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“TROPPO ECOLOGISMO SCELLERATO, OGGI LA FLAVESCENZA DORATA MINACCIA IL VIGNETO PIEMONTE. IN ALCUNI APPEZZAMENTI IL 90% DELLE VITI SONO MALATE O MORTE. OCCORRE AGIRE SUBITO”. IN PIENA VENDEMMIA, L’ALLARME (GIÀ LANCIATO IN ESTATE) DI CONFAGRICOLTURA ASTI

L’allarme è rilanciato (come era già successo in estate) senza mezza termini: “se continua così al vigneto Piemonte restano pochi anni prima di un tracollo irrecuperabile”. A lanciarlo Confagricoltura Asti, con il presidente Massimo Forno e il direttore Francesco Giaquinta che, in piena vendemmia, tornano sull’allarme “flave scienza dorata” in uno dei territori più importanti del vino italiano e mondiale. “In questi giorni - dicono - è in corso la vendemmia delle uve a bacca rossa, barbera in testa. La condizione dei vigneti attaccati dalla Flavescenza, sia nell’Astigiano che nelle province vicine, è drammatica. Chi va tra i filari può constatare di persona. Ci sono appezzamenti che hanno anche il 90% di piante infette o morte”. La colpa, secondo Confagricoltura, è anche di una “distorta sensibilità ambientalista. La legge 20/78, quella che un tempo andava sotto il titolo di agricoltura eco-compatibile, da una parte ha abbassato l’uso dei prodotti chimici nei campi, limitando abusi e storture, dall’altra, però, ha permesso un vero agro-lassismo che ha esposto molte colture, la vite per esempio, all’attacco di malattie, come la Flavescenza dorata, che fino a 20 anni fa erano tenute sotto controllo”.

Alla base del ritorno della Flavescenza, “la peste della Vite”, ci sarebbe un inadeguato piano dei trattamenti. “La situazione - sostengono - è talmente grave da imporre scelte drastiche. Bisogna aumentare il numero di trattamenti; pensare a come sciogliere il nodo dei gerbidi (zone semiaride, ndr) confinanti con i vigneti e che non vengono trattati né ripuliti; affrontare il problema delle colture, come i noccioleti, che non sono trattati contro gli insetti vettori della Flavescenza e che, invece, rappresentano un rifugio ideale per gli esemplari che diffondono la malattia che, dopo una sosta in queste zone franche, tornano nel vigneto quando l’effetto dei trattamenti è decaduto”.

Insomma Confagricoltura Asti chiede una reazione forte contro una fitopatologia che sta mettendo in ginocchio la viticoltura piemontese. “Ci sono enti che stanno facendo molto - ammettono Forno e Giaquinta - ma non è abbastanza. Ci vuole, e in fretta, un piano d’attacco risolutivo in grado di contenere una malattia per cui non c’è ancora cura. Un piano che preveda la concertazione di tutti i soggetti che concorrono a determinare la politica agricola in Piemonte, dalle istituzioni pubbliche, alla ricerca scientifica, alle organizzazioni di categoria ai consorzi. In caso contrario il Piemonte dovrà dire addio ad una consistente fetta del suo patrimonio viticolo che rappresenta, non dimentichiamolo, una importante voce anche in campo economico e occupazionale”.

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