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UN REGIME INTERMEDIO FINO AL 2020, PER VERIFICARE MEGLIO COME “RIFORMARE” I DIRITTI DI IMPIANTO DEL VIGNETO EUROPEO “PRIMA DI DANNI IRREPARABILI”: ECCO LA PROPOSTA “ITALIANA” NEL MEETING DELLE REGIONI VITICOLE EUROPEE (AREV)

Un passaggio intermedio fino al 2020, per verificare meglio come “riformare” i diritti di impianto del vigneto europeo (sui quali, ad oggi, nonostante il fermo no dei principali Paesi produttori e del Parlamento Ue, e delle aperture più o meno decise del commissario Ciolos, aleggia ancora la possibilità della liberalizzazione nel 2015), “prima di danni irreparabili”: ecco la proposta “italiana” nel meeting delle regioni viticole europee (Arev, www.arev.org). Nell’incontro di Roma, i presidenti delle Regioni viticole europee hanno lanciato un appello ai capi di Stato e di Governo dei Paesi produttori dell’Ue contro “lo smantellamento della viticoltura europea” come conseguenza “della ‘proposta’ di liberalizzare i vigneti nell’Ue”. La questione e’ infatti al centro delle discussioni al Gruppo europeo di alto livello sul vino, che si riunirà nuovamente il prossimo 14 dicembre. I rappresentanti delle Regioni europee, riuniti nell’Arev, sostenuti dall’eurodeputata lussemburghese Astrid Lulling, sono giunti anche a mettere in dubbio che ci sia, all’interno della Commissione europea, la volontà di mettere in pratica le direttive dello stesso commissario all’agricoltura, Dacian Ciolos, contrario ad una liberalizzazione del settore. A nome delle Regioni italiane ha parlato l’assessore all’agricoltura del Veneto, Franco Manzato, proponendo “di effettuare per il settore un passaggio intermedio fino al 2020, prima di procedura ad una sua riorganizzazione che può provocare - ha detto - effetti a cui non si può porre rimedio. Un periodo transitorio fino al 2020, permetterebbe di verificare come funzionerebbe un regime con minori limitazioni ed un maggior coinvolgimento dell’interprofessione, senza snaturare il sistema ‘vino europeo’ frutto di una storia millenaria che gli ha permesso di acquisire notevoli posizioni nei mercati mondiali”. In caso contrario - ha concluso - si rischia “la perdita della qualita’, delle aziende familiari e il controllo del territorio”.

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