In competizione perenne per il primato sui mercati, l’Italia, la Francia e la Spagna del vino sono destinate a viaggiare in parallelo, vivendo dinamiche praticamente identiche. Così, come racconta il report firmato Wine Intelligence “Spain Landscape 2017” (www.wineintelligence.com), il Paese iberico occupa ancora la prima posizione in termini di superfici vitate, è costantemente nella top 3 dei produttori mondiali e, nel 2015, si è confermato primo esportatore mondiale, almeno in volumi, a quota 24 milioni di ettolitri, ma lontanissimo per valori da Italia e Francia. Il 97% dei consumi interni è legato alla produzione nazionale, mentre la restante quota di mercato è rappresentata essenzialmente da vini italiani e francesi, ma il trend, anche qui, è di un calo dei consumi che, dal 2012, non conosce ripresa, tanto che, se si prende in considerazione solo il vino fermo, la Spagna scivola addirittura alla posizione n. 31 tra i Paesi consumatori.
Ma l’aspetto più interessante del report riguarda le tendenze in atto nelle abitudini dei wine lovers spagnoli, a partire dalla ripresa dei consumi fuori casa, e quindi nel settore Ho.re.ca., che negli anni della crisi economica, particolarmente dura in Spagna, ha vissuto un crollo verticale. Anche qui si assiste ad una vera e propria rivoluzione del gusto, con una buona parte dei consumatori che chiede vini giovani, fruttati, freschi e leggeri, meglio se rosati, forse la tendenza enoica più rilevante, insieme a quella che riguarda i vini “ecologici”, di gran moda nonostante una certa confusione sul reale significato delle diverse definizioni (biologico, naturale, biodinamico). Infine, cresce la domanda per nuovi formati, etichette innovative e chiusure alternative al sughero, specie da parte dei più giovani, molto meno legati ai cliché, anche se su certe tipologie di vino, ossia le bottiglie più care e prestigiose difficilmente tappi diversi dal sughero faranno presa.
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