L’intelligenza artificiale sta facendo passi da gigante, tanto che l’ipotesi che, un giorno, possa sostituirsi all’uomo anche nei lavori che richiedono un pensiero critico non è più così peregrina. Il processo tecnologico, come è avvenuto sempre nel corso della Storia, se da un lato incuriosisce, dall’altro spaventa. Nel mirino, la raccolta illecita di dati personali e l’assenza di sistemi che verifichino l’età dei minori, motivi che hanno spinto il Garante per la privacy a disporre la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma ChatGPT, il più noto tra i software di intelligenza artificiale relazionale in grado di simulare ed elaborare le conversazioni umane.
Il processo, almeno nel Belpaese, è perciò bloccato, ma, per quanto visto sin qui, l’uomo, quando si parla di vino, appare ancora insostituibile. Almeno quando si parla di degustazione, perché ad oggi l’Intelligenza Artificiale non è ancora in grado di costruire sistemi predittivi che non si basino sulle conoscenze già acquisite. In poche parole, manca di senso critico e reale creatività, oltre, ovviamente, che dell’olfatto. C’è però una cosa che l’Intelligenza Artificiale ha dimostrato di saper fare: il vino. Proprio come lo farebbe un produttore. A mettere alla prova la versione n. 3 di ChatGPT, in Francia, è stata una coppia di giovani viticoltori della Languedoc Roussillon: Anthony Aubert e Jean-Charles Mathieu (Aubert & Mathieu).
I due produttori hanno chiesto all’intelligenza artificiale di creare un vino biologico di alta qualità, da uve di Grenache e Syrah, ed hanno poi seguito i suoi consigli in termini di vinificazione e proporzioni della cuvé. Ma non è finita, perché a ChatGPT sono stati richiesti anche il nome del vino, il suo prezzo di vendita e l’estetica della bottiglia. Il risultato? Come ha raccontato Anthony Aubert ala magazine online Vitisphere, “le risposte sui metodi di vinificazione da privilegiare e sugli assemblaggi da effettuare, in base alle caratteristiche dei vitigni - colore, tannini, frutto - sono sbalorditive”. Aubert ed il socio Mathieu, così, hanno seguito le indicazioni, dando vita ad un assemblaggio di Grenache al 60% e Syrah al 40%, imbottigliato in una borgognotta, che l’intelligenza artificiale ha giudicato “ottima per mettere in mostra il proprio vino”.
L’unica grande divergenza è stata il prezzo, perché il posizionamento indicato da ChatGPT - tra i 50 ed i 100 euro a bottiglia - è stato giudicato troppo alto: intorno ai 20 euro è il prezzo ritenuto giusto dai due produttori. Il nome scelto, “The End”, ha convinto, e all’intelligenza artificiale è stato demandato anche la scrittura di un comunicato stampa e la stesura di un piano marketing capace di generare interesse intorno alla novità. Ed è proprio questo l’aspetto in cui l’intelligenza artificiale ha convinto maggiormente, seppure con qualche limite, come errori ortografici e incapacità di fornire suggerimenti sul design dell’etichetta. A stabilire il successo dell’operazione, come sempre accade, sarà il mercato: le 600 bottiglie prodotte sono in vendita online, sul sito dell’azienda.
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