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Ue-Canada, ok al Ceta. Denominazioni di Origine più tutelate, via ai dazi sul vino e non solo. Ma opinioni divise. Paolo De Castro: “grande opportunità anche per made in Italy”. Slow Food: “Italia non lo ratifichi”. Coldiretti: “tante ambiguità”

Ue-Canada, il Parlamento Europeo ha dato il via libera al Ceta, l’accordo di libero scambio commerciale con il Paese nordamericano. Un accordo importante, che divide, però, le opinioni, a partire da quelle degli europarlamentari, visto che l’ok è arrivato con 408 voti favorevoli e 254 contrari. Secondo la Commissione Ue, tra abbattimento dei dazi ed altre misure, l’accordo dovrebbe portare ad un aumento dei volumi d’affari di 12 miliardi di euro all’anno, con l’abbattimento fino a 500 milioni di euro l’anno dei costi all’esportazione. L’accordo porterà alla creazione di nuovi posti di lavoro. L’accordo, riporta l’Ansa prevede il riconoscimento di un elenco di prodotti Dop e Igp in Canada, Paese da sempre scettico sulle Denominazioni di qualità europee, l’apertura di un contingente dedicato ai formaggi Ue, azzeramento di dazi e semplificazione per l’export di vini e liquori, dolciumi, pasta, biscotti, preparati di frutta e verdura. Con alcune misure che entreranno in applicazione in misura provvisoria appena il governo canadese ratificherà l’accordo.
“Per la prima volta sono stati riconosciuti oltre 170 prodotti a indicazione di origine - ricorda Paolo De Castro, vice presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo - e anche se i 41 italiani (soprattutto salumi e formaggi, dalla bresaola della Valtellina all’Aceto Balsamico di Modena, dalla Mozzarella di Bufala Campana al Prosciutto di Parma, dal Pecorino Romano al Pecorino Toscano e così via, ndr) sono una percentuale per qualcuno troppo bassa rispetto ai 230 totali tra Dop e Igp, rappresentano comunque quasi la totalità delle esportazioni agroalimentari in Canada. Con il Ceta l’Unione europea fa un accordo con una potenza economica atlantica, mantenendo i suoi standard sanitari e ambientali e compiendo un primo e concreto passo avanti nella lotta all’Italian sounding - aggiunge De Castro - e l’accordo approvato oggi permetterà alle imprese italiane di espandere il made in Italy e rafforzare la propria presenza in Canada. A beneficiare di questo accordo saranno anche i produttori di vino, di olio extravergine e di prodotti lattiero caseari, con risparmi di 500 milioni di euro l’anno per l’’abbattimento dei dazi doganali. La sfida attuale - aggiunge De Castro - è siglare accordi con altri Paesi con l’’obiettivo di agevolare gli scambi commerciali, garantendo al contempo gli alti standard qualitativi con i quali sono tutelati i cittadini europei. In quest’ottica il Ceta è sicuramente l’esempio più recente ed efficace poiché rappresenta uno degli accordi più ambiziosi e completi mai conclusi tra Ue e paesi terzi”.
Secondo elaborazioni Nomisma su dati Istat, nel 2015 l’Italia ha esportato in Canada prodotti agroalimentari per oltre 720 milioni di euro (300 solo di vino) e ha importato per 450 milioni di euro, soprattutto cereali come il grano. Secondo i suoi sostenitori, l’accordo dovrebbe aumentare i volumi di scambio riducendo i costi delle esportazioni. Il Canada eliminerà i dazi per il 90,9% dei prodotti agricoli al momento dell’’entrata in vigore del Ceta e per il 91,7% dopo una transizione di 7 anni. Ottawa aprirà una quota da 18.500 tonnellate per i formaggi europei, supplementare a quella già prevista dagli accordi Wto.
L’Italia è uno dei più grandi esportatori Ue di prodotti caseari in Canada, con valori pari a 40 milioni di euro nel 2015. Al di fuori del contingente attuale però, Ottawa applica dazi fino al 220% e l’estensione della quota dovrebbe dare maggiore competitività ai prodotti nazionali. L’Ue, da parte sua, eliminerà il 92,2% dei dazi agricoli all’entrata in vigore e il 93,8% dopo 7 anni.
L’Ue ha concesso al Canada contingenti a dazio zero: 50.000 tonnellate di carne di manzo non trattato con ormoni (0,6% dei consumi europei), 75.000 tonnellate per le carni suine (0,4%) e 8.000 per il mais dolce. Sopra le quote concordate su questi prodotti sensibili, l’Ue continuerà ad applicare dazi, che saranno invece azzerati su grano tenero e duro, semi oleosi e legumi. Tra le novità per l’Italia, il Prosciutto di Parma, finora bloccato da un marchio locale, potrà vendere in Canada con la propria denominazione. La lista delle Dop è aperta, con denominazioni che potranno essere aggiunte in un secondo momento.
Eppure, ci sono anche voci anche nettamente contrarie all’accordo, che il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani “definisce un buon accordo per i nostri cittadini, che creerà nuovi posti di lavoro e stimolerà la crescita a beneficio dei nostri imprenditori e consumatori, tenendo conto delle loro preoccupazioni”, e a cui plaude anche la Confindustria. Come quella di Slow Food, che chiede al Governo italiano di non ratificare il Ceta. “Ancora una volta siamo di fronte a un trattato che intende affermare gli interessi della grande industria, a scapito sia dei cittadini che dei produttori di piccola scala. Ciò di cui abbiamo bisogno è invece l’adozione di un nuovo sistema che ci indirizzi verso una politica commerciale inclusiva, che abbia come punti cardine i bisogni delle persone e del nostro pianeta. Ratificare il Ceta ci allontanerebbe sicuramente da questo obiettivo”, commenta Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia. “Già 3,5 milioni hanno manifestato il loro dissenso firmando la petizione diffusa nei mesi scorsi, è ora di dare loro ascolto!”.

Basta che un solo Paese non ratifichi l’accordo, ricorda Slow Food, e il Cetà sara bloccato (ora spetta ai singoli parlamenti nazionali dell’Ue ratificare l’accordo, che pero’ entra in vigore
“provvisoriamente” già nel prossimo mese di aprile, ndr), e per il movimento fondato da Carlo Petrini, sono tanti i temi sensibili sul piatto, “dai lavori pubblici alla carne agli ormoni, dal glifosato agli Ogm, tema tra l’altro, su cui si deciderà in gran segreto”.
“In Europa abbiamo 1300 prodotti alimentari a indicazione geografica, 2,800 vini e 330 distillati. Di questi, il Ceta ne tutelerebbe solamente 173. Questo significa che alcune denominazioni di origine di prodotti legati al territorio e con una tecnica produttiva tradizionale potrebbero essere tranquillamente imitati oltreoceano, senza essere passibili di alcuna sanzione” commenta Carlo Petrini, presidente internazionale di Slow Food. “E attenzione a non pensare che questo sia un discorso protezionista nei confronti dei contadini europei, perché per altre filiere vale al contrario”. Prendiamo la produzione di latte, sottolinea Slow Food, “che in Europa soffre a causa della sovrapproduzione e prezzi troppo bassi, mentre in Canada si sono mantenuti livelli di remunerazione soddisfacenti. Il Ceta aprirebbe il mercato canadese ai prodotti lattiero-caseari europei provocando una caduta dei prezzi oltreoceano e di conseguenza un peggioramento delle condizioni di vita degli allevatori. Il discorso è lo stesso dunque: invece di migliorare le condizioni di chi sta peggio, si innesca una guerra al ribasso che porta al baratro chi produce bene. Queste misure fanno esclusivamente il gioco della grande industria e della speculazione finanziaria”. Decisamente contrarie al Trattato anche le associazioni ambientaliste come Green Peace.

Focus - Coldiretti, da Ceta una situazione davvero ambigua. Ok a Asiago e Gorgonzola made in Canada. Finalmente, però, potrà essere esportato il Prosciutto di Parma

I produttori canadesi potranno continuare ad utilizzare il termine Parmesan ma anche produrre e vendere, come già fanno, Gorgonzola, Asiago, Fontina dove dovrà essere aggiunta l’indicazione “made in Canada”, ma finalmente entrerà sul mercato canadese il prosciutto di Parma Dop fino ad ora precluso, in coesistenza però con quello dell’azienda privata che ne ha registrato il marchio. A dirlo la Coldiretti sugli effetti dell’approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreementr) con il Canada sulle produzioni alimentari ad indicazione geografica Made in Italy. Nel dettaglio riceveranno protezione nel Paese dell’acero un elenco con 171 prodotti ad indicazione geografica dell’Unione Europea tra cui figurano 41 nomi italiani rispetto alle 289 denominazioni Made in Italy registrate.
“Tale accordo prevede ad esempio che - continua la Coldiretti - il Prosciutto di Parma, il Prosciutto San Daniele, il Prosciutto Toscano e il Prosciutto di Modena potranno entrare nel mercato canadese con il loro nome ma dovranno coesistere con i marchi canadesi registrati. In altre parole sul mercato del paese nordamericano - precisa la Coldiretti - ci saranno i prosciutti di Parma e San Daniele “made in Canada” insieme a quelli italiani, mentre fino ad ora il prosciutto di Parma italiano poteva essere esportato solo con il nome di “Prosciutto originale”.


Gorgonzola, Asiago e Fontina sono considerati generici dall’accordo e i canadesi potranno continuare a produrli e venderli con tale denominazione che sarà però accompagnata dall’indicazione obbligatoria dell’origine in etichetta (esempio Asiago Made in Canada), senza però possibili evocazioni (quali bandiere o immagini di posti notoriamente riconosciuti). Nel caso di eventuali nuovi prodotti canadesi di imitazione, questi dovranno essere accompagnati dalle espressioni “tipo; stile o imitazione” (esempio “stile squacquerone di Romagna”). Non c’è dubbio che per le indicazioni geografiche - sostiene la Coldiretti - sia di fatto mantenuta e ratificata una situazione di ambiguità che rende difficile ai consumatori distinguere il prodotto originale ottenuto nel rispetto di un preciso disciplinare di produzione dall’imitazione di bassa qualità. Ma è anche vero che l’accordo - precisa la Coldiretti - interviene su una situazione fortemente compromessa in cui almeno il 90% per cento dei formaggi di tipo italiano consumati in Canada sono in realtà di produzione locale, dal pecorino friulano al Romano cheese, dal Romanello al Crotonese, dalla Fontina alla scamorza fino al Parmesan. La situazione è anche peggiore per i salumi ed in questo senso la storia del prosciutto di Parma Dop, è esemplare. La denominazione da diversi decenni è stata usurpata dalla società Maple Leaf Foods, la più grande industria alimentare canadese, che ha registrato il marchio “Parma” e quindi può regolarmente commercializzarlo. La conseguenza - conclude la Coldiretti - è che il vero prosciutto di Parma Dop non può essere al momento venduto in Canada ma per essere comunque presente su quell’importante mercato, il prodotto italiano viene commercializzato con il nome “Prosciutto originale”, e sugli scaffali dei negozi si trova acconto al “Parma” canadese, senza poter portare il suo vero nome”.

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