Si fa presto a dire “vino & social network”, ma poi, in concreto, quali sono le cantine davvero seguite dagli appassionati su internet? Difficile dirlo, perché cercando sul re dei social network, ovvero Facebook, che vedere ormai il traguardo del milione di iscritti, bisogna districarsi in una selva di pagine ufficiali delle cantine, fans page create da semplici appassionati (che talvolta si dedicano anche ad un solo prodotto piuttosto che alla cantina in generale), e profili di ogni genere. Noi ci abbiamo provato e, premesso che la possibilità di incappare in qualche errore è dietro l’angolo, abbiamo cercato di tracciare una sorta di “borsino” delle realtà vinicole italiane più seguite e attive su Facebook. E, al di là di grandi gruppi come Cavit, che nella sua pagina conta più di 80.000 “mi piace”, o di marchi nell’orbita di multinazionali come Asti Cinzano del gruppo Campari, che supera i 221.000, o Gancia, a quota 118.000, la cantina che cura direttamente la propria comunicazione su Facebook più seguita d’Italia è la siciliana Planeta, con più di 32.000 “mi piace”. Numeri distanti, certo, da colossi come “Yellow Tail” in Australia (dove, però, l’uso dei social network è molto più diffuso tra una popolazione in media più giovane dell’Italia), che conta 360.000 appassionati su Facebook, ma ben superiori a nomi come Robert Mondavi Winery, Domaine de la Romanée Conti, Chateau d’Yquem o Penfolds, per citarne alcuni. Ma tornando alle cantine italiane, tra le più gettonate anche la griffe trentina Ferrari, che conta 21.000 “mi piace”, il marchio veneto Santa Margherita, che supera i 17.000, la cantina irpina Feudi di San Gregorio, a quota 12.000, e il gruppo Zonin, oltre 10.000. Nel gruppo dei più seguiti, con seguaci che vanno da qualche centinaio a 7-8.000 “mi piace”, ci sono anche tanti nomi conosciuti come Cà del Bosco, Antinori, Frescobaldi, Argiolas, Banfi, Venica & Venica, Donnafugata, Cantine Settesoli, Lungarotti, Bisol, Mezzacorona, Col d’Orcia, Avignonesi, Cottanera, Fratelli Muratori, Giordano Vini, Carpenè Malvolti, Carpineto, Tosti e Cottanera. Certo, qualcuno ci sarà sfuggito. Ma il messaggio è chiaro: il vino italiano deve lavorare e credere anche nei social network, perché il futuro passa anche da lì.
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