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Ufficiale: “la Xylella fastidiosa è responsabile della malattia che sta distruggendo gli olivi nell’Italia meridionale. Sembrano resistergli, ad ora, vite, agrumi e leccio”. A dirlo un nuovo studio Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare

La Xylella fastidiosa è responsabile della malattia che sta distruggendo gli olivi nell’Italia meridionale, conferma un nuovo studio. Anche l’oleandro e la poligala a foglia di mirto soccombono al ceppo pugliese del batterio, mentre gli agrumi, la vite e il leccio sembrano resistergli. A ribadirlo ufficialmente, in una vicenda che oltre ad aver messo in ginocchio un settore strategico e un patrimonio storico come quello dell’olivicoltura di Puglia, è stata contornata di polemiche per le misure adottate, in primis l’eradicazione delle piante malate e di quelle vicine (si è arrivati anche a gridare al “complotto”) è l’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, con sede a Parma (www.efsa.europa.eu), che ha pubblicato i risultati delle indagini “effettuate negli ultimi due anni in Puglia sulla gamma di piante ospiti della Xylella fastidiosa “CoDiRO”. Gli scienziati del Consiglio Nazionale delle Ricerche hanno esposto varietà d’importanti colture perenni al batterio come l’olivo, la vite, gli agrumi, il mandorlo, il pesco, il ciliegio e il susino, ma anche specie forestali come il leccio e specie ornamentali come l’oleandro e la poligala mirtifoglia, tramite inoculo artificiale ed esposizione su campo a insetti vettori infetti”.
“Tali risultati confermano che il ceppo “CoDiRO” di Xylella fastidiosa - spiega Giuseppe Stancanelli, a capo dell’unità “Salute animale e vegetale” dell’Efsa - provoca il deperimento dell’olivo. Si tratta di un importante passo avanti, in quanto potremo valutare con precisione il rischio che un’epidemia si diffonda dalla Puglia solo se colmeremo le lacune nelle conoscenze sulla gamma di piante ospiti e sull’epidemiologia del ceppo pugliese”.
Le piante di olivo sottoposte a inoculo, spiega l’Efsa, hanno evidenziato i medesimi gravi sintomi (disseccamento e deperimento) osservati sulle piante in campo aperto. Non tutte le varietà di olivo, però, hanno risposto allo stesso modo. Ad esempio sembra che il batterio impieghi più tempo a colonizzare - con una concentrazione inferiore di batteri - le cultivar Coratina, Leccino e Frantoio rispetto alla Cellina di Nardò, che è una delle cultivar più comuni nella zona infetta.
Secondo i ricercatori ora occorrono maggiori test su un numero più esteso di cultivar di olivo per capire le diverse risposte ottenute. Gli esperimenti su campo hanno inoltre dimostrato che la sputacchina (Philaenus spumarius) infetta (insetto largamente diffuso in Puglia) può trasmettere il batterio all’olivo, all’oleandro e alla poligala a foglia di mirto. L’infezione è stata rilevata sei mesi dopo l’esposizione agli insetti, quando le piante erano ancora asintomatiche.
La buona notizia è che nessuna pianta di vite, agrumi, vite o leccio è risultata positiva alla Xylella fastidiosa dopo esposizione alla sputacchina infetta. Analogamente le piante di agrumi, vite e leccio non si sono infettate in modo sistemico né hanno sviluppato sintomi sospetti, se inoculate sperimentalmente. Per ottenere dati conclusivi sulle piante con frutto a nocciolo sono necessari ulteriori osservazioni ed esperimenti. Tutte le piante inoculate saranno tenute sotto osservazione per almeno un’ulteriore stagione vegetativa, mentre gli esperimenti su campo verranno estesi per altri 10 anni.
“I risultati di questo progetto riducono in modo significativo le incertezze che circondano i rischi collegati al ceppo CoDiRO della Xyella fastidiosa per il territorio dell’Ue - aggiunge Stancarelli - e contribuiranno a pianificare le ricerche future. Successivi esperimenti su campo e in laboratorio dovranno esplorare ulteriormente le risposte dell’olivo mediterraneo, con l’obiettivo di individuare varietà tolleranti o resistenti che possano essere coltivate dagli agricoltori nelle zone colpite da X. Fastidiosa. Prevediamo di riuscire ad acquisire maggiori dati che ci aiutino a tenere sotto controllo questa malattia tramite progetti di ricerca finanziati dal programma Ue Orizzonte 2020”.

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