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IL DIBATTITO

Se la vite è forte, il vino è più buono. Ma si salva anche il pianeta e il mondo è più sostenibile

“Save Our Planet” esplora il tema del microbiota, quell’insieme di microrganismi che abitano il terreno e contribuiscono al benessere dell’uva
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Il vino può salvare il pianeta?

Come il vino può salvare il pianeta? Se lo sono chiesti l’enologo Andrea Moser e il Ceo e co-founder di Save Our Planet Srl, Marco Poggianella, in un webinar, organizzato, nei giorni scorsi, da AMProject, nel quale è stato esplorato il mondo del microbiota, quell’insieme di microrganismi che abitano il terreno e contribuiscono al benessere della vite, e quindi anche alla qualità dell’uva e del vino che beviamo. E come è stato notato, più la pianta è sana, più il pianeta ci guadagna in termini di cambiamento climatico e inquinamento e più il prodotto finale sarà buono.
Poggianella è chiaro su un aspetto: “l’influenza dell’uomo sul clima esiste”. Ma allo stesso tempo l’essere umano può agire anche sul benessere del mondo: serve però maggiore sinergia con le piante, che a loro volta devono collaborare con i microrganismi presenti nel sottosuolo. “La mia visione è che ci sono terreni molto vocati per la viticoltura, mentre altri no - spiega - quando nei terreni si importano ingredienti esterni perché altrimenti le analisi non tornano, andiamo a turbare l’equilibrio delle viti. La natura va interpretata: entrare prepotentemente nell’agricoltura ha creato e crea tuttora danni”. Una visione che trova in accordo Moser: “noi dobbiamo saper comunicare con il terreno, cambiare la visione che il suolo ha con le piante e viceversa. La viticoltura non si affronta con la prevaricazione, andando a prendere e portare quello che manca: bisogna capire dove è il problema nel terroir e lì agire di conseguenza”.
Poggianella approfondisce il mondo dei microrganismi: “la nuova frontiera degli studi è quella di capire come si comportano perché sono molto duttili. Con la fotosintesi le piante rilasciano energia nelle radici che danno forza ai microrganismi presenti nel suolo. Possiamo dire che le piante quasi li allevano e li utilizzano a seconda di ciò che hanno bisogno, dal nutrimento alla protezione. Quando questo dialogo funziona la pianta è forte e resistente: si difende dal clima impazzito e lo combatte sequestrando carbonio dal terreno”.
Ma come si collegano uomo, piante e microrganismi? L’enologo non può salvare il pianeta intero, ma può comunque essere una figura decisiva: “mi piacerebbe essere il paladino del mondo, ma al massimo posso essere un interprete alla pari con l’agricoltore – racconta Moser – La sensibilità dell’enologo permette di mettere in campo determinate tecniche o, non-azioni qualche volta, che possono aiutare a salvare il pianeta. Se noi lavoriamo bene avremo piante più forti e resistenti, ci sarà bisogno di meno interventi chimici e avremo un dialogo maggiore con il vigneto. Più il pianeta sta meglio, più produce materiale, più Co2 viene sequestrata dall’ambiente contribuendo alla regolazione del clima e l’inquinamento”.
Non solo, il “buon” terreno contribuisce anche alla “buona” bottiglia: “il vino che nasce in un determinato terreno ha il sapore di quello di cui vive la vite. La pianta deve saper tradurre i microrganismi ed è meglio quando questi vengono prodotti dal suolo senza interventi esterni. Andrebbe fatto uno sfalcio dei vigneti: in California molti viticoltori fanno pascolare le pecore nel vigneto e ci sono pastori organizzati per far produrre letame in loco e creare un circuito chiuso che rafforzi l’espressione del terreno. Bisognerebbe fare di meno per fare di più. Spesso in viticoltura si ha a che fare con ambienti squilibrati in cui la pianta viene “instupidita”. Lavorare meglio con il suolo creerebbe meno problematiche, non solo per la produzione di vino, ma anche per l’allevamento e la coltivazione”.
Un professionista con competenze specifiche può quindi contribuire al benessere delle piante, e di conseguenza del mondo: “bisogna però capire quale è l’obiettivo - dice Poggianella - se si tratta di realizzare un grande vino, è chiaro che comanda l’enologo insieme al produttore, ma ci sono anche altre figure importanti per il pianeta come agronomi, viticoltori, scienziati. C’è poi la figura del manager aziendale specializzato in sostenibilità. E poi c’è il tema del consumatore: tanti che bevono vino pensano al gusto, ma c’è anche chi si interessa a come questo è stato prodotto e se packaging e produzione sono stati sostenibili. Anche questo orienta le scelte delle persone”.

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