Il toscano “Galatrona” 2004 della Fattoria di Petrolo e il campano “Montevetrano” 2004 di Montevetrano: sono soltanto due i “super vini”, che, stando all’analisi di www.winenews.it, uno dei siti più seguiti del mondo del vino italiano, incrociando i risultati delle cinque guide 2007 più importanti d’Italia (Gambero Rosso-Slow Food, L’Espresso, Veronelli, Ais-Bibenda, Luca Maroni), vengono riconosciuti come vini di riferimento e classificati da tutti nell’eccellenza.
Il curioso risultato emerge dal semplice incrocio dei vini classificati negli elenchi dell’eccellenza enologica italiana delle cinque guide - Gambero Rosso/Slow Food (285 “Tre Bicchieri”), L’Espresso (131“Cinque Bottiglie”), Veronelli (468 “Super Tre Stelle”), Ais-Bibenda (292 “Cinque Grappoli”), Luca Maroni (836 “Vini-Frutto”) - che, chiaramente, non scende nel dettaglio delle specifiche modalità di valutazione, adottato dai vari team di degustazione. Un dato quello dell’incrocio delle cinque guide che esce ulteriormente ridimensionato sul 2006 (erano otto i “super vini”).
Ad imporsi per il 2007 due vini prodotti da aziende che potremmo definire di alto “artigianato” enologico, e “firmati” dagli enologi forse più noti d’Italia: da una parte, il toscano Carlo Ferrini, autore del Galatrona, e, dall’altra, l’umbro Riccardo Cotarella, per Montevetrano.
Il Galatrona (8.000 bottiglie) è un merlot in purezza prodotto dalla toscana Fattoria di Petrolo; il campano Montevetrano (30.000 bottiglie) è ottenuto da un uvaggio di cabernet sauvignon, merlot, con una piccola aggiunta di aglianico.
“Colpisce che soltanto due vini siano considerati i migliori da tutte le Guide - dichiara il team di www.winenews.it - e che il fior fiore dei degustatori del Bel Paese converga in un modo così limitato, una vera e propria goccia nel mare del vino italiano che, stando ai loro stessi pareri, dovrebbe ormai essere assestato su un livello qualitativo molto alto. Un dato che ci pare penalizzante per l’Italia enoica”.
Il commento - WineNews: “ … Ma possibile che non esistano dei criteri di valutazione oggettiva?”
I due super-vini, frutto dell’incrocio delle cinque guide 2007 più importanti d’Italia, sono davvero un risultato scarno, molto inferiore anche a quello rilevato nel 2006 (erano stati otto i “super vini” che mettevano d’accordo tutte le guide: Gaja Langhe “Sorì San Lorenzo” 2001, Casanova di Neri Brunello di Montalcino “Cerretalto” 1999, Gianni Masciarelli Montepulciano d’Abruzzo “Villa Gemma” 2001, Oasi degli Angeli “Kurni” 2003, Galardi “Terra di Lavoro” 2003, Montevetrano “Montevetrano” 2003, Luciano Sandrone Barolo “Cannubi Boschis” 2001, Foradori “Granato” 2003) e che stimola più di qualche domanda, proprio per il suo “carattere” così radicale.
A partire da quella forse più importante sui criteri utilizzati per giudicare i vini. Una questione complessa e molto poco discussa tra gli addetti ai lavori. Evidentemente, esistono nel modus operandi dei vari team di degustazione sensibilità, percezioni e processi mentali diversi che inducono ad esprimere giudizi diversi sui medesimi vini in assaggio, come, d’altra parte, continua a sussistere l’ineluttabilità dell’adagio “de gustibus non disputandum est”. Ma è altrettanto vero che liquidare soltanto come “parto” del più spinto relativismo soggettivistico il giudizio delle Guide, in un caso come questo, rischia di sopprimere ogni possibilità di comprensione.
Anche ad una lettura non meramente quantitativa, il risultato è piuttosto atipico. Toscana e Campania sono due dei terroir più importanti dell’Italia enoica, non c’è dubbio, il primo a rappresentare la storia enologica del nostro Paese e il secondo il suo dinamismo. Ma dove è andato a finire il luogo per eccellenza del vino italiano, vale a dire la Langa?
I due vini in questione - di qualità organolettiche indubbiamente altissime e capaci anche di esprimere doti caratteriali importanti assieme ad un forte legame con il proprio territorio d’orine - sono però inequivocabilmente due Igt e i vitigni che li costituiscono sono in prevalenza (fatta eccezione per il Montevetrano, uvaggio di cabernet sauvignon, merlot e aglianico, e per il Galatrona, merlot in purezza) “internazionali”, varietà da più parti considerate “out” e incapaci di garantire il successo sul mercato di un tempo.
Senza sposare le tesi di coloro che predicano l’uso dei soli vitigni di antica coltivazione, stile “talebani” del grappolo italiano a tutti i costi (una posizione che non condividiamo e che riteniamo sterile e superata), tuttavia, ci chiediamo: perché il giudizio complessivo delle Guide non è riuscito a convergere su un vino ottenuto da uno dei nostri grandi vitigni che ci invidiano in tutto il mondo? Ed ancora: perché non è stato possibile puntare unanimemente su una denominazione?
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