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SETTIMANA “CALDA” (19/24 FEBBRAIO) PER LE DOCG TOSCANE, CON LE ANTEPRIME DI CHIANTI CLASSICO, NOBILE, BRUNELLO: OTTIMISMO DIFFUSO PER UN MERCATO CHE TORNA A CRESCERE. IL CASO: MONTALCINO MY LOVE … FEELING MONTALCINO-USA. I 100/100 A CASANOVA DI NERI

Italia
Al via le anteprime di Chianti Classico, Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino

Settimana “calda” nelle grandi denominazioni toscane e all’insegna dell’ottimismo visto che il mercato lancia segnali incoraggianti per i terroir più importanti della Toscana.
Il Brunello di Montalcino (la produzione media annua è di 6,5 milioni di bottiglie, di cui il 60% è venduto all’estero; i produttori sono 250, di cui 208 imbottigliatori; gli ettari a vigneto nel territorio di Montalcino sono 3.500; il giro d’affari, nel 2006, del distretto ha raggiunto un business di circa 140 milioni di euro) continua ad essere il vino italiano più amato negli Usa ed a dimostrarlo non solo la riconferma in termini numerici (una bottiglia su quattro di Brunello è stappata sul mercato statunitense, che da solo assorbe il 25% dell’export), ma anche la capacità di “stregare” pressoché l’intera critica enologica statunitense (notoriamente in grado di influire sui destini mercantili del vino in tutto il mondo).
Si va, infatti, dai lusinghieri giudizi ottenuti dal Brunello sull’autorevole newsletter “The Wine Advocate” (stilati da Antonio Galloni, al suo esordio come responsabile degli assaggi italiani del guru Robert Parker), dove spiccano i 96 punti del Brunello della Cerbaiona e i 95 ottenuti dai Brunello 2001 di Siro Pacenti e di Salvioni e dal Brunello 1999 di Gianfranco Soldera. Per proseguire con il prestigioso “Wine Spectator” che ha dichiarato decisamente la propria predilezione per il vino di Montalcino, eleggendo il Brunello “Tenuta Nuova” 2001 di Casanova di Neri vino “campione del mondo” e, subito dopo, attribuendo il punteggio massimo di 100/100 (nel recente passato appannaggio soltanto di altri due vini italiani: Solaia 1997di Antinori e Masseto 2001 della Tenuta dell’Ornellaia) a ben due Brunello: il cru Cerretalto di Casanova dei Neri 2001 e la Riserva 2001 Madonna del Piano di Valdicava.
Anche le vendite del Nobile di Montepulciano, nel 2006, hanno un accentuato segno positivo. E se la tendenza generale parla di una crescita spalmata su tutta l’Europa (+8,4% per un totale di 5.500.000 di bottiglie da 65 cantine), il dato più eclatante giunge anche per i vini di Montepulciano dagli Stati Uniti, dove il Nobile ha realizzato una tendenza alla crescita, progressiva e costante. Sul 2004, quando la percentuale di export in Usa aveva fatto registrare un 7,2%, il 2005 è stato l’anno della svolta con la percentuale che ha toccato il 9,9% superando nel 2006 quota 10%.
Belle novità anche in casa Chianti Classico: la congiuntura corrente della produzione e del mercato del vino prodotto fra Siena e Firenze è decisamente positiva. Il mercato, dopo una fase di stasi, sta mostrando chiari e confortanti segni di espansione, con un aumento delle marcature (+14% del 2005 sul 2004 e +5% del 2006 sul 2005). Il positivo andamento delle vendite (sui 50 milioni di bottiglie per un giro d'affari di 535 milioni di euro; gli ettari a vigneto del Chianti Classico docg sono 7.096 per 345 imbottigliatori) coincide con la recentissima fusione fra Consorzio del Vino Chianti Classico e del Consorzio del Marchio Storico, una strategia che ha riportato al centro di tutta la produzione Chianti Classico un unico simbolo, il “Gallo Nero”, razionalizzando e rafforzando la comunicazione, l’immagine e la riconoscibilità nei confronti del consumatore, di un marchio più che mai amato anche all’estero, tanto che il 70% della commercializzazione interessa i mercati internazionali.
Come da consuetudine, dunque, l’ultimo scorcio del mese del Carnevale, torna a diventare sinonimo dell’eccellenza enologica toscana: si accendono i riflettori sulle anteprime di Chianti Classico, Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino, che presentano, contemporaneamente, a stampa e addetti ai lavori i primi risultati della vendemmia 2006 (con la ormai tradizionale assegnazione del rating espresso in “stelle” dell’ultima annata, giudicata superlativa dai tre Consorzi docg). Comincia il 20 e il 21 febbraio il Chianti Classico alla Stazione Leopolda di Firenze (in assaggio i vini 2005 e la Riserva 2004), tocca poi al Nobile di Montepulciano (già partita la sua anteprima oggi per gli operatori e il 22 febbraio, sarà la volta della stampa), che presenta l’annata 2004 e la Riserva 2003. Gran finale con il Brunello di Montalcino, il 23 e 24 febbraio, che, con l’evento “Benvenuto Brunello”, presenta l’annata 2002, “piccola annata” e la “grande” Riserva 2001.
Franco Pallini

Il caso - Montalcino my love … Feeling tra Montalcino e gli Usa, un legame che non vuol dire solo Brunello o buon bere, ma anche export, enoturismo e voglia di venire in Toscana a visitare il territorio e metter su vigna
Montalcino my love. Non conosce sosta il successo di Montalcino negli Stati Uniti e il grande feeling tra la patria del Brunello e il popolo a stelle e strisce. Un grande feeling confermato dall’enorme successo di export del vino di Montalcino verso l’America dove si consuma stabilmente una bottiglia su quattro di Brunello. Ma Montalcino non vuol dire soltanto Brunello o buon bere, ma anche un grande paesaggio, benessere insieme a cultura, ristoranti e wine bar sono alla base di un fenomeno ormai radicato e in continua crescita tra gli americani quale il turismo del vino che ha ormai assunto i connotati di turismo del territorio.
Sono sempre più frequenti le gite di turisti d’oltreoceano che vengono a Montalcino desiderosi di vivere e conoscere anche solo per poco tempo questo fazzoletto di terra, visitare aziende e cantine, specie le più blasonate, e vivere insomma una “wine experience” a tutto tondo. Un fenomeno, quello dell’enoturismo “a stelle e strisce”, già presente da tempo ma che col passare degli anni si è intensificato fortemente. Per questo molte agenzie di “wine tourism” straniere continuano a scommettere sulla Toscana e soprattutto su Montalcino, considerandola come una capitale italiana del vino e meta irrinunciabile. E molti dei turisti che vengono a Montalcino sognano di potersi fermare e investire in questo territorio cult.
Del resto come non ricordare i fratelli John e Harry Mariani che negli anni Ottanta hanno dato vita alla Castello Banfi, l’azienda che ha fatto da vero e proprio volano per Montalcino e il suo figlio più illustre, il Brunello. In tempi più che recenti non dobbiamo dimenticare poi Richard Parsons, amministratore delegato del gigante americano dei media Aol Time Warner, che ha acquistato l’azienda “Il Palazzone” e che proprio quest’anno a “Benvenuto Brunello”, evento organizzato dal Consorzio per celebrare la “piccola vendemmia” 2002 e la “grande Riserva” 2001, presenterà le sue nuove creazioni enologiche dedicate ai suoi genitori. Ma, tra gli appassionati di Montalcino, c’è anche l’ambasciatore statunitense in Italia, Ronald Spogli, che, più volte, ha dichiarato “tutto il suo amore” per questo territorio. Un territorio che è stato il primo in Italia a vedere l’arrivo dei grandi nomi dell’enologia italiana e internazionale: da Gaja a Antinori, dai Mondavi ai Mariani.
E il grande lavoro in vigna lo ritroviamo poi nella bottiglia: Montalcino è da sempre ai vertici della bibbia delle guide internazionali del vino quale è il “Wine Spectator” che, nella sua ultima “Top 100”, una selezione in grado di orientare il mercato del vino nel mondo, ha incoronato il “Tenuta Nuova” 2001 Casanova di Neri come la migliore etichetta del globo (nella speciale classifica tra i primi 30 vini c’erano anche Siro Pacenti, Fanti, Frescobaldi con Tenuta di Castelgiocondo).
Il Brunello di Montalcino è insomma un vino cult celebrato non solo dalle guide internazionali ma anche in alcuni film americani e consumato nei più prestigiosi ristoranti e wine bar di New York o delle altre capitali d’oltreoceano.
La conferma di questo profondo legame tra Montalcino e gli americani viene anche da Sandro Chia, raffinato artista di fama mondiale, ma anche vignaiolo a Castello Romitorio, una suggestiva fortezza militare del Medioevo, che ben conosce gli Stati Uniti e il suo popolo.
Alla base di questo feeling, secondo Chia, vi è il fatto che “Montalcino è stato a lungo fuori dagli itinerari più turistici per via della sua posizione geografica, mentre il Chianti o altre parti della Toscana sono state per molto tempo più accessibili da tutta la buona società ottocentesca di origine inglese, tedesca o comunque straniera. Ma già allora si iniziava a conoscere Montalcino come luogo affascinante in cui si produceva e si continua a farlo, un vino di grande qualità, cervellotico per certi versi. Cervellotico perché non era mai successo che un vino restasse in botte cinque anni e poi continuasse l’invecchiamento in bottiglia”.
“Un vino - continua l’artista e produttore - che colpisce l'immaginario, con una stravaganza capace di far sognare chi lo beve, specie se abituato a vivere nella razionalità quotidiana di una città Usa”. A colpire l’immaginario del turista c’è poi secondo Chia “lo splendido contesto paesaggistico che unito alla difficoltà di arrivare fa sentire il turista come un moderno Colombo, come colui che ha scoperto qualcosa. All’America il vino italiano in genere deve molto, perché è soprattutto agli Usa se il vino italiano ha superato quello francese ed è considerato, in particolare il Brunello di Montalcino, come uno dei migliori vini al mondo. Ma non solo - aggiunge Sandro Chia - gli americani sono venuti in Italia, siamo anche noi italiani a essere andati oltreoceano, portando la nostra cultura, i nostri prodotti, il nostro gusto. Tanto che oggi i migliori ristoranti di New York sono tutti italiani e specialmente toscani dove non si perde occasione per aprire una grande bottiglia di Brunello di Montalcino”.
Leonardo Roselli

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