La lunga marcia cinese verso i migliori standard occidentali procede a tappe forzate, con relativo corredo da neo-ricchi: dopo le Ferrari, l'alta (e bassa) moda, l'high-tech nostrano, il Paese dei neo-mandarini apre ai prodotti tipici italiani. E in attesa delle probabili copie c'é da registrare il sicuro successo del Passito "Greco di Bianco”, un concentrato di storia che risale VII secolo prima di Cristo. Dal 30 settembre nello showroom che aprirà i battenti a Shangai, prima vetrina del made in Italy enologico e non solo, comparirà tra i banconi di esposizione e vendita anche un pezzetto di Calabria. Sì, perché questo passito a Denominazione di origine protetta, con tanto di disciplinare di produzione composto da 7 articoli, viene prodotto in un angolo mite di questa regione, precisamente in 49 ettari di superficie nelle zone del Comune di Bianco a sud di Locri nel basso Ionio. Il clima tipico dell'area, con temperature medie intorno ai 18° e che raramente scendono sotto i 7°, conferiscono a questo prodotto un inconfondibile gusto mediterraneo che tanto piace ai cinesi delle grandi città. E questo non solo perché oggi il made in Italy fa status symbol, ma anche perché il sapore zuccherino e aromatico con un leggero sottofondo amarognolo di questo passito, sedurrà dolcemente i consumatori di questo immenso Paese. "Più del vino, i cui toni sono più decisi e risoluti, i passiti hanno un sapore con cui i cinesi hanno una certa dimestichezza - afferma Paolo Benvenuti, direttore generale della Città del Vino, che ha collaborato alla nascita dello show room di Shangai - per questo sono convinto che il Greco di Bianco sarà il primo passito a sbarcare in Cina, ma non certo l'ultimo".
Imparare a saper apprezzare un Brunello, infatti, potrebbe non essere impresa facile per un palato che non lo ha mai fatto (non è un caso che verranno organizzati anche dei veri e propri corsi di degustazione nello showroom); quello dei cinesi è sicuramente più avvezzo a bere il famoso Baijiu, alcol bianco liquoroso ricavato dal grano, che naturalmente non ha niente a che fare con i nostri passiti se non l'inconfondibile gusto zuccherino che lo accomuna. Conquistarsi la fiducia dei consumatori cinesi sarà cosa ardua, ma sicuramente lo sarà meno per il passito, un mondo su cui sta crescendo l'interesse anche nel Belpaese, patria storica di questo nettare considerato fino ad oggi un mercato di nicchia dai contorni nebulosi sia come dati di produzione che come quelli di consumo. "Tutti in Cina vogliono bere del buon vino di vecchia data. Il problema è che semplicemente non esiste. Le viti cinesi non sono abbastanza vecchie per poter produrre vini che valga la pena conservare per più di tre anni", sostiene Wu Shuxian, una nota critica di vini, che si sta impegnando affinché ciò che viene considerata una bevanda esotica, di èlite, diventi qualcosa di meno alieno al popolo cinese. E con queste premesse il passito potrebbe trovare davvero un terreno fertile, sapendo coniugare storia, sapore e moda.
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