Più pulita, rispettosa dell'ambiente e ricavata da fonti rinnovabili, destinata all'autoconsumo aziendale e alla vendita ma soprattutto a salvare e valorizzare alcune coltivazioni e ad accrescere l'occupazione. E' l'energia "verde", derivante da sole, biogas, olio vegetale e biomasse agroforestali, il nuovo prodotto che l'agricoltura si prepara a mettere sul mercato e che sarà "microgenerata" da 30 impianti in Italia capaci di produrre 53 megawatt elettrici e 20 termici. L'investimento stimato è di 180 milioni di euro. Le aziende faranno la loro parte con il concorso del Ministero per le Politiche Agricole.
Il progetto, presentato di recente alla presenza del ministro De Castro, è di Confagricoltura che ha costituito anche un'apposita società di trading, Agroenergia, per commercializzare l'energia e il calore prodotto. Ben 6 di queste aziende-pilota sono toscane: l'Anqua di Siena di Andrea d'Elci, peraltro presidente di Agroenergia; il Cicalino di Massa Marittima di Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura; la Biogasmerse di Alessandro Cinughi; la Castello Banfi, la celebre azienda del Brunello; la Col d'Orcia dei Cinzano; la Caparzo-Altesino, sempre di Montalcino. Nomi importanti nel panorama delle aziende toscane, un fatto che la dice lunga sulla "caratura" del progetto e sul fatto che sarà un'avventura tutt'altro che pioneristica.
D'altronde la "fame" sempre crescente di energia e il lievitare costante dei relativi prezzi da un lato, la presenza di una tecnologia nota e consolidata per la microgenerazione dall'altro, lasciano pensare ad un progetto ben meditato e a un business di sicuro interesse. Andrea d'Elci "snocciola" conti e considerazioni a raffica. Con il contributo in conto interessi del ministero e l'incasso dei certificati verdi, laddove previsto, l'investimento è comunque redditizio, a patto che l'impianto lavori fra le 7 e le 8mila ore all'anno. Più che di impianto si dovrebbe parlare di impianti. Perché ogni azienda sceglierà quello più confacente alle proprie caratteristiche e soprattutto alla materia prima a disposizione. Sì perché si può produrre energia e calore, in maniera più o meno efficace, col biogas, cioè sfruttando soprattutto i reflui degli allevamenti intensivi; con le biomasse legnose, ovvero usando gli scarti e le apposite coltivazioni legnose, tipo pioppete; con la gassificazione, sempre partendo da colture erbacee o arboree; con l'olio vegetale ottenuto da coltivazioni di colza, girasole, mais, lino, canapa e altro. Eppoi, naturalmente, si può ottenere energia dal vento e soprattutto dal sole. Ed è proprio il sole il principale motore scelto in Toscana. Sì perché l'Anqua è pronta a realizzare un "campo" di … fotovoltaico, i pannelli che usano il calore del sole per produrre calore ed energia.
Ai primi di marzo - dice Andrea d'Elci - presenterò la domanda alla provincia. E aggiunge che probabilmente affiancherà a questo impianto un altro basato sulla gassificazione partendo dal cippato. Esattamente come dovrebbe fare Castello Banfi: fotovoltaico più gassificazione a base di potature delle viti. Caparzo e il Cicalino dovrebbero realizzare, anch'essi, impianti fotovoltaici, mentre Biogasmerse sfrutterà invece i liquami e i reflui di una serie di allevamenti per produrre appunto biogas da tradurre in energia. In ogni caso il gioco varrà la candela, anche se l'investimento necessario non è proprio lieve. Per il suo impianto di gassificazione Andrea d'Elci prevede una spesa di 600mila euro, ma addirittura 5 milioni per realizzare il campo fotovoltaico. A trarne vantaggio, oltre ovviamente all'imprenditore, che non lavora certo per … riscaldarsi, sarà comunque anche l'ambiente. Il bilancio delle emissioni è infatti pari a zero e le fonti sono tutte rinnovabili. Davvero un'energia Docg.
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