti sono impegnati direttamente in vigna, in aziende e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse, come la fabbricazione di macchinari, sostanze enologiche, tappi, etichette ecc. La maggioranza di questi posti di lavoro non sono delocalizzabili.

Il settore vitivinicolo contribuisce al mantenimento di un’attività economica nelle aree rurali fragili e allo sviluppo del turismo nelle stesse zone. Nel 2019 (anno pre Covid), il turismo del vino italiano ha registrato 14 milioni di visite, per un giro di affari da 2,5 miliardi di euro.


Focus - Mercato: stato di salute e prossime sfide

Nel primo semstre 2022, la tendenza delle vendite di vino italiano nel mondo va riducendosi: sui principali mercati, al netto degli spumanti che continuano a crescere (+10% volume, seppur con ritmi più blandi rispetto al recente passato), gli indicatori delle importazioni per i vini fermi imbottigliati sono nettamente negativi, segnando un -5% rispetto al 2021. Problematica, rimanendo sui vini fermi, la situazione in Usa (-4%), Uk (-7%), Germania (-8%), Svizzera (-9%), mercati che rappresentano quasi il 60% dell’export del nostro vino nel mondo. La situazione di difficoltà viene confermata anche dall’andamento delle vendite sul canale retail: in Usa e Germania, i vini italiani tra gennaio e giugno hanno perso il 9% in volume, in UK si scende addirittura al 13%. La tendenza negativa coinvolge anche la spumantistica, con Germania a -19%, UK a -16% e Usa a -4%, segno che i consumi di bollicine in questo momento sono retti dal fuori casa, ripartito a pieno ritmo Dopo lo shock pandemico.

Anche sul mercato nazionale la situazione non è affatto florida: nel primo semestre, le vendite in grande distribuzione hanno perso l’8% in volume e il 6% in valore, con le pressioni inflazionistiche non ancora manifestatesi pienamente: solo maggio e giugno hanno visto incrementi sostanziali dei prezzi a scaffale (rispettivamente +4% e +6%), e la tendenza al rialzo è già confermata anche a luglio (+5%). Se è vero che il bilancio per ora è reso meno amaro da un andamento molto positivo della stagione estiva, con la ristorazione e gli alberghi attivi a pieno regime, è altrettanto vero che il settore vino - come in generale tutta l’industria - è in attesa della tempesta autunnale, quando il caro-energia farà sentire i propri effetti nefasti sia sulle aziende, sia soprattutto sui consumi delle famiglie.

A prima vista, il fenomeno contrattivo dei consumi di quello che consideriamo il vino “tradizionale” può considerarsi congiunturale. Non va, però, sottovalutato il fatto che segnali di cedimento si erano già avvertiti prima del 2020: la corsa dello spumante ha di fatto oscurato le croniche difficoltà dei vini fermi sui mercati internazionali, con tassi di crescita sui mercati maturi pari a pochi punti percentuali. Le cause sono molteplici e vanno a intrecciarsi e sovrapporsi:

Cambiamenti generazionali ed etnici: come rilevato nello studio dell’Osservatorio del Vino Uiv “The Way to North America”, presentato in occasione di Vinitaly 2022, il mercato americano - driver delle vendite italiane - è entrato in una fase di profondo cambiamento, che sta spiazzando la maggior parte dei prodotti tricolori, sintonizzati su una parte della popolazione in via di progressiva contrazione (Baby-boomers, White Americans);

Sulla scia dei cambiamenti generazionali, nuove bevande alcoliche stanno progressivamente erodendo la quota dei consumatori tradizionali: salutismo ed edonismo oggi trovano risposte in mix di bevande che solo in parte hanno il vino come protagonista, spesso e volentieri come “ingrediente” di miscele. L’esplosione degli Hard Seltzer, ma anche quella dei consumi di Tequila e di bevande alcoliche alla frutta, oppure di prodotti a bassa o zero gradazione alcolica, sono indicatori precisi di una rottura degli schemi tradizionali.

Il vino italiano è conosciuto e apprezzato soprattutto dalle generazioni mature, in particolare in quei Paesi che costituiscono lo zoccolo duro dei consumi (Usa, UK, Germania, Svizzera, Nord-Europa): per far fronte al cambio generazionale in atto e al contempo intercettare le giovani generazioni in quei Paesi dove l’età media della popolazione è più bassa rispetto a quelli occidentali, il settore deve avere l’ambizione di proporre prodotti più in linea con le tendenze attuali, sia a livello di composizione sia di packaging.

Le vendite di vino italiano sono concentrate per 2/3 su 6 mercati, più della metà dello spumante viaggia su soli tre Paesi (Usa, UK e Germania). Il settore deve intraprendere con convinzione la strada dell’allargamento dei mercati, come già fatto con successo da altri Paesi produttori (Cile, Australia per esempio), anche nell’ottica di breve di bilanciare la perdita temporanea dei Paesi coinvolti dagli scenari di guerra.

Razionalizzare l’offerta: su un totale di oltre 500 Dop-Igp, le prime 10 valgono la metà degli imbottigliamenti effettivi (dati 2021). Un terzo delle Dop-Igp porta alla bottiglia meno del 40% del potenziale prodotto, un altro 30% non va oltre il 59%, mentre solo 80 hanno un rapporto imbottigliato/rivendicato superiore all’80%. È evidente la complessità del sistema, che per essere promossa con efficacia sui mercati - specialmente quelli più lontani - necessita di scelte radicali, come quella di sostenere finanziariamente quelle Do-Ig che effettivamente presidiano i mercati e quindi irraggiano con tutto il sistema Italia.

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