Se si ha una grande storia alle spalle, ma non si ha la forza per raccontarla e farla conoscere, non si va da nessuna parte. Anzi, si rischia che quella storia scompaia. Ecco perché diventa fondamentale fare squadra e mettersi insieme, non superando, ma rispettando e valorizzando le differenze di ognuno. Ecco il messaggio del “Malvasia Day” n. 3, di scena a Salina, nel Capofaro Malvasia Resort di Tasca d’Almerita, griffe del vino siciliano, che per la prima volta ha visto riuniti tutti i 15 produttori della Malvasia delle Lipari.
“Una storia antica e affascinante, quella della Malvasia - ha raccontato Daniela Scrobogna - responsabile della didattica nazionale dell’Associazione Italiana Sommelier - che si pensa arrivata in Italia prima, e nelle Eolie poi, grazie a Venezia, che aveva trovato questa uva che dava vini aromatici e dolcissimi dopo aver conquistato “Monenvasia”, in Grecia, che vuol dire “porto con un solo accesso”. Ma al di là di quale sia stato il percorso che ha portato nelle Eolie questa famiglia di vitigni, quello che conta è che le “Sette Sorelle”, come sono chiamate le isole dell’arcipelago siciliano, pur con le loro differenze, sono diventante nel tempo un vero e proprio “territorio diffuso” che ha bisogno di più sinergia per farsi conoscere ed essere raccontato.
Da Salina a Lipari, da Vulcano a Panarea, tante sono le storie vinicole legate alla Malvasia, più antiche e più recenti. “Storie di “angeli matti”, come Veronelli chiamava i viticoltori di Pantelleria - ha detto il giornalista Andrea Gabbrielli, autore di diversi libri sulla viticoltura delle isole italiane - perché effettivamente per fare viticoltura in situazioni così difficili, estreme ed eroiche come quelle che si trovano nelle piccole isole, bisogna essere un po’ pazzi. Eppure la viticoltura, delle pratiche agricole che si facevano in antichità sulle isole, è l’unica che è arrivata in maniera significativa ai giorni nostri. E che spesso ha dato un contributo fondamentale alla difesa dal degrato di questi territori, che hanno pagato il prezzo altissimo dello spopolamento causato dell’industrializzazione del dopoguerra prima, e dei mutamenti che il turismo di massa ha causato, dopo”. Una viticoltura che oggi, dunque, merita di essere raccontata di più e meglio, come nel caso della Malvasia delle Lipari, al di là della qualità dei vini, in questo caso riconosciuta dalla critica italiana e internazionale. Per questo è nato il “Malvasia Day”, voluto da Tasca d’Almerita, per mettere insieme i produttori, in un appuntamento che “ci piacerebbe replicare a Roma nella sede dell’Ais al Rome Cavalieri - ha aggiunto la Scrobogna - per far conoscere questa storia enoica così bella. E che ha bisogno, però, di essere raccontata meglio anche nel suo territorio. Magari con la creazione di un’enoteca su una delle isole dove i tanti turisti che arrivano, per esempio, possano avere la possibilità di assaggiare tutti i vini prodotti nell’arcipelago, come avviene in Francia nella regione del Sauternes, per dire ...”.
Focus - I produttori di Malvasia delle Lipari
A Salina: Colosi, Marchetta, D’Amico, Giona, Virgona, Fenech, La Rosa, Carlo Hauher, Caravaglio, Florio, Tasca d’Almerita (e Giovi, distilleria in provincia di Messina, con la Grappa di Malvasia)
A Panarea: La Vigna di Casa Pedrani
A Lipari: Tenute di Castellaro
A Vulcano: Paola Lantieri
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