Un arcipelago, un vitigno e la storia secolare di una viticoltura eroica: è questa, in sintesi, la forza della Malvasia delle Lipari che nel suo “Malvasia day”, by Tasca d’Almerita, racconta la storia di un’intera civiltà enoica, attraverso i vini prodotti oggi su quelle terre.
Protagoniste della civiltà del vino fin dall’antichità, le piccole isole del Mediterraneo hanno mantenuto alta fino a oggi la tradizione di una viticoltura eroica che continua a produrre vini straordinari, specialmente dolci, come nel caso della Malvasia delle Lipari. Nell’arcipelago delle Eolie viene prodotto uno dei più antichi vini siciliani, in possesso di quella che potremmo definire uno dei migliori esempi di “sicilianità” dell’enologia isolana. Un carattere fotografato da “malvasia Day” (Salina, 18giugno), evento dedicato a questa chicca enologica organizzato da Tasca d’Almerita nel resort di Capofaro.
“Un momento di aggregazione - spiega Alberto Tasca - dove spariscono i motivi di diffidenza tra i produttori ed emerge l’unità, è sempre una dato importante. E, per rimanere qui in Sicilia, come sta succedendo fra i produttori dell’Etna, diventa motivo di confronto e crescita. La Malvasia di Lipari è prodotta in un territorio piccolissimo che vogliamo valorizzare sempre di più, attraverso - conclude Tasca - una visione unitaria soprattutto organolettica”.
Un vino potente nella storia, nel fascino e nella complessità aromatica ma capace di accarezzare la bocca con eleganza e finezza, tra ricordi di dattero e arancia candita. L’evento, siamo all’edizione n. 2, è aperto al pubblico e raccoglie il meglio della produzione di questo raro vino passito: da Barone di Villagrande a Florio, da Capofaro (Tasca d’Almerita) a Caravaglio, da Colosi a Fenech, da Giona a Hauner, da La Rosa, Virgona e D’Amico.
Focus - La malvasia delle Lipari tra storia e leggenda
Protagoniste della civiltà del vino fin dall’antichità, le piccole isole del Mediterraneo hanno mantenuto alta fino a oggi la tradizione di una viticoltura eroica che continua a produrre vini di nicchia, specialmente dolci, come nel caso della Malvasia delle Lipari. I vini dolci mediterranei, ottenuti prevalentemente da uve appassite, hanno infatti riconquistato la loro storica collocazione, ripartendo proprio dalle isole meridionali dell’Italia (da Pantelleria, alle Lipari). Prodotta a partire da uve Malvasia delle Lipari e una piccola percentuale di Corinto Nero, altro vitigno di antica coltivazione di questo territorio, è declinata sia nella versione secca che in quella passita, quest’ultima ottenuta da appassimento delle uve in pianta o su graticci. La storia del vitigno Malvasia si intreccia con quella della Repubblica di Venezia. Il nome deriva da quello della città greca Monembasia, ribattezzata Malfasia e successivamente italianizzato in Malvasia. I veneziani dopo averla conquistata, ne prelevarono i vitigni che trapiantarono nell’isola di Creta. E con i vini di Monembasia e di Creta vennero esportati anche i rispettivi vitigni.
Nelle isole Lipari circola anche un’antica leggenda cristiana, ambientata durante la dominazione musulmana, che racconta di un contadino intento a portare un’anfora di vino per il padre ed il prete. Incontrato lungo la strada lo spietato governatore arabo dell’isola, che pretendeva di sapere cosa trasportasse, il contadino rispose che portava solo succo di malva e, pregando il Signore di trasformare il vino in malva, lo invocò così: “malva sia!”. Ed il vino si trasformò in malva provocando il disgusto del governatore.
I vitigni Malvasia rappresentano una sorta di patrimonio collettivo dell’intera enologia tricolore e possono essere distinti in due gruppi: a frutto bianco e a frutto nero. Fra le Malvasia a frutto bianco più estesamente coltivate la Malvasia del Chianti, la Malvasia istriana, la Malvasia laziale, la Malvasia Bianca di Candia, la Malvasia di Sardegna, la Malvasia delle Lipari. Fra le Malvasia a frutto nero, presente anche in Toscana, quelle salentine di Brindisi e di Lecce, la Malvasia di Casorzo d’Asti e la Malvasia nera di Schierano.
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