02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

Tra tasse, prezzo minimo sugli alcolici ed una politica oscurantista, il 2016 del vino in Grecia, Irlanda e Turchia, Paesi di secondo piano per il commercio enoico, ma dove la cultura di Bacco ha avuto un grande passato o un futuro promettente

Per il vino si prospetta un 2016 pieno di ostacoli, da quelli più impegnativi, come la sfida sui mercati di Cina e Russia, a quelli meno altisonanti, che limitano e limiteranno la crescita del business enoico in Paesi dall’appeal decisamente meno intrigante, ma dal passato glorioso o dal futuro promettente. In Grecia, ad esempio, con il nuovo anno arrivano anche nuove tasse, che colpiranno proprio il consumo interno di vino, e porteranno nelle casse di Atene qualcosa come 55 milioni di euro, una goccia nel mare dei 2 miliardi di euro di finanziamento ottenuti a novembre 2015 dall’Europa.

Poco lontano, in Turchia, la rinascita del settore, che sembrava in rampa di lancio solo pochi anni fa, forte di una nuova generazione di giovani produttori capaci di riscoprire e rilanciare le varietà autoctone del Paese, deve vedersela con le politiche del Governo Erdogan, sempre più vicino alle posizioni filo islamiche, e sempre più rigido nei confronti di alcolici e vino. Una rigidità che si traduce in leggi particolarmente restrittive, ai limiti dell’assurdo, come quella che vieta la somministrazione all’interno delle cantine, proibendo così le degustazioni, a meno che la cantina non si munisca, oltre che della licenza di produttore anche di quella di bar e di operatore gastronomico. La legge sugli alcolici voluta dal Governo di Istanbul, entrata in vigore nel 2013, vieta anche la vendita entro 100 metri da moschee e scuole di qualsiasi tipo, mentre i siti internet dei produttori di vino devono richiedere ai visitatori di confermare che siano maggiorenni, e su Facebook, i viticoltori possono avere solo gruppi chiusi, non aperti al pubblico. In tutto ciò, la pressione fiscale incide per il 60% sul costo finale della bottiglia, e la Turchia “vanta” ancora uno dei consumi medi pro capite più bassi d’Europa, a quota 1,5 litri, con l’83% dei turchi che si dichiara astemio.

Quella delle tasse e del prezzo minimo, del resto, è la stessa scure che il Governo irlandese è pronta ad imbracciare per fare cassa, inserendo nella legge sulla salute pubblica il prezzo minimo per gli alcolici, pari a 10 centesimi di euro per ogni grammo di alcol. Così, una lattina di birra non potrebbe costare meno di 1,95 euro, ed una bottiglia di vino non si troverebbe sotto gli 8,60 euro. La volontà, dichiarata dal Ministro della Sanità di Dublino Leo Varadkar, è quella di togliere dagli scaffali della gdo gli alcolici di basso prezzo, accessibili ma spesso e volentieri di bassa qualità. L’effetto collaterale, rilevato dalla Corte Europea, è quello di una limitazione evidente alla libera circolazione delle merci, visto che un prezzo minimo su un prodotto come il vino ne limiterebbe la vendita ed il consumo. La matassa è tutta da dipanare, ma Dublino vuole andare dritto per la sua strada.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli