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SALONE DEL VINO - IL MERCATO CHIEDE SEMPRE PIU’ QUALITA’ ... MA ANCHE PREZZI GIUSTI!

Italia
Bottiglie in enoteca

La qualità prima di tutto ma occhio al prezzo. Il vino continua a tirare, ma il mercato si sta riposizionando e chiede, anzi pretende, qualità a prezzi più accessibili. La conferma da Torino (dove domani si chiude il Salone del Vino), che sta riunendo tanti importanti vignaioli ed addetti ai lavori di tutta Italia.

Dal Piemonte alla Sicilia, passando per la Toscana, per i produttori il verdetto è quasi unanime: l’attenzione dei consumatori si sta rivolgendo sempre più verso prodotti di fascia media in cui la qualità sta crescendo, ma anche la concorrenza straniera si fa sempre più agguerrita. Da Torino anche una “timida” proposta di calmierare i prezzi del vino o avviare una moratoria. “Un Brunello o un Barolo rimangono insostituibili e non hanno certo concorrenti - sottolinea Enrico Viglierchio, direttore generale di Castello Banfi di Montalcino - ma il mercato del vino sta comunque cambiando. Prodotti di fascia media dimostrano sempre più una forte dinamicità, riscontrando il consenso dei consumatori che avvertono anche in questa porzione di mercato una crescita qualitativa. Molto rimane da fare ma certo esistono ampi margini di crescita. Non dimentichiamo poi - aggiunge ancora Viglierchio - la concorrenza estera. Da tempo la battaglia internazionale dei prezzi si combatte proprio su vini di fascia media. In un momento di riposizionamento del mercato, non ci possiamo comunque permettere dei rincari, ma anche tagli dei prezzi ingiustificati
rappresentano una mossa sbagliata”. Anche la congiuntura economica non aiuta e nonostante i timidi segnali di ripresa provenienti dall’America, si continua a “navigare a vista”. “Solo dopo fine anno - conclude Enrico Viglierchio - capiremo meglio se la stabilizzazione e la ripresa ci sono o se si tratta di fuochi di paglia”.

Dello stesso avviso anche Salvatore Li Petri, direttore della Settesoli, la cooperativa siciliana
che raccoglie 2300 soci produttori e che esporta i propri prodotti in 29 Paesi, Inghilterra in testa: “nei prossimi 6 mesi capiremo veramente dove andremo a finire - spiega Li Petri - certamente oggi ci sono troppi produttori posizionati su fasce alte di prezzo. Siamo invece convinti che la strategia vincente debba essere un’altra, sia sui mercati esteri che in Italia. Il vino e la qualità devono essere accessibili a tutti i consumatori”.

In campo di strategie, una ricetta interessante l’ha avanzata Sergio Zingarelli della toscana Rocca delle Macie: “nonostante il 2003 sia stato un anno difficile, abbiamo seguito da vicino il mercato del vino, andando spesso all’estero a conoscere direttamente i compratori. Questa strategia ci ha
regalato buoni risultati. In assoluta controtendenza rispetto al mercato, anche quest’anno abbiamo tenuto ottimi rapporti con la Germania che rappresenta uno dei nostri sbocchi di riferimento. Il mercato è comunque in evoluzione, soprattutto in America il ricambio degli addetti e molto veloce e si fatica a dovere rinnovare continuamente i rapporti, serve più stabilità degli operatori”.

Dalle aziende traspare comunque una forte preoccupazione per la concorrenza proveniente dai cosiddetti “paesi emergenti”, Australia, Cile, California e Sudafrica in testa, che hanno ormai imparato a fare e soprattutto a vendere il loro vino: “ormai in California si produce un ottimo Nebbiolo - sottolinea Marta Rinaldi, giovane imprenditrice di una delle più famose aziende del Barolo - questo ci preoccupa anche se la nostra azienda è molto conosciuta e non risente di questa “concorrenza non troppo corretta”. La nostra clientela ci è fortemente affezionata e fidelizzata. Nonostante la crisi, anche quest’anno sono tornati i tedeschi in cantina ed anche gli americani non sono mancati”. Poco più in là Parusso parla di un Nebbiolo che tira e di un Barolo che non tramonta nonostante i “tempi bui” dell’economia. A perdere terreno invece i cosiddetti vini assemblati. Secondo Parusso, la stima si attesterebbe intorno al 30%.

“Occorre comunque guardare anche nuovi mercati, Russia e Cina in testa, da sommare a quelli classici di riferimento”: il consiglio in questo caso giunge da Diuska Luppi, del Consorzio del Chianti Classico. Un consiglio peraltro già seguito dagli organizzatori del Salone del Vino che in fiera quest’anno hanno “convocato” 150 aziende e buyers stranieri provenienti dai Paesi dell’Est e del Nord Europa.

Leonardo Roselli

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