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“TOP 100” WINE SPECTATOR, PAROLA AI PRODUTTORI: RIFLESSIONI SU UNA CLASSIFICA CHE CONFERMA IL PREDOMINIO DI “GRANDI CLASSICI” COME PIEMONTE E TOSCANA, MA ANCHE LA CRESCENTE ATTENZIONE SU TERRITORI MENO FAMOSI, DALLA VALTELLINA ALLA SICILIA ...

Guide, classifiche e guru, a detta di molti, non contano più come una volta. Ma, ammesso che sia così, qualche caso che pesa più di altri c’è, e tra questi rientra di sicuro la “Top 100” della rivista Usa per “WineSpectator” (http://2013.top100.winespectator.com). Che, come vi abbiamo già raccontato, vede 16 etichette del Belpaese nell’edizione 2013. E che dice di come anche la grande critica internazionale, così come il mercato, se da un lato identifica ancora il meglio della produzione tricolore in Piemonte e Toscana, dall’altro è sempre più attenta a capire e valorizzare territori meno spesso sotto le luci della ribalta, come la Sicilia, la Valtellina, Taurasi e il Vulture.
Ma cosa ne pensano i produttori? Per Mauro Mascarello, alla guida della cantina che ha piazzato il suo Barolo Monprivato 2008 al n. 6 della classifica, “è un riconoscimento che fa piacere ed è importante, ma non una sorpresa, perché da sempre la critica internazionale ci premia, a differenza di quella italiana. In ogni caso, guardando la classifica, ho l’impressione che anche i degustatori americani stiano puntando sempre più su vini di territorio, su vini più caratteristici e storici rispetto a vini “moderni” che si assomigliano un po’ tutti”.

“Riconoscimenti come questo aiutano eccome, tanto a farsi conoscere che a vendere - aggiunge Elisabetta Gnudi, titolare di Altesino, che vede in classifica il Brunello di Montalcino Montosoli 2008 - e sono la conferma che i territori blasonati non lo sono per caso. E che la tradizione, che noi mettiamo nel Brunello, vince sempre. E poi è importante perché, al di là del riconoscimento al nostro lavoro, che ci gratifica, così continua a rimanere altro il brand del territorio”. Se questo è il sentiment di due alfieri di territori già da tempo sotto i riflettori, c’è anche chi ha visto premiato il lavoro fatto in territori non meno storici, da un punto di vista vitivinicolo, ma indiscutibilmente meno esposti dal punto di vista mediatico.

“Per noi è stata una sorpresa - spiega Giusto Occhipinti, alla guida della siciliana Cos, premiata con il Cerasuolo di Vittoria Classico 2010 - ma è anche il riconoscimento ad una visione alternativa del vino, che abbiamo coltivato in una terra che, quando abbiamo iniziato, era sconosciuta nel mondo dal punto di vista enoico. Spero che questo aiuti tanti produttori giovani a seguire un sogno che è quello del vino come espressione del territorio. E mi piace sottolineare un altro aspetto: questo vino si trova sul mercato americano sui 30 dollari a bottiglia. Potremmo alzare il prezzo, perché abbiamo richieste il 30% superiori a quello che riusciamo a produrre. Ma non vogliamo perché pensiamo che il vino di alta qualità debba essere accessibile a tutti, dal professionista allo studente”.
“Per noi è una soddisfazione enorme - spiega Mamete Prevostini, in classifica con il Valtellina Superiore Sassella 2009 - anche perché arriva su un vino che per noi fa parte della linea classica, ed è la testimonianza sempre più forte che il nebbiolo valtellinese è un vino che sta piacendo per la sua eleganza e per la sua finezza, oltre che del fatto che sempre più la critica internazionale sta aprendo gli occhi su territori meno sovente sotto i riflettori”.
Più abituato ai premi importanti Piero Mastroberardino, in Top 100 con il suo Taurasi Radici Riserva 2006, che sottolinea l’importanza di un riconoscimento così “per una cantina come la nostra, fatta di storia secolare ma anche di idee giovani, ricerca e sguardo al futuro, ma anche per un territorio ancora molto legato alla forza di pochi produttori traino. Anche se, girando il mondo, devo dire che registro un interesse costante su Taurasi come zona di produzione, e sull’Aglianico: non è un caso che due vini su tre in classifica, tra quelli del Sud, vengano da questo vitigno”.

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