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POLITICA ENOICA

Il vino si sente “sotto attacco” e chiede risposte all’Ue su salute e Ocm. Ed è pronto alla “piazza”

Spunti e riflessioni su un settore strategico per l’Italia e l’Europa, dagli “Stati Generali del Vino”, di scena, oggi, in Campidoglio a Roma

La consapevolezza che i giochi, anche per il vino (come per molti altri settori), si fanno in Ue; il disorientamento dato da un atteggiamento quasi “da Giano bifronte” della Commissione Ue, che da un lato promette sostegno al settore, con il Commissario all’Agricoltura Christophe Hansen (che nei prossimi giorni pubblicherà la sua road map sulla riforma della Pac, ed in marzo un pacchetto di misure specifiche per il vino), ma, dall’altro, vuole limitarne comunicazione, promozione e consumo, intervenendo su tasse e accise, nel Beca (Beating Cancer Plan), senza fare distinzione tra consumo moderato e abuso di alcolici, anche in modo poco comprensibile visto che il Parlamento Ue, che è la più diretta espressione del voto dei cittadini, è andato in senso opposto, come ricordato dal Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida (che WineNews ha intervistato). E ancora, un’Ocm sempre più fondamentale per aprire nuovi mercati, ma diventata sempre più burocraticamente complicata, a volte fino al punto di intimorire o addirittura scoraggiare le aziende, soprattutto quelle più piccole, a farvi ricorso, al punto che non tutta viene utilizzata, con tanti fondi che ritornano in Ue. Tutto questo, nella cornice di un mercato che nei Paesi maturi è in contrazione, cosa che spinge ad aprirne dei nuovi, per visione e per necessità, e che rimette in discussione anche le misure per riequilibrare domanda e offerta, a partire dagli estirpi, ma non solo, come sottolineato, tra gli altri, dalle rappresentanze della filiera, nelle parole di Albiera Antinori (Federvini), Lamberto Frescobaldi (Unione Italiana Vini - Uiv) e Luca Rigotti (Confcooperative e Copa Cogeca), ma anche dai vertici di Coldiretti (Dominga Cotarella), Confagricoltura (Alberto Statti), Federdoc (Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi), e Cia-Agricoltori (Cristiano Fini), con una visione condivisa da tanti europarlamentari italiani di ogni schieramento. E con un mondo del vino compatto nel voler crescere, e nel voler essere ancora di più motore di sviluppo e di ricchezza per aziende e territori, ma anche pronto a difendersi con ogni mezzo, “anche scendendo in piazza, in maniera democratica, per far sentire la nostra voce e difendere una bandiera del made in Italy”, come ha detto, a WineNews, il presidente Assoenologi Riccardo Cotarella. Messaggi e spunti tra i tanti emersi oggi, a Roma, in Campidoglio, agli Stati Generali del Vino organizzati dalle rappresentanze del Parlamento Europeo e della Commissione Europea in Italia.
“È vero che ci sono tanti segnali contrastanti dal mondo, sul fronte Usa, e anche dalla Commissione Europea, ma sia sul piano della semplificazione che del sostegno al vino, che della revisione del Beca, dal Parlamento in questi mesi sono arrivati segnali rassicuranti, quindi l’attenzione è alta, se ne discute, ma nessuno nel Parlamento vuole penalizzare un settore fondamentale per l’Europa e per l’Italia, come il vino”, ha sottolineato Carlo Corazza, direttore del Parlamento Europeo in Italia. Parole a cui hanno fatto ecco quelle di Antonella Sberna, vice presidente del Parlamento Europeo: “è importante incontrarsi, all’avvio di questa nuova legislatura. La consapevolezza di quanto l’Europa incide sulla vita di tutti, e delle aziende, cresce. La nostra missione è quella di difendere il sistema Italia all’interno del sistema Europa, anche per un settore fondamentale come il vino. Difendere il vino vuol dire difendere una tradizione, una storia, una cultura, un’identità”.
Parole incoraggianti, in qualche modo, a sostegno di un settore vitivinicolo europeo che continua a rappresentare uno dei pilastri della Politica agricola comune (Pac) e una delle eccellenze dell’Unione Europea. Con una produzione annua che supera i 160 milioni di ettolitri, l’Ue rimane, infatti, il leader mondiale del settore, contribuendo al 45% delle superfici viticole globali, al 63% della produzione e al 48% del consumo mondiale di vino. La viticoltura coinvolge più di 3,2 milioni di ettari e circa 2,5 milioni di aziende vitivinicole, generando oltre 3 milioni di posti di lavoro diretti, a cui si sommano numerosi impieghi indiretti lungo la filiera. Italia, Francia e Spagna, principali produttori dell’Ue, continuano a rappresentare quasi la metà della produzione globale. Eppure, dalle parole ai fatti, il passo spesso è lungo. E secondo il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, “serve una riflessione sugli obiettivi dell’Unione Europea. La Commissione deve riportarsi ad un ragionamento che abbia un senso, mentre parliamo di guerre commerciali che potrebbero avere conseguenze pesanti sulle economie del mondo, e dobbiamo riflettere sugli agenti interni che potrebbero fare un danno, ancora maggiore, alla nostra economia. Sicuramente l’export con i dazi sarebbe penalizzato, ma forse è bene domandarsi se farebbe peggio il calo dei consumi legato a potenziali etichette allarmistiche. Ed è strano vedere come, quando si parla di difendere settori, identità e così via, ci sia unità politica, trasversale, anche tra diversi schieramenti partitici, ma poi a Bruxelles ci sia chi vuole fare il contrario dell’indirizzo politico che viene espresso. Chi vuole indebolire il settore punta sempre sul tema salute. Oggi abbiamo una comunità scientifica che non si divide sull’alcol, che è un fattore di rischio per la salute, senza dubbio. Ma il vino è molto di più, c’è molto di più dell’alcol, è un elemento che ci accompagna da millenni. Il vino consumato in maniera morigerata e con una dieta appropriata, produce salute, dobbiamo avere il coraggio di dirlo, lo vediamo dalla longevità dei popoli che lo consumano nella loro quotidianità. La Commissione deve fare questa riflessione, non può esserne esente. Quella a cui assistiamo - aggiunge Lollobrigida - è un’impostazione che arriva da una Commissione che negli ultimi 5 anni ha pensato che si devono educare gli agricoltori al rispetto dell’ambiente, cioè a quello da cui traggono “il pane”, come se non fosse nel loro primario interesse tutelarlo. Non esiste modo migliore per tutelare l’ambiente di una buona agricoltura, per questo sono giusti i sostegni al settore. Le etichette allarmistiche che si tornano a proporre, però, non hanno senso: non c’è prodotto che abusato non fa male, neanche l’acqua. Servono etichette informative, semmai, che indichino le giuste quantità, che tutelino la qualità dei prodotti, che, peraltro, deve essere pagata il giusto prezzo. In Europa dobbiamo riportare le cose alla “ragione”, anche perché i cittadini vedano nell’Ue un sostegno e non un ostacolo. Il 25 marzo ricorre l’anniversario dei Trattati di Roma, firmati nel 1957, fondanti di un’Europa che tutelava l’agricoltura, e che introduceva la Pac. Incontreremo il Commissario all’Agricoltura, lo incontreremo proprio a Roma in quel giorno. Questa Commissione Ue è partita meglio rispetto a quella passata, ma per ora sono solo parole. Vediamo quante risorse ci saranno per l’agricoltura, se l’agricoltura avrà un capitolo a parte, come mi auguro, e sarà tutto un calderone. Quando vedremo Hansen cercheremo di fare anche un “villaggio” per mostrare come lavora l’agricoltura italiana, e come lavora il vino. Ci occuperemo di dazi, ma anche di evitare processi di “auto castrazione economica”. Speriamo e vogliamo un’Europa che tutela il vino, non che lo attacca, e che informa e non spaventa, che lotta contro l’abuso di alcol, e anche di vino, ma non contro il consumo moderato”, ha detto Lollobrigida.
Parole, quelle del Ministro, largamente condivise dalla platea dei relatori. A partire da Alberto Cirio, presidente Regione Piemonte ed ex europarlamentare. “Da noi, in Piemonte il vino è una cosa serissima, vuol dire presidio del territorio, tessuto sociale, economia, turismo. Nella mia terra, un grande produttore come Bruno Ceretto dice: “non c’è più il vino buono e cattivo, c’è il vino che si vende e quello che non si vende”. Ovvero, c’è la consapevolezza che ormai la qualità c’è ovunque, e che il vino buono lo fanno in tanti: bisogna continuare a farlo buono, ma anche a raccontare, promuovere, vendere. La politica non deve creare lacci, non deve creare problemi alle imprese. A volte in Europa - ha detto Cirio - si sono fatte scelte sbagliate, che a volte abbiamo corretto, ma la battaglia sul vino, in Europa, non è mai finita. Magari quella ideologica forse si è attenuata, ma quella commerciale no. In Europa si parla di “Alcol Strategy”: per qualcuno il vino è alcol e stop, ma il vino è altro, è un alimento vivo. Le etichette che oggi in Irlanda sono realtà, a causa dell’incapacità dell’Ue di bloccarle, perché la Commissione Ue non l’ha fatto, sono state un modo per aprire la strada. Lo abbiamo vissuto qualche anno prima con la “pantomima” sull’olio di palma - attacca Cirio - spacciata come questione di sanità e di salute pubblica. I sostenitori di questa campagna erano i produttori di olio di colza, il sostituto dell’olio di palma. Ma da nessuna parte è scritto che l’olio di palma fa male. L’etichetta di quello che mangio deve riportare quello che c’è, non quello che non c’è. Eppure è stato un boom di “senza olio di palma”, che ha aperto una strada: compro non guardando a quello che c’è, ma a quello che non c’è. E non è questione di salute, perché senza zucchero per chi ha il diabete è giusto, senza glutine per i celiaci è giusto, ma senza olio di palma? A che serve? Le calorie nelle etichette di vino, per esempio, sono la stessa cosa. Lo fanno perché ci sono già nella birra, che sembra che ne abbia meno. Ma se ne beve di più. Noi dobbiamo cogliere l’opportunità di una nuova sensibilità in questa legislatura Ue, parlare con franchezza e non pensare che questo tema sia nel cassetto: è sempre attutale, e se non stiamo attenti e non siamo compatti, una parte produttiva dell’Europa, quella del vino, avrà un grande danno”, conclude Cirio.
Che questa fase di avvio della legislatura Ue, comunque, sia fondamentale, lo ribadisce Herbert Dorfmann, parlamentare europeo, membro della Commissione per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale, e relatore della Strategia dal produttore al consumatore: “a Bruxelles è un momento importante, siamo partiti bene sull’agricoltura, e non era difficile dopo gli ultimi 5 anni. Il Commissario Hansen conosce il settore, anche il vino, abbiamo sul tavolo i primi dossier sulle pratiche commerciali: per esempio, in questa settimana arriverà la sua visione sul futuro della Pac per i prossimi 5 anni, vediamo quali saranno le priorità, sicuramente forte attenzione sarà riservata ai giovani, tema cruciale, e al loro rapporto con il vino, che in termini di opportunità, è meglio di quello con l’agricoltura. A marzo avremo una riunione sul pacchetto Ocm Vino, che cercherà di trasformare in legge quello che è emerso dal Gruppo di Alto Livello Vino. Si parla di estirpo, in alcuni casi può servire, ma non ne sono un fan. Dobbiamo lavorare su misure “offensive”, per aprire nuovi mercati e consolidare quelli storici, e in Parlamento cercheremo un percorso veloce per farlo. E poi c’è il grande tema della riforma della Pac. E quello del Beca: lo spirito che c’è dietro - ha detto Dorfmann - è sbagliato e pericoloso, un attacco continuo al vino, ma anche al settore degli alcolici, perché anche qui ci sono prodotti di grande storia e valore come grappa, cognac e non solo, ma noi come Parlamento abbiamo sempre chiesto distinzione tra consumo e abuso. E l’abuso non si risolve alzando le tasse, lo vediamo in Europa, lo vediamo nel mondo: i Paesi dove ci sono tasse più alte, spesso, hanno problemi di abuso più alti di altri. Anche le etichette che entreranno in vigore in Irlanda il prossimo anno non vanno bene: se ognuno mette le sue regole vuol dire che il mercato unico non c’è più. Serve grande diplomazia in questa fase: l’Europa sta perdendo amici in maniera rapida, e in questo momento sbattere le porte non va bene. Come rischiamo di fare con l’America Latina, con l’accordo che abbiamo fatto dopo 25 anni e che ora viene rimesso in discussione: analizziamo se ci sono e quali sono le criticità dell’agricoltura, ma portiamo in porto i risultati”.
Fondamentale, come già successo in passato, che su certi temi “l’Italia e le forze politiche lavorino come una sola squadra trasversale ai partiti - ha detto l’europarlamentare Nicola Procaccini - giocando tutti con la stessa maglia, come gli europarlamentari europei hanno fatto in passato, per esempio sulla riforma delle Ig. C’è un’atmosfera migliore, rispetto al passato, con la nuova legislatura, ma elementi come quelli contenuti nel Beca preoccupano. A volte manca una visione sulla qualità della vita in generale, non siamo solo una somma di ore vissute: conta la qualità della vita, la capacità di apprezzare il bello della vita che è nella quotidianità, di ciò che mangiamo, beviamo, dell’ambiente in cui viviamo”.
“Pensiamo all’Italia senza i suoi 660.000 ettari di vigneti. Sarebbe un Paese più povero economicamente, meno bello dal punto di vista paesaggistico - ha detto Dominga Cotarella, produttrice, con Famiglia Cotarella, e membro della giunta esecutiva di Coldiretti - e non solo. Veniamo da cinque anni in cui si è messa in discussione la figura dell’agricoltore, che è colui che crea la bellezza del paesaggio. Cinque anni in cui il vino è stato messo in discussione, ma nessuno mette in discussione prodotti ultraprocessati, bevande piene di additivi chimici. Perché? Quali sono gli interessi dietro? Il tema è delicato, non possiamo non dire quanto sia fondamentale consumare nelle giuste quantità, quanto sia necessario il consumo corretto. Ma oltre a contestare, dobbiamo proporre: stiamo lanciando come Coldiretti, un’accademia su questo, dobbiamo formare non solo i giovani, ma anche il personale delle nostre aziende. Dobbiamo fare cultura territoriale, dobbiamo parlare del valore del mondo del vino non solo tra noi, tra addetti ai lavori, ma anche e soprattutto a chi il vino non lo conosce”.
“Veniamo fuori da momenti difficili, anche per il cambiamento climatico che sta mettendo in grande difficoltà le imprese, ma abbiamo necessità di avere strumenti che ci aiutino a lavorare. Dell’Ocm Vino, abbiamo utilizzato solo il 74% delle risorse, non possiamo rimandare indietro, in Ue, queste risorse fondamentali”, cambia tiro, invece, Alberto Statti, anche lui produttore, con la cantina Statti, in Calabria, e membro della giunta di Confagricoltura.
Tema sui cui si innesta il commento di Albiera Antinori, presidente di Marchesi Antinori, e presidente del Gruppo Vini di Federvini. “Più le cose sono complicate, più crescere è difficile. L’Italia non riesce ad accedere a tutti i fondi europei, che sono tanti, ma con l’Ocm è diventato complicatissimo fare la rendicontazione, e fare programmazione. I grandi - sottolinea - si organizzano in qualche modo, per i più piccoli è più faticoso: servono risorse dedicate a questo tema. Perdiamo risorse e opportunità, perché così come sono oggi questi fondi non diventano un incentivo a fare di più, ma quasi un rimborso per un evento passato, e non ha molto senso. Oggi il vino bisogna andare a venderlo nel mondo, bisogna prendere la valigia e andare in giro, è questo che va supportato”.
“In Italia si vive sempre di più e più a lungo - rilancia Lamberto Frescobaldi, presidente Unione Italiana Vini - Uiv, e alla guida del Gruppo Frescobaldi - vuol dire che questa nostra dieta, che include anche il vino, così male non è. Il vino nasce dalla vigna, ma in Europa a volte si fanno cose strane: c’è un regolamento che sostiene l’acquisto di macchinari solo a bio metano o elettrici, che, ancora di fatto, non esistono per le dimensioni aziendali previste. Ci sono mercati che vanno male: gli Usa hanno fatto -6,3% nel 2023 in volume, e -7% nel 2024, nei consumi, la Germania sta rallentando, e anche il mondo delle bollicine sta rallentando. Abbiamo bisogno di tutti i mercati, come quello del Mercosur, per esempio. Oggi il 60% delle nostre esportazioni va in cinque mercati, ne vanno cercati altri, e anche in questo senso l’Ocm promozione è fondamentale. In questi anni ha aiutato tanto. Attenzione al Beca: non c’è solo il vino nel mirino, ma anche la carne rossa o l’olio di oliva. Inoltre, stiamo assistendo ad un abbandono della terra continuo, si parla di mezzo milione di ettari di Sau (Superficie agricola utilizzabile) in meno in 10 anni. Dobbiamo tutelare il vigneto, che tra tutte è la coltura che ha bisogno della maggior manodopera. Ed è quella che muove l’economia del territorio. Il vigneto, non il vino, perché il vino è fatto con l’uva”.
“Tutta l’agricoltura vive un momento di crisi: per l’economia, per le tensioni mondiali, per il costo del denaro che erode il reddito di impresa, per il potere di acquisto dei consumatori che è in calo. Abbiamo voluto il Gruppo di Alto Livello Vino - sottolinea dal canto suo Luca Rigotti, che è anche presidente del Gruppo Vino del Copa Cogeca - in cui c’è stato un dialogo importante con tante richieste accolte, vediamo che riscontro avranno. La promozione è sempre più importante, ma alcune cose vanno cambiate. Oggi, per esempio, c’è un limite di 5 anni per fare progetti Ocm sullo stesso mercato, e abbiamo chiesto che venga tolto, perché i mercati vanno presidiati.  E abbiamo chiesto di poter investire l’anno dopo, o su altre misure, le risorse che non vengono investite, e che ora tornano in Ue”.
L’Europa, in sintesi, per utilizzare le parole di Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi, presidente Federdoc, “deve avere una politica che faciliti il lavoro delle imprese, anche nel nostro settore vino”. E “con una logica che sia incentivante, e non punitiva, per esempio, nei confronti degli agricoltori”, ha detto Paolo De Castro, ex parlamentare europeo, e relatore della Riforma delle Indicazioni Geografiche. “Il tema chiave - ha aggiunto Ermete Realacci, presidente della fondazione Symbola - è la semplificazione, che a volte l’Unione Europea non ha aiutato a fare. Oggi nessuno si dice contro l’economia circolare, contro la sostenibilità. Che, peraltro, non danneggia l’economia: dagli studi di Symbola, in tutti i settori, le imprese che si muovono verso la sostenibilità, investendo su fonti rinnovabili e recupero di acqua, per esempio, che fanno innovazione di prodotto e di processo, vanno meglio delle altre. Ed il vino è una straordinaria metafora di tutto questo”.
Ma tanti altri sono stati gli spunti emersi dagli Stati Generali del vino. Dalla necessità di aprire nuovi mercati anche attraverso le fiere, come ricordato da Gianni Bruno, direttore di Vinitaly di Veronafiere, a quella di “essere flessibili per intercettare consumi e consumatori che cambiano, ma senza perdere identità, perché le mode passano”, ha ricordato il presidente di Cia-Agricoltori Cristiano Fini, in un pensiero condiviso anche da Stefano Sequinto, direttore del Consorzio dei Vini delle Venezie. Ancora, c’è chi ha ricordato il bisogno di cambiare un linguaggio, “troppo vecchio e rivolto ai più vecchi, e se non cambiamo siamo destinati a perdere”, ha detto il direttore del Consorzio del Prosecco Doc Luca Giavi. Mentre di innovazione, ma sul fronte prettamente agricolo, “tra digitale ed intelligenza artificiale, ma sempre con l’uomo al centro, per fare qualità e valore, valore che è fondamentale anche per fare sostenibilità vera, ambientale e sociale, un valore di prodotto che si riflette nel valore del territorio”, ha parlato Josè Rallo, alla guida della cantina siciliana Donnafugata. Ma si è discusso anche di enoturismo, di cui la Sicilia è diventata una case history di riferimento, come raccontato da Mariangela Cambria, presidente Assovini Sicilia e produttrice con Cottanera. Alessandra Priante, presidente Enit- Agenzia Nazionale del Turismo, ha sottolineato come, ormai, “più di un terzo del turismo in Italia è legato alla ricerca di esperienze enogastronomiche identitarie, nei territori, oltreché alla bontà dei prodotti”. E che si possono trovare in tutta Italia, “e non più solo in Piemonte o Toscana, che per anni sono state meta di riferimento. E questo grazie al lavoro delle aziende e degli enologi”, ha concluso il presidente Assoenologi, Riccardo Cotarella. Che ha aggiunto: “la tradizione è importante, ma non possiamo più parlare solo di antichità, di nonni e padri. Il vino è ricerca e innovazione. Che sono fondamentali. Il fenomeno Prosecco ne è un esempio: è stata prima un’innovazione mentale, poi scientifica ed imprenditoriale, che ha dato una grande dignità a territori, agricoltori e produttori. Oggi, però, il vino è sotto attacco, come non lo è mai stato. C’è chi ne vuole evidenziare solo gli aspetti negativi, dimenticando quelli positivi, che sono molti di più. Quasi come ci fosse un disegno. E forse, se le buone maniere non bastano, è anche ora di scendere in piazza, democraticamente, contro chi denigra il vino, per difendere un settore che fa parte della nostra storia, ma anche del nostro futuro”.

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