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“Se il Prosecco non sa come fare fronte alle richieste del mercato, il Moscato d’Asti non riesce a cogliere l’attimo positivo per crescere”. Giaquinta (Confagricoltura): “siamo come l’Italia di Prandelli, poca grinta e poca voglia di vincere”

Italia
Il Moscato d Asti sta perdendo opportunità dice Confagricoltura

Il mondo del Prosecco si interroga su come gestire una richiesta di mercato che le ultime proiezioni indicano addirittura superiore all’offerta. Si parla di un comparto da 182 milioni di bottiglie, tra spumanti Docg, Doc e vino frizzante, per un fatturato di oltre 465 milioni. Un settore in crescita all’estero e che, secondo le ultime stime e forte di importanti rese per ettaro delle uve, punta al consolidamento non solo dei mercati extra europei, Usa in testa, ma anche di quelli “dietro l’angolo” come Svizzera, Austria, il blocco scandinavo e l’Est Europa. Poco più a ovest, anche il comparto dell’Asti e del Moscato Docg vive un momento favorevole. La cosiddetta “moscatomania”, la tendenza che, soprattutto sul mercato statunitense, ha dato forte impulso al consumo di Moscato (non solo quello piemontese), spinge la produzione. Eppure, differenza di quanto succede nella zona del Prosecco, il settore è ancora preda di diatribe e discussioni che ne frenano e minano lo sviluppo, facendolo apparire ancora immaturo di fronte ai mercati.

Una situazione che, se non un’aperta polemica, ha portato almeno a qualche monito, come quello di Francesco Giaquinta, direttore di Confagricoltura Asti: “quello che avevamo previsto anni fa, in tempi non sospetti, si è puntualmente avverato: il Moscato ha bisogno di crescere, come sta crescendo il Prosecco, e per farlo deve ripensare allo sviluppo, ai volumi, agli impianti Docg, Doc e anche non Doc. Come fanno quelli del Prosecco. Altrimenti c’è il rischio concreto di una pericolosa involuzione con ripercussioni economico-sociali difficilmente prevedibili. La filiera del moscato - continua Giaquinta - assomiglia all’Italia calcistica di Prandelli uscita sconfitta dal Mondiale brasiliano: poca grinta e poca voglia di vincere davanti a eno-Nazionali che, al contrario, si sono dimostrate combattive, ben disposte in campo con strategie e mentalità vincenti. E con soprattutto tanta “fame” di emergere. È questo che serve oggi per essere competitivi sui mercati mondiali. Pensare in grande e aggredire i mercati con tattiche vincenti. Un atteggiamento e un approccio esattamente contrario a quello fino ad ora messo in campo, ad esempio, sul mercato Usa dove Moscati meno blasonati e con meno qualità di quello piemontese, stanno “facendo la partita”, vincendo sfide importanti con perfomances eclatanti. Esattamente lo stesso risultato, continuando nel paragone calcistico, che hanno conseguito le squadre cosiddette “emergenti” o meno blasonate della nostra al Mondiale di Calcio in Brasile”.

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