Nel panorama brassicolo italiano, le microimprese artigianali si trovano a fronteggiare una burocrazia fiscale che rischia di soffocare la loro attività. Nonostante il massimo sconto d’accisa previsto dalle normative europee, pari al 50%, la gestione dell’imposta sulla birra rimane un ostacolo oneroso e sproporzionato per i piccoli produttori. Unionbirrai, l’associazione di categoria dei microbirrifici indipendenti, è tornata a sollevare il problema nel convegno “Accise e Birra, una sfida per il comparto agroalimentare”, nella rassegna “Bolle di Malto” 2025 di scena a Biella, nei giorni scorsi.
Secondo il dg Unionbirrai Vittorio Ferraris, il nodo centrale è l’inadeguatezza del sistema di accertamento delle accise, pensato per modelli industriali e non per realtà artigianali. “Oggi circa l’80% dei birrifici italiani produce meno di 500 ettolitri all’anno, una soglia che riguarda 700-800 microimprese sparse su tutto il territorio nazionale. Per queste realtà, pur godendo del massimo sconto d’accisa previsto dalle norme comunitarie, pari al 50%, la gestione burocratica dell’imposta risulta ancora estremamente complessa e costosa”, dichiara Ferraris. Unionbirrai propone da anni una soluzione concreta: l’introduzione di un regime forfettario per i birrifici con produzione annua fino a 500 ettolitri.
Secondo Unionbirrai, l’attuale sistema di accertamento, tarato su modelli industriali, genera oneri sproporzionati per le piccole imprese. Da qui la proposta portata avanti da anni “attraverso documenti e proposte formali inoltrate al Ministero dell’Economia e all’Agenzia delle Dogane, senza mai ricevere risposte concrete”. “Se oggi anche altri soggetti della filiera decidono di sostenere questa battaglia, noi siamo pronti a fare fronte comune. L’obiettivo è uno solo: rendere davvero sostenibile la fiscalità per i piccoli birrifici italiani”, conclude Ferraris.
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