Da queste ore, formalmente, almeno i ristoranti in zona gialla e con tavoli all’aperto, hanno potuto riprendere il servizio al tavolo. In teoria, un segnale, una boccata di ossigeno per un settore strategico del made in Italy, che ha subito più di altri l’impatto della pandemia e delle misure per contenerla, e che, tra il 2020 ed il primo terzo del 2021, ha bruciato qualcosa come 50 miliardi di euro (stime Fipe/Confcommercio). Ma si tratta, almeno in queste prime battute, di una ripartenza che non parte. La realtà e la prudenza di tanti ristoratori (molti aspetteranno ancora qualche giorno, puntando soprattutto sul weekend), il clima, che, in questi giorni, in molte zone non aiuta, la necessità di organizzarsi al meglio gestendo i costi, e tanti altri elementi di incertezza (non ultimo la possibilità che le Regioni gialle possano tornare arancioni o rosse) si scontrano con i desideri delle imprese della ristorazione di ripartire. Ma anche con quella degli italiani di tornare a mangiare fuori, con uno su due che secondo un sondaggio di “The Fork” tornerà al ristorante già in questa settimana, un 62% che dichiara che tornerà a mangiare fuori con la stessa frequenza di prima della pandemia, ed il 51% che dice ci sentirsi più sicuro al ristorante che a casa di amici. In ogni caso, se già come noto la possibilità di tornare a fare servizio al tavolo, almeno fino al 31 maggio, per ora, coinvolgerà la metà dei ristoranti italiani, quelli che hanno servizio fuori (mentre dal 1 giugno si potrà tornare anche al chiuso, ma solo fino alle ore 18, e quindi non a cena, ndr), c’è chi ci prova, nonostante tante incertezze, e chi preferisce aspettare ancora un po’, come raccontano tanti ristoratori, stellati e non, del Belpaese, sentiti in queste ore da WineNews.
“Noi abbiamo riaperto, siamo un gruppo di lavoro che non si tira mai indietro, non ci fermiamo mai - dice Chicco Cerea, alla guida del tristellato da Vittorio di Brusaporto, a Bergamo - per fortuna abbiamo dei grandi dehors sia al Da Vittorio che in Cantalupa. Ma il dato di fatto è che le previsioni meteo sono brutte, la sera fa freddo da noi, ancora, è un’apertura un po’ sballata. Ci sono cose che non tornano. Nell’albergo poi quelle 20-23 persone ce le abbiamo sempre, e loro possono mangiare al chiuso senza limiti di orario, così si crea l’assurdo che alcuni stanno fuori in condizioni climatiche non ideali, e guardano quelli dentro … non si capisce, devono farci applicare i protocollo di distanziamento, sacrosanti, ma farci lavorare anche al chiuso, con le restrizioni, in sicurezza, ma farci lavorare. Stiamo continuando a rovinare un patrimonio, quello della ristorazione, e così mandiamo via anche i turisti negli altri Paesi. Non c’è lungimiranza, senza contare che, dopo un anno, che i ristoranti sono fermi la situazione sanitaria è sempre difficile. Il problema, dunque, non sono i ristoranti”. Si muove, ovviamente, anche Milano. C’è chi punta sull’orario continuato, con la cucina sempre aperta dalle ore 12 alle ore 22, come succede in tempi normali soprattutto nelle località di maggior turismo o nelle grandi città, e come ha scelto di fare, tra gli altri, una delle case history più importanti ed in vista di Milano, il gruppo Langosteria, con il suo Langosteria Bistrot. Non riapre, invece, con il suo bistellato D’O, Davide Oldani, ma con un progetto “pop up”, sempre a Cornaredo, nella piazzetta davanti al ristorante, dal 29 aprile, che si chiama “Pan Cot”, “e non riguarda il D’O, ma i ragazzi del D’O - spiega Oldani - e tutto ruoterà intorno alla ricetta del nostro “Pan Cot”, un lievitato del territorio che conterrà tutta la cucina italiana, molto primaverile. Ripartiamo con le regole che ci hanno dato, spero che ci sia presto una revisione sul tema dei codici Ateco, che è fondamentale. E sul coprifuoco, se proprio dobbiamo cercare di vederla in positivo - dice lo chef, con amara ironia - diciamo che può aiutarci a gestire meglio i tempi, ad andare a letto prima la sera ed a lavorare meglio il giorno dopo. Altrimenti continuiamo solo ad arrabbiarci”. “È una ripartenza falsa - dice, dal canto suo, Andrea Berton dello stellato ristorante Berton - ed i locali come il mio non possono aprire perchè non abbiamo spazi esterni, è discriminante. Abbiamo messo in sicurezza il ristorante dall’inizio secondo i protocolli. Così non va bene, è una discriminazione che mette in difficoltà gran parte dei ristoranti italiani che non hanno spazio esterno. Abbiamo distanziato i tavoli, sanificato, come è giusto fare, abbiamo il ricircolo dell’aria che viene cambiata e pulita con un impianto moderno, ma non ci è concesso aprire. Servirebbero più controlli per far rispettare le norme e far lavorare chi è in regola per farlo”.
Spostandoci in Piemonte, non riaprirà il tristellato Piazza Duomo di Alba dello chef Enrico Crippa (con la famiglia Ceretto), “almeno per il momento, finché non avremo migliori condizioni soprattutto metereologiche perché non abbiamo dehor”, mentre invece lo farà La Piola (la trattoria d’autore che sta sotto al Piazza Duomo, ndr) nel weekend, “ma con un “forse grande così”, e sempre tempo permettendo e incrociando le dita, con la possibilità di stare all’eterno nei tavoli che possiamo mettere sulla piazza, e dove si sta già lavorando per il delivery. Un tentativo per capire la fattibilità, perché l’andamento climatico di maggio per ora non è buono, e con il pensiero di dover richiudere. E allora sarà davvero una barzelletta”.
“Noi ripartiamo giovedì 29 aprile nel nostro giardino esterno - dice, da Torino, Matteo Baronetto dello storico ristorante Del Cambio, una stella Michelin - mentre la Farmacia Del Cambio è già ripartita da oggi. Anticipiamo l’orario di servizio dalle ore 19, e vediamo come va. Più che l’estensione del coprifuoco, che sarebbe comunque positiva, la cosa più importante sarebbe avere presto la possibilità di fare il servizio all’interno, con tutti i distanziamenti e limiti del caso, almeno in caso di maltempo”. E sempre nella città sabauda riaprono anche i ristoranti di Eataly Lingotto, nel grande dehor sul piazzale pedonale antistante, circondato dal verde dei fiori e delle piante di Or-TO, l’Orto Urbano di Torino Nizza Millefonti, e nella terrazza. Con servizio dalla colazione fino alla cena, e ovviamente a pranzo, anche con La Taverna del Re, bistrot dello chef stellato Ugo Alciati. Così come quelli di Green Pea, il primo Green Retail Park al mondo dedicato al tema del Rispetto, aperto a Torino di fianco al primo Eataly, con il ristorante stellato Casa Vicina, il bistrot 100 Vini e Affini e il cocktail bar dell’Otium Pea Club.
Riaprirà, nella seconda metà di maggio, con previsione il 21 maggio, L’Argine, a Vencò, della chef Antonia Klugmann,, stella Michelin e tra i simboli gastronomici del Friuli Venezia Giulia, dove si sta lavorando al progetto di allestimento del giardino perché fino ad oggi il servizio all’aperto non veniva effettuato, ad eccezione dell’aperitivo e come spazio relax. E che sarà una novità come il nuovo menù che la chef stellata sta ideando, con l’inconfondibile componente vegetale, di territorio e di stagione, che si ritrova anche nei piatti della tradizione di famiglia e dei ricettari del Friuli Venezia Giulia rivisitati con le tecniche dell’alta cucina appositamente per il delivery attivo, per la prima volta, dal dicembre 2020, con una cucina completamente diversa da quella del ristorante ma “molto stimolante” ha detto la chef.
“Ci siamo attrezzati all’aperto, in un plateatico con degli ombrelloni, e le sensazioni sono positive, le persone voglio tornare al ristorante - racconta Pietro Battistoni, alla guida de Il Calmiere di Verona, una storica trattoria in Piazza San Zeno - il problema è che sta piovendo, ancora è freddo, le previsioni non sono buone e non ci sono condizioni ideali per mangiare fuori, anche se qualcosa si cerca sempre di fare, magari anche chiedendo aiuto ai meteorologi per capire cosa succede di giorno in giorno. La situazione è difficile, i ristori dell’anno scorso hanno compensato l’affitto, e nel nostro caso la proprietà c’è anche venuta in contro, ma quest’anno ancora non è arrivato nulla. In questi momenti la gestione familiare, il nucleo della famiglia, è più importante che mai”.
Stesso sentiment, scendendo nel Lazio, a Roma, arriva da Fabiana Gargioli, terza generazione della famiglia che gestisce Al Pantheon, una delle più celebri trattorie di Roma, a pochi metri da uno dei suoi monumenti più famosi e visitati: “fuori abbiamo uno spazio con 5 tavoli, con fasce orarie su 2 turni sia a pranzo che a cena. Speriamo nel meteo, e chiaramente spieghiamo ai clienti che ci riserviamo di poter disdire le prenotazioni se le condizioni lo richiedono, perchè noi siamo nel centro storico e ad ora non c’è la possibilità di mettere coperture. Mi auguro che da maggio le cose cambino, che se i dati andranno bene ci facciano aprire dentro prima di giugno, basta che ci fanno lavorare”. Chi, nella Capitale, per ora non apre, per esempio, è Alex Pipero, un’istituzione della ristorazione romana con il suo stellato Pipero Roma, in Corso Vittorio Emanuele: “noi siamo ancora chiusi, non abbiamo tavoli fuori. Se nei prossimi giorni riusciremo a metterne qualcuno allora riapriremo, ma, in ogni caso, in questa fase cambieremmo completamente la nostra formula”.
Aspettando l’apertura della Gucci Osteria Tokyo, ma con la capitale giapponese che si trova a fare i conti con una nuova ondata di emergenza Covid fronteggiata con nuove misure restrittive, in Toscana, riaprirà il 29 aprile la stellata Gucci Osteria Firenze di Massimo Bottura, guidata dalla chef Karime Lòpez (che si occuperà di curare anche il ristorante in Oriente al fianco del tristellato chef n. 1 al mondo, mentre il terzo locale è a Beverly Hills), in Piazza della Signoria, della cui bellezza si potrà godere seduti a pranzo e cena ai soli tavolini del dehors nel rispetto delle norme anti-Covid.
Chi non usa mezze parole, come sempre, è Gianfranco Vissani, decano dell’alta ristorazione italiana con il suo Casa Vissani, due stelle Michelin a Baschi, in Umbria: “non si può mangiare fuori, fa ancora freddo e se i clienti devono fare la pipì devo mandarli dietro al cespuglio dato che dentro al ristorante non possono entrare? Si sono dimenticati di un po’ di cose, cose pratiche, non si capisce inoltre la logica: perché ad esempio fuori dai bar si può stare solo in quattro a bere il caffè? Perché non pensano ad aiutare con sostegni veri i ristoranti? Perché non si pensa anche alla filiera? Ci sono produttori di vino che non vendono più una bottiglia e altri che si salvano per un pelo, soltanto perché esportano all’estero. Da parte mia, non so bene cosa fare e per ora preferisco aspettare - dichiara Vissani - e osservare prima di riaprire. Non voglio fare il clandestino, ma lavorare in sicurezza, sia per i miei dipendenti che per la clientela”.
Dalle vicine Marche, se il tristellato Uliassi di Senigallia, sul sito del ristorante, fa sapere che la riapertura è prevista il 5 giugno, il collega e vicino Moreno Cedroni, due stelle con la Madonnina del Pescatore, risponde: “proviamo a riaprire, lo faremo da giovedì (il 29 aprile, ndr), e vediamo che succede”.
Da Eboli (Salerno), nella Campania che è la Regione in giallo più al sud (restano in arancione, infatti, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, ndr), aspetta ancora un po’ lo stellato il Papavero: “aspettiamo almeno una settimana in più per capire davvero come evolveranno le cose, anche perchè l’ufficialità del è arrivata venerdì e c’è sempre l’incognita dei colori che possono cambiare - spiega Vincenzo Ciriello, responsabile di sala del ristorante - arriviamo a venerdì, vedendo le proiezioni per la settimana successiva, e se si conferma la tendenza al giallo ripartiamo nel nostro giardino interno. Ovviamente, con tanta incertezza, perchè c’è sempre da guardare al clima, ed alla possibilità che la Regione, come tutte del resto, possano tornare in zona arancione o peggio, ma speriamo che non accada”.
Solo alcuni esempi, alcune voci di anime diverse di una ristorazione italiana stanca, in difficoltà, che, dopo più di un anno di sacrifici imposti, si trova a cercare di ripartire in una situazione segnata ancora da grande incertezza, con mille incognite e misure che sembrano talvolta andare contro razionalità e logica. Sperando in una campagna vaccinale che ancora non decolla, e che è il vero pilastro per superare la pandemia.
Focus - Il 79% degli italiani è pronto per tornare al ristorante entro le prossime tre settimane. Indagine “The Fork”
Dopo mesi di chiusura totale, il 26 aprile i ristoranti in zona gialla potranno riaprire i propri spazi all’aperto, sia a pranzo che a cena. In questo contesto “The Fork” - app leader per la prenotazione online del ristorante a livello globale - ha condotto un’indagine tra i suoi utenti per capire quali fossero le aspettative sulla riapertura e l’impatto dell’emergenza sanitaria sulle loro abitudini fuori casa. Tra i risultati, molti sono i segnali positivi che fanno sperare in una rapida ripresa come quella avuta durante l’estate scorsa, quando il livello di prenotazioni online del ristorante in alcune località italiane ha superato quelle del 2019.
La voglia di incontrarsi e condividere un momento a tavola è tanta - e non è una sorpresa: il 50% degli intervistati tornerà al ristorante nella settimana stessa della riapertura e il 28,5% nelle due settimane che seguiranno. Il 62,5% dichiara poi che andrà a mangiare fuori con la stessa frequenza di prima della crisi sanitaria. Inoltre, il 51% si sente più al sicuro a cena in un ristorante che rispetta le misure anti-covid che a mangiare a casa di amici mentre il 27% non ha saputo esprimere un parere a riguardo e il restante 22% si sente al contrario più in sicurezza nelle abitazioni private. E proprio a proposito di restrizioni, “The Fork” ha chiesto ai suoi utenti se queste fossero un ostacolo per il ritorno in sala: il 56,5% risponde di no, il 31% ritiene che lo siano solo in parte, il 10% le reputa un fattore che influenza il proprio desiderio di tornare a mangiare fuori e, infine, il restante numero di rispondenti ha preferito non pronunciarsi. A fronte dei nuovi protocolli di sicurezza previsti dalle Linee Guida delle Regioni, per le riaperture dal 26 aprile, che indicano una distanza fra i tavoli di almeno un metro negli ambienti al chiuso, estendibili a due metri in base allo scenario di rischio, e di almeno un metro all’aperto, il 57% degli intervistati si è dichiarato molto d’accordo con il distanziamento di 2 metri e parzialmente d’accordo con l’apertura dei soli posti all’aperto (47%).
L’indagine di “The Fork” ha poi delineato il profilo di un consumatore diverso rispetto a quello pre-pandemia: l’89% degli intervistati dichiara che alla riapertura prenoterà il tavolo con anticipo e l’87% lo farà online, prediligendo gli spazi all’aperto (74%). Ben il 71% si accerterà delle misure di sicurezza adottate prima di recarsi al ristorante e il 69% dichiara che lo farà attraverso le recensioni. Poco meno della metà degli intervistati (48,9%) poi sceglierà orari e giorni non di punta per recarsi a mangiare fuori. Ultimo ma non meno importante è l’aspetto economico: per il 35% dei rispondenti sarà importante prestare maggiore attenzione alle spese quando si andrà al ristorante.
Come è evidente dai risultati dell’indagine, la percezione ottimista e positiva degli utenti è legata soprattutto alle misure anti-covid impiegate dai ristoranti. Negli ultimi mesi infatti questi hanno implementato regole di sicurezza e investito in spaziatura dei tavoli, igiene, ventilazione, menù digitali ... Per aiutare i ristoranti ad accogliere i propri ospiti nelle migliori condizioni possibili, “The Fork” offre loro molte funzionalità che consentono di conformarsi ai nuovi standard post-pandemia e garantire la sicurezza del proprio team e dei propri clienti. Dal sistema di gestione delle prenotazioni unificato che consente ai ristoratori di gestire e massimizzare le prenotazioni in diverse fasce orarie e aiutarli a gestire la complessità della rotazione dei tavoli, alla mappa della sala che consente ai ristoranti di gestire il distanziamento tra i tavoli per massimizzare la disponibilità, dalla conferma della prenotazione tramite e-mail e sms, che aiuterà i ristoranti a ridurre al minimo la mancata presentazione, alla visualizzazione delle misure anti-Covid applicate dai ristoranti sul loro profilo “The Fork”.
“Quest’anno ci ha insegnato che il futuro è incerto, che tutto può cambiare dall’oggi al domani, ma siamo ottimisti e non rinunceremo al piacere della gastronomia e della convivialità. Abbiamo fiducia nei ristoratori che hanno dimostrato tenacia, agilità e creatività in questo contesto senza precedenti, ma anche negli utenti, che sono desiderosi di vivere esperienze fuori casa, dimostrando solidarietà con le imprese locali. Mangiare al ristorante è un’esperienza radicata nella nostra vita quotidiana ed è un riflesso del desiderio di connettersi e condividere” conclude Andrea Arizzi, Head of New Business di “The Fork”.
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