Sono i “guardiani” dei territori (nati però, in genere, storicamente, sulla scia, la visione e gli investimenti di singole aziende pioniere), e importanti veicoli in termini sociali ed economici. Il loro ruolo è determinante per la promozione del territorio (insieme, però, al lavoro delle singole aziende e dei brand più importanti, ndr), sicuramente un asset decisivo per lo sviluppo di una denominazione, ma anche per la valorizzazione e la tutela dei vini in Italia e all’estero, perché la contraffazione è un pericolo che minaccia un patrimonio che genera lavoro e ricchezza. Scrivere le regole comuni di produzioni nei disciplinari, fare promozione e tutelare il “marchio collettivo” della denominazione era, è e sarà il ruolo dei Consorzi di tutela del vino, i “portavoce” delle aziende e di un territorio, il centro delle strategie di indirizzo che abbracciano anche un filone in grande ascesa come quello dell’enoturismo. Un ruolo che si fa sempre più delicato (e ancora tutto da scrivere anche alla luce della recente riforma del regolamento europeo su Dop e Igp), in un’epoca che richiede decisioni da prendere contro il calo dei consumi, il cambiamento climatico, la sostenibilità, gli scenari politici instabili e mutevoli. Ma che, allo stesso tempo, gode di una meritata considerazione da parte delle istituzioni come dimostra l’ipotesi di dare più potere, proprio ai Consorzi, per la promozione del territorio.
Ma quale direzione intraprendere nei prossimi anni per affrontare e vincere le tante sfide? Ne hanno parlato alcuni dei vertici dei Consorzi più importanti d’Italia che si sono riuniti, oggi, sul palco del Teatro degli Astrusi di Montalcino per fare il punto della situazione con il talk “Quale futuro per i consorzi del vino”, di scena a “Benvenuto Brunello”, l’anteprima dedicata ad uno dei grandi rossi d’Italia con l’annata 2020 alla prova del calice. Introdotti dal vicedirettore del “Corriere della Sera”, Luciano Ferraro, sul palco si sono alternato Fabrizio Bindocci, presidente Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, Albiera Antinori, presidente Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri e Bolgheri Sassicaia, Christian Marchesini, presidente Consorzio Valpolicella, Giovanni Manetti, presidente Consorzio Vino Chianti Classico, Graziano Nicosia, vicepresidente Consorzio Etna, e Sergio Germano, presidente Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani.
Iniziando dal peso del ruolo dei Consorzi, Albiera Antinori, ai vertici della Doc Bolgheri, ha spiegato che “la principale funzione di un Consorzio di una denominazione rimane quella della tutela, e quindi di tutelare in giro per il mondo il nome ed i prodotti. Altra funzione è dare un indirizzo strategico alla zona coinvolgendo i soci, creando così coesione e fiducia, affrontando argomenti che possono cambiare in un mondo che va veloce: faccio l’esempio della sostenibilità, della densità degli impianti nella propria denominazione a seguito degli impatti climatici, ma i temi possono essere svariati. Il Consorzio per me, però, non può sostituirsi alle aziende che devono avere la loro promozione, esserne i motori, all’interno di un quadro generale, anche perché dentro ai Consorzi ci sono compagini che possono essere molto diverse, è molto difficile fare qualcosa che vada bene per tutti”. Per Christian Marchesini, presidente del Consorzio dei Vini della Valpolicella, “i Consorzi sono attualissimi, molto contemporanei, ma la nostra funzione deve essere sempre più supportata dal settore pubblico. Rappresentiamo territori di successo, ma abbiamo anche la responsabilità di mantenerli. Le tre funzioni che sono quelle di tutela, vigilanza e promozione sono fondamentali. Noi sulla tutela abbiamo una lunghissima storia, soprattutto nei Paesi anglosassoni affrontiamo dei costi notevoli. Spendiamo infatti oltre 200.000 euro ogni anno per difenderci, ma portiamo a casa circa 700.000 euro di rimborso, per i costi legali, ma soprattutto per l’ingiusto utilizzo dei nostri marchi”. Sergio Germano, ai vertici del Consorzio del Barolo e del Barbaresco, ha aggiunto che “il compito del Consorzio è proprio quello di fare la promozione alla denominazione ed al territorio, non ai singoli brand, ovviamente. Ci dobbiamo muovere nel mondo come territorio, la tutela è scontata ed è importante anche per la gestione dei vigneti, ma la promozione di un territorio, la sua divulgazione capillare, è rilevante per rendere consapevoli i consumatori”. Per Graziano Nicosia, ai vertici del Consorzio dei vini dell’Etna, presieduto da Francesco Cambria, “il Consorzio continua a mantenere il suo ruolo di tutela che, secondo me, andrebbe anche rafforzato. Ma non possiamo prescindere dalla promozione; l’Etna è un fenomeno che nasce forse prima all’estero e poi in Italia come riferimenti di mercato, Stati Uniti in primis. Rafforzare la promozione è importante all’estero, ma anche nell’incoming. Se ci può essere una criticità la trovo nei bandi che esistono, rivolti alla promozione, dove spesso i Consorzi sono parametrati alle aziende ed hanno molta più difficoltà ad ottenere punteggi nelle graduatorie”. Giovanni Manetti, presidente del Consorzio del Gallo Nero, ha ricordato che il Chianti Classico “festeggia i primi 100 anni di vita, è il primo Consorzio nato in Italia non solo per il vino, ma di tutto l’agroalimentare. Siamo andati a rileggere la nostra storia, nel 1924 ci fu un gruppo di 33 viticoltori che decisero di mettere da parte tutti i loro interessi individuali per unire le forze e dare vita ad una casa comune. Nel 1924 gli obiettivi erano la tutela e la promozione, sono passati 100 anni, i soci del Consorzio Chianti Classico arrivano oggi a 500, le nostre bottiglie arrivano a 37 milioni distribuite in 160 Paesi, ma gli obiettivi sono sempre quelli. Chiaramente vanno attualizzati, la promozione adesso è molto più complessa, i gusti dei consumatori sono variabili. Ci tengo a sottolineare l’aspetto della difesa, che sarà sempre più legata al territorio, che è l’asset più importante che noi abbiamo perché è il fattore produttivo che più dona unicità, personalità e che consente al prodotto di non essere replicabile”. Sul tema della sostenibilità, Manetti dice che “bisogna guardare lontano, ci vogliono visione, lungimiranza. Noi abbiamo messo in cantiere il “Manifesto di sostenibilità”, un programma cucito sulla realtà del Chianti Classico e che include requisiti fondamentali, come quello di condurre l’azienda secondo i criteri dell’agricoltura biologica, biodinamica o integrata, non usare concimi o diserbanti chimici e, dal punto sociale, usare almeno il 50% del personale alle dipendenze dirette”. Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, ha rimarcato l’importanza “del lavoro di produttori particolarmente attenti alla gestione del territorio, il Consorzio sta facendo da apripista, ma ci sono già diverse aziende che si sono mosse. Dobbiamo lasciare ai nostri nipoti e alle generazioni future che verranno, un territorio sicuramente migliore o almeno uguale a quello che abbiamo trovato noi. La forza del Consorzio del Brunello di Montalcino è stata quella di partire nel lontano 1967 e arrivare ad oggi avendo avuto sempre una crescita di soci, oggi sono 160. Abbiamo visto che l’unione fa la forza, a livello di promozione, se stiamo tutti insieme la spesa si riduce e il risultato finale è maggiore. Sul tema della contraffazione, quando un brand diventa famoso si cerca di copiarlo. Investiamo cifre importanti del bilancio, ma spendere per la tutela del marchio significa investire bene, non possiamo abbassare la guardia. Il Consorzio dà le linee guida, lo abbiamo visto nell’allargamento degli ettari nel disciplinare del Rosso di Montalcino, facciamo da megafono, poi sono i soci a dire sì o no ad un cambiamento”. Tra i temi di attualità c’è anche quello di attribuire maggiori deleghe ai Consorzi in tema di enoturismo. Albiera Antinori dice che “sull’enoturismo, se lo vogliamo vedere come un veicolo di promozione sul territorio, e non solo del vino, è giusto che i Consorzi ne abbiano la possibilità. L’enotusimo sarà sempre più importante, per il consumatore c’è molto interesse per vedere il vino dove viene fatto, l’arte, la cultura, il paesaggio, tutte le vare peculiarità. Come Antinori nella cantina del Bargino abbiamo circa 35/40.000 visitatori paganti, è diventato un centro della comunicazione del nostro vino, del Chianti Classico e della Toscana”.
E poi ci sono i dazi “promessi” da Trump, dove, per Antinori, “riuscire ad intervenire sull’applicazione o meno è “mission impossible”. Il vino si dovrà vendere in ogni caso, forse bisognerà ricevere più persone qui per creare cultura, fascino, interesse, aspettando che i dazi passino”. Ma quali armi ha un Consorzio per affrontare le difficoltà del mercato? “Dobbiamo accompagnare le aziende - commenta Giovanni Manetti - un bell’evento che funziona porta vantaggio a tutti. Con una domanda fiacca e lo spettro dei dazi, l’unica cosa che un Consorzio può fare è migliorare il proprio lavoro, dare maggiore intensità a tutte le azioni. Abituiamoci poi a guardare a medio termine, i contadini di una volta dicevano che i conti si fanno ogni dieci anni”. Christian Marchesini è convinto che “il Consorzio deve avere sempre più la capacità di fare promozione e la politica deve dare degli strumenti, delle risorse per affrontare i mercati in modo più concreto. Sull’enoturismo è fondamentale il coordinamento, all’interno dello stesso territorio, di tutti quegli enti che fanno promozione come la Strada del Vino. Dobbiamo avere la capacità di fare le attività insieme per non perdere delle risorse. Per quanto riguarda i dazi rimango invece positivo”, esattamente come il presidente del Consorzio del Brunello, Fabrizio Bindocci. Il boom dell’enoturismo ha interessato in grande misura anche il territorio delle Langhe: “per l’enoturismo - spiega Sergio Germano - il vino è la causa prima di questo fenomeno. Va promossa la nostra filosofia, e quindi il vino non solo come bevanda, e soprattutto non come moda, perché rappresentiamo dei classici che devono mantenere la loro identità storica, la loro contemporaneità”. Sostenibilità, comunicazione ed enoturismo con un focus ancora maggiore sul territorio, è la ricetta del futuro anche per Graziano Nicosia, per cui “una maggiore comunicazione è necessaria, ma questa passa anche per una buona politica, sulla strategia per la sostenibilità, sulla formazione dei produttori anche per affrontare i mercati esteri. Sono d’accordo nel rafforzare l’enoturismo con delle partnership con chi già si occupa di questo settore”.
Focus - Debutta il nuovo modello di valutazione qualitativa “Brunello Forma” del Consorzio del Brunello. L’annata 2020 “accattivante, brillante, succulenta. Brunello 2020 versatile e vocato all’invecchiamento”
Una annata “accattivante, brillante, succulenta”, versatile e vocata all’invecchiamento, con uno “statement” che rappresenta il nuovo e che conferma il giudizio di una vendemmia 2020 all’epoca valutata a 5 stelle, le ultime attribuite anticipatamente sulla base dei parametri meteoclimatici e di consistenza e sanità delle uve (e fissate dalla formella disegnata dalla regina del nuoto italiano, Federica Pelligrini, ndr). Sono le tre parole chiave che descrivono sinteticamente il Dna del Brunello di Montalcino 2020, il vintage in anteprima in questi giorni a Benvenuto Brunello (di scena fino al 18 novembre) che si prepara a entrare sui mercati il primo gennaio 2025. L’interpretazione rappresentativa dei vini della denominazione emerge da “Brunello Forma”, il nuovo progetto di proprietà del Consorzio presentato oggi al Teatro degli Astrusi.
Da quest’anno, infatti, “l’ente consortile del vino principe della Toscana - spiega una nota - mette in campo un innovativo ed esclusivo modello di valutazione della personalità dei vini in base alle diverse vendemmie tarato specificamente sul Sangiovese di Montalcino. Obiettivo: analizzare l’annata secondo canoni non più quantitativi (le stelle) e autoreferenziali ma qualitativi e stilistici che derivano dalla forte interazione tra vitigno, cambiamento climatico e vino, considerando anche la grande eterogeneità del territorio in termini di esposizione, altitudine e suoli”. Uno studio complesso che ha visto all’opera membri del Consorzio, un team di esperti climatologi e professionisti dell’high tech farming della società Copernico e un panel di degustazione internazionale composto da 8 Master of Wine: Gabriele Gorelli e Andrea Lonardi per l’Italia, Madeleine Stenwreth (Svezia), Justin Knock e Michelle Cherutti-Kowal (Uk), Tracey Dobbin (Francia), Frank Roeder (Germania) e Philip Goodband (Usa). Dai tasting alla cieca condotti su 57 campioni di Brunello di Montalcino 2020 imbottigliati e certificati Docg, esaminati in connubio con i dati climatici dei diversi areali di provenienza, sono emerse 456 note di degustazione più le 8 note finali di sintesi dell’annata elaborate singolarmente da ciascun Master of Wine. Un osservatorio che ha permesso di arrivare a un’unica nota di degustazione qualitativa del Brunello di Montalcino 2020. Queste le caratteristiche dell’annata.
Profilo e Struttura. L’annata 2020 rivela una notevole enfasi su espressioni di frutto maturo e complessa nella maggior parte dei campioni, spesso stratificati con sfumature floreali. Il piacevole equilibrio tra intensità fruttata e struttura, suggerisce che questi vini non solo sono espressivi ora, ma mostrano anche potenziale per un ulteriore sviluppo.
Equilibrio e Alcol. I vini mostrano generalmente un equilibrio ben integrato tra acidità rinfrescante, tannini succulenti e calore alcolico. Sebbene alcuni campioni presentino una maturità più evidente e una maggiore presenza di alcol, questi elementi sono ben gestiti, contribuendo alla densità e alla longevità dei vini. Alcuni campioni hanno mostrato l’alcol in modo più prominente, confermando un profilo di annata più calda.
Qualità dei tannini e potenziale di invecchiamento. I tannini sono spesso descritti come raffinati, succosi e piacevolmente levigati, una caratteristica del Brunello 2020. Questa tessitura, combinata con una spiccata e rinfrescante acidità, indica che questi vini sono fatti per invecchiare.
Diversità stilistica. Le note di degustazione riflettono una diversità stilistica probabilmente influenzata dalla posizione del vigneto e dall’epoca di vendemmia, con alcuni vini che evidenziano aromi delicati, croccanti e finezza, mentre altri mostrano uno stile più audace, voluminoso e concentrato. Questo indica un’annata versatile, che mostra sia finezza che potenza attraverso diversi terroir e approcci enologici.
Consistenza. L’annata 2020 si distingue per una qualità costante. Questo riflette una stagione di crescita stabile e favorevole per il Brunello, producendo vini di profondità e complessità. Anche i livelli di polifenoli e antociani confermano questa qualità, indicando vini ricchi di struttura e colore.
Potenziale a lungo termine. Complessivamente, le note del panel enfatizzano una visione positiva sull’annata 2020 del Brunello di Montalcino. Sebbene già accessibili, molti di questi vini dovrebbero acquisire ulteriore complessità e armonia con l’invecchiamento in cantina, rendendoli adatti sia per il consumo attuale che per un potenziale di invecchiamento a lungo termine.
In sintesi, l’annata 2020 del Brunello di Montalcino si caratterizza per profilo accattivante e solare di frutta matura, solido equilibrio strutturale e grande piacevolezza di beva grazie ai tannini succulenti.
Guardando alle condizioni climatiche e alle caratteristiche, l’annata 2020 si distingue per una serie di condizioni climatiche favorevoli che hanno avuto un impatto positivo sulla qualità finale del vino. La stagione è iniziata senza gelate invernali, e la primavera è stata asciutta, favorendo uno sviluppo regolare delle piante. Giugno ha portato una buona piovosità, creando un bilanciamento idrico che ha preparato le piante al caldo estivo. Sebbene luglio sia stato secco, la piovosità di giugno e agosto ha permesso una maturazione uniforme degli acini. Durante l’estate si sono verificate solo due ondate di calore, una tra luglio e agosto e una nella seconda metà di agosto. Entrambe le ondate sono state brevi e moderate, limitando il rischio di stress idrico per le piante e contribuendo a preservare il profilo aromatico del vino. Nel complesso, l’annata 2020 ha mostrato una stabilità termica e un’accumulazione di ore di calore normale, con un livello di stress termico inferiore alla media storica, indicando una maturazione ideale del Sangiovese. Le precipitazioni sono state ben distribuite durante la stagione, con un totale di 543 mm che ha contribuito a mantenere l’equilibrio idrico delle piante. L’analisi climatica ha anche evidenziato come le aree ad altitudine maggiore abbiano goduto di una mitigazione termica che ha contribuito a evitare stress eccessivi alle piante.
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