Tra le figure che nel corso dei decenni hanno contribuito a disegnare il panorama enoico attuale, ce n’è una difficilissima da posizionare, a metà tra il produttore e l’enologo: è il wine consultant, una professione originale che vanta tra le proprie fila nomi ben noti al mondo del vino internazionale, perché è anche grazie alla loro consulenza che il settore ha assunto i contorni che conosciamo oggi. The Drinks Business ha messo in fila i dieci più influenti, il cui nome nella storia recente del vino pesa più di qualsiasi brand o società. Attenzione però, perché molti di loro non sono volti noti o nomi conosciuti ai più, lavorano sotto traccia, e stravolgono il modo di fare vino delle aziende, a partire dalla posizione n. 1, occupata dalla coppia Jacques & Eric Boissenot, padre e figlio che seguono il lavoro di 200 aziende in tutto il mondo, specie nel Medoc, ma anche in Grecia, Provenza, Toscana, Spagna e Cile, compreso il big del Paese andino, Concha y Toro. Dietro, il ben più famoso Michel Rolland, che non ha certo bisogno di presentazioni, con più di 150 aziende in portfolio, da Bordeaux (Figeac, Pontet-Canet e gli châteaux di St Emilion Premier Grand Cru Classé “A”, Ausone, Angelus e Pavie) all’Argentina, passando per il Sudafrica e la Spagna. Sul terzo gradini del podio, Paul Hobbs, a cui devono buona parte del loro successo sia i vini del big Usa Mondavi che quelli di un intero territorio, quello del Malbec, in Argentina. Oggi cura solo 35 aziende, un limite che si è autoimposto, cercando per ognuna le soluzioni migliori, specie nell’utilizzo del legno.
Fuori dal podio, alla posizione n. 4, Stephane Derenoncourt, di stanza a Bordeaux, ma le sue competenze uniche sui segreti e le potenzialità dei diversi terreni, lo hanno portato negli angoli più disparati del mondo: India, Spagna, Austria, Italia, Libano, Siria, Turchia, Marocco, Ucraina e Usa. Al n. 5, il primo ed unico italiano, Alberto Antonini, tra i più giovani della “top ten” e una lista di 30 aziende in giro per il mondo (Italia, Usa, Canada, Armenia, Australia, Argentina, Cile ed Uruguay) segnate a fondo dal suo lavoro che, con coraggio, ha superato la visione “franco centrica” della maggior parte dei viticoltori, convinti che il successo dovesse necessariamente passare per l’uso di barrique e vitigni internazionali: i suoi vini, invece, sono sempre espressione di una unicità. Alla posizione n. 6, un altro fenomeno mediatico, Denis Dubourdieu, professore di enologia all’Università di Bordeaux e due clienti che, senza citarne altri, parlano per lui: Cheval Blanc e Yquem. Al n. 7 c’è invece un intruso, una menzione particolare alla figura del retailer, perché, come spiega The Drinks Business, con la crescita degli spazi dedicati al vino sugli scaffali della gdo, sono nate numerose collaborazioni tra i responsabili delle grandi catene ed il mondo della produzione. Alla posizione n. 8, un Master of Wine, Kym Milne, punto di riferimento per tutta l’enologia australiana, seguito al n. 9 da Demei Li, il wine consultant cinese (chi l’avrebbe mai detto fino a qualche anno fa?) che segue e cura la crescita di tante aziende del gigante asiatico, oltre ai tanti progetti di collaborazione governativa tra Pechino e Parigi. Infine, a chiudere la classifica, un altro Master of Wine, il neo zelandese Sam Harrop, che con il suo lavoro ha cambiato i connotati ai vini di un’intera regione, quelli della Loira, lavorando prima sul Cabernet Franc, e poi sul Sauvignon Blanc.
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