“Uno strumento nuovo ed efficace per capire meglio il Soave, ma anche il territorio e il lavoro dei viticoltori, sviluppata su 3 criteri: origine, stile e valore”: ecco cos’è “Soave in 3D”, la scheda tecnica, presentata a Monteforte d’Alpone il 23 maggio, per comprendere meglio la denominazione veronese e il suo legame con il territorio (www.ilsoave.it).
“Non è la solita scheda di valutazione - commenta Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio del Soave - è più uno strumento agile e utile sia al degustatore esperto sia a chi intenda approfondire la propria conoscenza di questa nostra denominazione. Chi degusta i nostri vini è chiamato a rispondere (con un punteggio da 1 a 11) a 3 diversi parametri: l’origine, per capire quanto il vino esprime l’identità del territorio, quanto è riconoscibile il territorio nel bicchiere e quanto quel vitigno è legato al territorio. Lo stile, cioè quanta pulizia c’è nel vino, ovvero l’assenza di elementi che disturbano la corretta valutazione, quanto si sente il lavoro fatto in cantina dal viticoltore e quanta corrispondenza c’è, a livello di realizzazione, tra quello che si è assaggiato e la capacità del produttore di trasferire nel vino il proprio stile. Infine - conclude Lorenzoni - l’ultimo parametro è il valore. Si scende nel soggettivo misurando l’equilibrio, cioè quanta armonia c’è tra la forza dei vitigni e l’identità del territorio, l’eleganza, che misura il risultato complessivo del vino e il piacere, che misura quanta soddisfazione l’esperienza degustativa ha prodotto”.
“Un vino tipico deve essere riconoscibile da subito - dice Attilio Scienza, docente di viticultura all’Università di Milano - il luogo d’origine, che dà la tipicità, ha un valore che deve dare al vino quel qualcosa di diverso che si può trovare solo in quei vini. Questa scheda vuole chiedere a chi assaggia, quanto sente il territorio nel bicchiere appena assaggiato e quanto lavoro dell’uomo c’è dietro ad ogni singola bottiglia. Lavoro che però non snatura l’identità di questi vitigni”. “Oltre all’origine - continua il giornalista Antonio Paolini - questo strumento ci permette di dare un giudizio allo stile, cioè l’essenza che si sceglie di dare al nostro vino, come vogliamo, insomma, essere riconosciuti. Uno stile che, però, non è libero: non può prescindere da certe regole dettate dal disciplinare. Semplificando così le “3D”, possiamo dire che le dimensioni sono: il territorio, l’uomo che interpreta quel luogo e l’etichetta in bottiglia che racconta quel vino”.
““Soave in 3D” - conclude Lorenzoni - è, dunque, un modo per ricordare quanto la zona di Soave è legata al suo territorio; una zona non vastissima ma ricca elementi tanto diversi ma tutti caratterizzanti e identificativi del nostro territorio, che vanta oltre 3.000 aziende e una superficie vitata, soprattutto a Garganega, di oltre 6.500 ettari”.
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